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  Il Papa pellegrino predica la pace in tutto il mondo

Massimo Tarantino

Per l’intera durata della settimana del viaggio del Papa in Terra Santa la stampa internazionale ha dedicato ampio spazio all’avvenimento. Le cronache quotidiane, i commenti dei principali osservatori, sia durante che dopo il viaggio, hanno riempito le prime pagine dei giornali, anche di quelli di area laica. E sono stati quasi tutti commenti, ciò che conta, improntati sull’ammirazione per il Santo Padre e per i risultati che ha conseguito, non solo come “pellegrino” ma anche come protagonista del processo di pace in una parte del mondo martoriata da anni di divisioni. I giornali pubblicati in Terra Santa hanno presto colto l’importanza e la “storicità” del pellegrinaggio papale. L’autorevole “Ha’aretz”, in lingua ebraica, ha dedicato più di un supplemento al viaggio, e molti editoriali e articoli. In particolare, in un editoriale si è parlato di Giovanni Paolo II come di colui che “chiamando gli ebrei fratelli maggiori, ha tracciato una nuova via, guadagnando il rispetto e il sostegno di molti ebrei”. Il quotidiano israeliano ha anche dato grande risalto alla visita del Papa al Mausoleo di Yad-Vasheim, sottolineando il valore simbolico dell’avvenimento dal quale “scaturisce un messaggio di respiro universale” che segna “l’apertura di un nuovo capitolo nei rapporti tra cristiani ed ebrei”. Nell’ultimo giorno del pellegrinaggio “Ha’aretz” ha proposto un editoriale dal titolo significativo di “Shalom” nel quale si affermava che il Papa “è venuto a portare pentimento e riconciliazione” e che Israele “gli ha rivolto un abbraccio di amicizia e di gratitudine per quel che ha dato”. Grande attenzione al viaggio papale anche dalle colonne delle principali testate europee. Ecco i principali commenti a viaggio ultimato: “Frankfurter Allgemeine”: “Quattro sono i messaggi che hanno caratterizzato il pellegrinaggio del Papa: la Chiesa Cattolica intende sottolineare che la Terra Santa è la sorgente della fede del cristianesimo, e che le città sante devono servire al rafforzamento della fede di tutti; il Papa si rivolge agli ebrei come fa con i cristiani per cercare di avvicinare le due religioni e combattere ogni forma di antigiudaismo; ma anche se la Chiesa si sente vicina al popolo israeliano, non dimentica la difficile situazione dei palestinesi, per lo più musulmani, in Terra Santa e come presupposto fondamentale per raggiungere la pace il Papa indica il riavvicinamento delle tre religioni abramitiche”.“Die Welt”: “Si è trattato di un evento altamente significativo per il Grande Giubileo del 2000. I grandi mezzi di comunicazione in Israele alla fine hanno confessato la loro incapacità nel giudicare un pellegrinaggio che ha mostrato aspetti inattesi e insospettabili, tali da aver completamente spiazzato l’opinione pubblica israeliana”. “El mundo”: “Si è trattato di un vero successo soprattutto dal punto di vista diplomatico perché il pellegrinaggio è riuscito a soddisfare cristiani, musulmani ed ebrei. La storica visita del Papa ha avuto il suo momento culminante nel luogo più significativo per gli ebrei, il Muro del Pianto”. “The Daily Telegraph”: “Gli israeliani salutano l’inizio di una nuova era. Il Papa li ha deliziati con il gesto compiuto al Muro del pianto che ha contribuito a focalizzare l’attenzione intorno al pellegrinaggio su questioni spirituali, nonostante tutt’intorno si consumavano dispute politiche a lui assai lontane”. “Time”: “Il Papa ha goduto un momento di trionfo celebrando Messa per ottantamila giovani fedeli sulla montagna dove Gesù ha pronunciato il Discorso sulle Beatitudini. Il direttore dell’Ufficio del Grande Giubileo a Gerusalemme ha dichiarato che, dai tempi di Gesù, nessuno era riuscito a portare in questa regione una folla così unita e pacifica, e che, quando folle simili si sono radunate qui in passato, normalmente era per una guerra”. “Le Figaro”: “La preghiera di Giovanni Paolo II presso il Muro Occidentale del Tempio di Gerusalemme è stata altamente simbolica. C’è stato il riconoscimento del popolo ebraico come popolo eletto e scelto da Dio per attendere e convogliare tutti i popoli alla soglia della Casa”. “Le Monde”: “Giovanni Paolo II ha lasciato dietro di sé gli israeliani commossi, se non addirittura guadagnati alla sua causa. Per loro Il Papa non è più una ‘funzione’ temuta, ma un uomo che parla in prima persona rovesciando l’indifferenza e l’ostilità senza concessioni mostrate dall’opinione pubblica israeliana prima del viaggio”. “Corriere della Sera” (Luigi Accattoli): “Incredibile Wojtyla: negli ultimi quaranta giorni, tremante e curvo, ha scritto la pagina più creativa dell’intero Pontificato, che è culminata nello straordinario viaggio in Terrasanta. Egli non solo riesce a fare e a dire cose tanto impegnative e nuove, verso i due interlocutori più difficili, israeliani e palestinesi, con cui un Papa possa avere a che fare, ma ottiene anche d’essere inteso da ambedue. Qual è il segreto di questo capolavoro? C’è una chiave: è riuscito a porre su un piano di pari dignità e a trattare con uguale rispetto i due interlocutori diseguali e in contrasto tra loro”. “La Repubblica” (David Grossman): “Con la sua presenza al Muro, così come con l’intera visita, Giovanni Paolo II ci ha insegnato che le religioni, queste dogmatiche istituzioni, possono trarre benefici dal dialogo e dalla curiosità nei confronti degli altri, che nel terzo millennio la fede non può più nutrirsi di antagonismo. E quel che vale per la fede, vale anche per popoli e governi. Questa è per me l’essenza del pellegrinaggio del Papa. In sei giorni il Pontefice ha conquistato il cuore di tutti. Con le sue parole e i suoi gesti, Karol Wojtyla ha spinto tutti, ebrei, arabi e cristiani, israeliani e palestinesi, a immaginare come potrebbe essere migliore la nostra vita se la smettessimo di considerare il prossimo un nemico. Per una settimana abbiamo sentito l’alito di uno spirito diverso, uno spirito di riconciliazione e di una vita libera dall’odio. Per questo piccolo, grande miracolo, io, ebreo e laico, gli dico: grazie, Giovanni Paolo II.

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