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Concilio e Giubileo

L’ecclesiologia di comunione

Card. Joseph Ratzinger

Si può certamente dire che all’incirca a partire dal Sinodo straordinario del 1985, che doveva tentare una specie di bilancio di vent’anni di post-concilio, un nuovo tentativo si va diffondendo, quello di riassumere l’insieme dell’ecclesiologia conciliare in un concetto base: l’ecclesiologia di comunione. Ho accolto con gioia questo nuovo ricentramento dell’ecclesiologia ed ho anche cercato secondo le mie capacità di prepararlo. Si deve comunque innanzitutto riconoscere che la parola “communio” nel Concilio non ha una posizione centrale. Nondimeno, compresa rettamente, essa può servire come sintesi per gli elementi essenziali dell’ecclesiologia conciliare. Tutti gli elementi essenziali del concetto cristiano di “communio”: “Quello che abbiamo veduto e uscido, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”. Qui emerge in primo piano il punto di partenza della “communio”: l’incontro con il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che nell’annuncio della Chiesa viene agli uomini. Così nasce la comunione degli uomini fra di loro, che a sua volta si fonda sulla comunione con il Dio uno e trino. Alla comunione con Dio si ha accesso tramite quella realizzazione della comunione di Dio con l’uomo, che è Cristo in persona; l’incontro con Cristo crea comunione con lui stesso e quindi con il Padre nello Spirito Santo; e a partire di qui unisce gli uomini fra di loro. Tutto questo ha come fine la gioia piena: la Chiesa porta in se una dinamica escatologica. Nell’espressione gioia piena si avverte il riferimento ai discorsi d’addio di Gesù; quindi al mistero pasquale ed al ritorno del Signore nelle apparizioni pasquali, che tende al suo pieno ritorno nel nuovo mondo: “Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizioni si cambierà in gioia... vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà... Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16, 20.22.24). Se si confronta l’ultima frase citata con Lc 11,13 - l’invito alla preghiera in Luca -, appare chiaramente che “gioia” e “Spirito Santo” si equivalgono e che dietro la parola gioia si nasconde in Gv 1,3 lo Spirito Santo qui non espressamente menzionato. La parola “communio” ha quindi a partire da questo ambito biblico un carattere teologico, cristologico, storico-salvifico ed ecclesiologico. Porta quindi in sé anche la dimensione sacramentale, che in Paolo appare in modo del tutto esplicito: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo”. Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo...” (1 Cor 10, 16s). L’ecclesiologia di comunione è fin dal suo intimo una ecclesiologia eucaristica. Essa si colloca così assai vicino all’ecclesiologia eucaristica, che teologi ortodossi hanno sviluppato in modo convincente  nel nostro secolo. In essa l’ecclesiologia diviene più concreta e rimane nondimeno allo stesso tempo totalmente spirituale, trascendente ed escatologica.

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