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I temi del Giubileo - Dialogo Interreligioso

Nell'Anno del Padre uno sguardo universale sull'umanità
Teresa Osório Gonçalves

Nella Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente il Santo Padre ci propone che, in quest’ultimo anno preparatorio del Giubileo del 2000, guardiamo a Dio Padre, dilatando i nostri orizzonti di credenti secondo la prospettiva stessa di Cristo: la prospettiva del “Padre che è nei cieli”  dal quale è stato mandato ed al quale è ritornato  (TMA 49). E nella preghiera composta per quest’anno ci  invita a pregare il Padre, non solo per tutti i cristiani, ma anche per gli altri credenti:

"Padre, ricco di misericordia,

il Santo Giubileo sia tempo di apertura,

di dialogo e di incontro

con tutti i credenti in Cristo

e con i seguaci delle altre religioni:

nel tuo immenso amore

sii largo di misericordia con tutti.”

Nel 1999 siamo quindi invitati, come scrive ancora il Papa nella Tertio Millennio Adveniente, a dilatare i  nostri orizzonti all’umanità intera, chiamata a vivere come una sola famiglia, nella pace, nella giustizia, nella solidarietà e a rispettare quella luce che, sotto forme e gradazioni diverse, illumina il cuore di tutti gli uomini di buona volontà.

Riscopriamo innanzitutto quello che ci unisce già ai membri di altre Chiese cristiane che condividono con noi la fede in Gesù Cristo e il battesimo.  Ma allarghiamo poi il nostro sguardo ai credenti di altre religioni, “nelle quali s’è espressa sin dall’inizio - come dice la Tertio Millennio Adveniente - la ricerca di Dio da parte dell’uomo” (TMA 6).

In quanto cristiani convinti siamo coscienti che la rivelazione di Dio espressa nella Bibbia è una risposta unica alla ricerca dell’uomo, e che Cristo è  “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6) in cui gli uomini trovano la pienezza della vita e in cui tutte le cose sono riconciliate.

“Qui - scrive il Papa - non è soltanto l’uomo a cercare Dio, ma è Dio che viene in Persona a parlare di Sé all’uomo ed a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo... Cristo è il compimento dell’anelito di tutte le religioni del mondo e, per ciò stesso, ne è l’unico e definitivo approdo” (TMA 6).

Questa coscienza del valore unico della rivelazione cristiana non deve però impedirci di lodare Dio per quante ricchezze ha seminato anche nel cuore di altri suoi figli e nelle loro tradizioni religiose.  La Dichiarazione conciliare Nostra Aetate indica alcune di queste ricchezze, invitando a riconoscere nelle religioni tradizionali, o nelle religioni orientali, la sensibilità ad una forza superiore o la fede in una divinità suprema, l’aspirazione a  capire il mistero divino, la ricerca di una via di liberazione e di illuminazione che dia pieno senso alla vita dell’uomo.

“La Chiesa Cattolica nulla rigetta  di quanto è vero e santo in queste religioni.  Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini.” (NA 2).

Parlando dei valori positivi ci riferiamo, ovviamente, alle religioni autentiche e non a quelle sette o movimenti  che possiamo considerare una proiezione dei desideri più elementari e delle passioni dell’uomo.  Giovanni Paolo II ci ha invitato a fare questa distinzione, in un discorso ai diplomatici fatto nel 1987.  Parlando della pace come di un fatto d’ordine morale ha osservato: “Le religioni degne di questo nome, le religioni aperte di cui parlava Bergson - che non sono delle  semplici proiezioni dei desideri dell’uomo, ma un’apertura e una sottomissione alla volontà trascendente di Dio che s’impone a tutte le coscienze - , permettono di costruire la pace.  E allo stesso modo le filosofie che riconoscono che la pace è un fatto d’ordine morale:  esse mostrano la necessità di superare gli istinti, affermano l’uguaglianza radicale di tutti i membri della famiglia umana, la dignità sacra della vita, della persona, della coscienza, l’unità della famiglia umana che esige una autentica solidarietà.  Senza il rispetto assoluto dell’uomo fondato su una visione spirituale dell’essere umano, non c’è pace.” (Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10.1.1987).

In quest’Anno del Padre dobbiamo quindi approfondire quei pilastri spirituali che possono sostenere l’edificio comune  che ha le porte aperte a tutti,  ad esempio di quella città celeste profeticamente descritta nel libro dell’Apocalisse (cf Ap 21).

Innanzitutto la ricerca sincera del volto di Dio, che può portare ad una percezione sempre più trasparente del suo essere Padre.  Tante preghiere della letteratura religiosa universale esprimono la convinzione che l’Essere supremo possa essere percepito e invocato come un padre.  Il popolo ebraico ha avuto intuizioni profondissime di questa paternità, che ha espresso nelle pagine bibliche che continuano ad alimentare non solo la loro preghiera, ma anche la nostra, come cristiani.

In secondo luogo la convinzione che siamo parte di una stessa famiglia umana, l’idea della fraternità universale.  E’ questa una concezione che il cristianesimo viene diffondendo da 2000 anni e che è diventato patrimonio universale.  Viene accettata anche da  molti non cristiani anche quando non si riferiscono a Dio come Padre di questa famiglia umana.  Questa è una sfida ai cristiani, perché   con le opere  diano testimonianza di  considerare gli altri come fratelli.

Un terzo pilastro  è la cosiddetta “regola d’oro” che nel vangelo di Matteo troviamo formulata con queste parole: “Tutto quanto volete  che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12).  Formulata in modo affermativo  oppure in modo negativo - “Non fate a nessuno ciò che non piace a te” (Tb 4,15) questa massima si trova da tempi ancestrali, sia nei libri sacri di diverse religioni, sia negli scritti dei filosofi.  Il suo approfondimento nel contesto del dialogo interreligioso può contribuire a fondare un’etica universale, di reciprocità e solidarietà.  La “regola d’oro” è estremamente concreta, esige più atti che sentimenti, ma suppone quei sentimenti positivi di compassione, misericordia, tenerezza,  che troviamo nei “giusti” delle diverse religioni e, in una misura insuperabile, in Gesù Cristo.

Un quarto pilastro è quello della conversione del cuore.  Sotto espressioni diverse troviamo in varie tradizioni religiose la proposta di un cammino di purificazione, che richiede la rinuncia, lo svuotamento di sé, ed allarga il cuore dell’uomo ad una prospettiva universale.  Per dare qualche esempio:  nell’induismo e nel buddismo il cammino di purificazione è dettato dalla sete di liberazione;  nell’Islam deriva dal desiderio di ubbidire incondizionatamente a Dio.  L’obiettivo  è per l’induismo l’integrazione spirituale, l’unione con Dio;  nel buddismo, la distruzione delle passioni, dell’odio, dell’ignoranza, per arrivare ad uno stato di santità;  nell’Islam il ritorno a Dio, che richiede il pentimento.  Ci avviciniamo qui al concetto ebraico di “Teshuvah”, di ritorno a Dio, e a quello cristiano di “metanoia”, di conversione del cuore.

La verifica di queste caratteristiche positive delle religioni ci aiutano al discernimento riguardo alle molteplici aggregazioni che aspirano ad essere riconosciute come tali.

Possiamo prevedere le conseguenze del prendere sul serio, nel nostro rapporto con gli altri credenti, questi atteggiamenti fondamentali dell’anima religiosa?  Ritornando a Dio, cercando di condividere la sua prospettiva e  il suo amore di Padre, cadono le barriere tra noi, anche quelle che hanno separato per secoli la comunità ebraica e quella cristiana, oscurando il fatto che gli uni e gli altri costituiscono quel Popolo con cui Dio ha stretto un’alleanza mai revocata.

Si aprono poi le vie per la collaborazione tra tutti gli uomini di buona volontà nel promuovere lo sviluppo della persona umana, la giustizia sociale, la solidarietà tra etnie e popoli, per rendere la vita sulla terra sempre più dignitosa per ogni uomo e per ogni donna.

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