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Giubileo degli artisti

Testimonianze

L’artista e l’arte al servizio del culto

P. Marco Ivan Rupnik S. I. - Pittore mosaicista

Nella sua lettera agli artisti il Santo Padre rievoca quei momenti forti e solenni in cui l’arte e la Chiesa - nella sua articolazione più intima e autentica che è la liturgia - convivono in una simbiosi organica. Il culto è intimamente legato alla creazione artistica. Sullo sfondo della lettera del Papa si avverte però il tragico divorzio tra l’arte e la fede, l’arte e la Chiesa e dunque l’arte e la liturgia. Paolo VI è addirittura giunto a chiedere perdono agli artisti per questa separazione. Ma allo stesso tempo bisogna aver il coraggio di ammettere che da un lato la bellezza è stata rapita e rinchiusa nelle sfere di una filosofia idealista, dall’altro lato nei manuali di una semi scolastica è stata fossilizzata nelle categorie del riflesso; per questo l’arte moderna e contemporanea ha spesso rigettato la bellezza come categoria idealista romanticista e siamo testimoni di intere correnti dell’arte moderna che non aspirano affatto alla bellezza, anzi.  Nella sua lettera il Santo Padre afferma che l’arte è la via della conoscenza ed è esattamente questa l’intuizione che certamente occorre percorrere per uscire dall’impasse. Considerare l’arte come via della conoscenza significa giungere al contenuto che è la Verità cogliendolo e comunicandolo come amore dunque come bellezza. Solo sull’arte come gnoseologia l’artista comprende il più affascinante dei misteri della creazione artistica, che l’atto creativo dell’artista è un’ascesi dell’umiltà, è un disporsi per essere in grado di accogliere la rivelazione, e l’arte diventa davvero in primo luogo servizio. L’artista rinuncia ai miraggi di un’arte come semplice espressione di se stessi, perché comprende che più tiene conto dell’altro più lui è autentico. Più tengo conto della Chiesa più sono veramente io. L’amore più è radicale più acquista i tratti e i gesti personali e allo stesso tempo è più universale, si dona a tutti. L’alternativa grande che oggi, soprattutto grazie al dialogo con le Chiese d’Oriente, ci viene proposta è quella di intendere l’arte e la creazione artistica come un servizio alla realtà che appartiene a tutti, cioè a Colui in cui tutti si possono riconoscere. L’arte tornata a essere servizio della Bellezza diventerà un unico canto con la liturgia cui è unita nella medesima chiamata. L’arte di nuovo unita con la liturgia la renderà più saporita, più gustosa per una nuova evangelizzazione dei popoli. La liturgia meno è caricata con la psicologia dei partecipanti, più è bella, più la si desidera ripetere, partecipare. L’arte contemporanea si avvicina a un’altra liturgia che è quella penitenziale. L’arte contemporanea è una confessione dell’uomo. Sulla via dell’arte come espressione dell’artista stesso siamo giunti alla più coraggiosa confessione che nell’arte si sia mai avuta. Le grandi esposizioni contemporanee sono dei grandi confessionali, e ogni confessore sa, e tanto meglio il penitente, che i peccati non sono belli, che l’angoscia è terribile, che la noia è logorante, che la nausea è insopportabile. 

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