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Verso le giornate giubilari - Il mondo del Lavoro

Un messaggio di solidarietà umana

Massimo Aquili

Quarantamila persone in Piazza San Pietro, diciotto cori regionali, tremila persone alla veglia del giorno prima nella Basilica di San Giovanni in Laterano. E’ in cifre il Giubileo degli artigiani, il 19 marzo scorso, festa di San Giuseppe lavoratore, il  primo dei tre eventi giubilari dedicati al mondo del lavoro. All’omelia della Celebrazione in Piazza San Pietro il Papa ha affidato tutti gli artigiani con le loro famiglie all’intercessione della Vergine Maria e di San Giuseppe. “Essi - ha detto il Papa - vi sostengano nei vostri propositi giubilari di rinnovata fedeltà cristiana, e facciano sì che, mediante le vostre mani, si prolunghi in qualche modo l’opera creatrice e provvidente di Dio”. Con la Santa Famiglia accanto e San Giuseppe a modello di “una fede senza riserve” – ha affermato il Papa - le mani e il cuore degli artigiani possono diventare capaci sempre più di gesti di solidarietà, pace e perdono. Pensando in primo luogo ai più svantaggiati e ai Paesi poveri, a chi il lavoro non ce l’ha. Così i tanti doni all’offertorio, frutto del lavoro artigiano, alcuni veri e propri oggetti d’arte sacra, erano simboli dell’impegno delle diverse associazioni di artigiani e restauratori ad istituire scuole o centri di formazione professionale o a finanziare borse di studio per giovani del Terzo mondo. Abbiamo chiesto a Mons. Mario Operti, direttore dell’Ufficio della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali e il lavoro e membro del Comitato per la preparazione delle giornate giubilari del mondo del lavoro di illustrarci i temi del Giubileo degli artigiani più ricchi e stimolanti dal punto di vista pastorale e teologico, e di anticipare i contenuti dei prossimi appuntamenti giubilari dedicati al mondo del lavoro.

Proviamo a tracciare un bilancio di questa prima giornata?

Dal punto di vista organizzativo è stata la dimostrazione che il lavoro di squadra dà un notevole valore aggiunto. Insieme alla Chiesa, tutte le organizzazioni del mondo artigiano per la prima volta hanno lavorato in modo solidale in vista di questa giornata. In Piazza San Pietro non c’erano bandiere, non c’erano segni di appartenenza alle singole associazioni. E’ stata vinta anche la tentazione di far vedere la propria forza numerica. E veramente positiva è stata anche la partecipazione, il coinvolgimento emotivo e spirituale, dei pellegrini. Emblematica la presenza di tutti quei cori, espressione artistica della cultura più popolare, artigiana perché legata alle culture locali. Penso all’Ave Maria in sardo, cantata prima dell’Angelus da un gruppo folk.

Quali sono stati i momenti e i significati della Celebrazione?

L’incontro con l’Eucaristia come segno di comunione del mondo artigiano, che guarda anche al Papa come un punto di riferimento dei propri valori: il lavoro, la fatica, l’espressione artistica, la solidarietà, la fraternità, il buon vicinato… Come sintesi tra la dimensione lavorativa, la fatica, la quotidianità e la dimensione più profonda del  senso dell’esistenza, del nostro rapportarci con Dio. L’elemento più toccante è stata la manifestazione di questo bisogno di sintesi dell’uomo. Poi il riferimento a San Giuseppe presentato come l’uomo saggio, di fede, che ha saputo unire insieme azione e contemplazione. L’opera artigianale in passato ha offerto sintesi mirabili tra creatività e lavoro, oggi questo aspetto è in crisi e il mondo dell’artigiano lo avverte quasi nostalgicamente. Il Mistero dell’incarnazione di Cristo è esso stesso un mistero di sintesi.

I prossimi appuntamenti giubilari dedicati al mondo sono il primo maggio e il 12 novembre per gli agricoltori. C’è  il minimo comune denominatore?

Il grande messaggio sociale del Giubileo. Che è quello di cogliere il lavoro dentro una visione dell’uomo che è illuminata profondamente da Gesù di Nazareth. Di nuovo è un discorso di sintesi: che non è spiritualistico, ma profondamente concreto, poiché ha una ricaduta immediata su come si concepisce il rapporto tra lavoro e resto della vita, lavoro e famiglia, lavoro e figli, lavoro e realizzazione di se stessi e quindi il rapporto con Dio e gli altri.  Si tratta, in primo luogo, della solidarietà intesa come capacità di cogliere la profonda valenza antropologico spirituale dell’esperienza del  lavoro. Solidarietà intesa come ricchezza di rapporti, intersecarsi di relazioni.

Una solidarietà  fatta anche di gesti concreti, soprattutto per i  paesi poveri…

Per il primo maggio uno dei grossi segni sarà quello della riduzione del debito internazionale, dal punto i vista della presa di coscienza del problema, della pressione sociale e politica, ma anche del gesto concreto di solidarietà. Per la Giornata degli agricoltori il tema è strettamente connesso con il riposo della terra. Si tratta di capire come esprimere concretamente la Signoria del Padre sulla terra.

Al termine del documento preparatorio per la giornata del primo maggio vi sono alcune domande a far da spunto alla riflessione. Giro a lei l’ultima: Quale attenzione pastorale stiamo realizzando per i vari ambienti di lavoro, affinché assieme ad un’opera di evangelizzazione cresca anche una nuova mentalità di partecipazione e di solidarietà?

Rispondo con un esempio, una grande iniziativa nel Meridione: il progetto Policoro, in Basilicata. Stiamo cercando di dare una risposta di Chiesa alla disoccupazione giovanile,. Tre filoni di intervento. Il primo è l’evangelizzazione, che ha qualcosa da dire anche a chi è in difficoltà perché chi incontra Cristo alza la testa, non si rassegna, premessa a qualunque opera di promozione. Ci sono in questi giorni corsi di formazione per operatori pastorali attenti a questo soggetti. Secondo filone: le chiese locali. Con le associazioni cristiane cerchiamo di aiutare i giovani a maturate una mentalità autoimprenditoriale. Terzo filone: gesti concreti. Le Chiese locali accompagnano i giovani a fare impresa, chiese che mettono in rete tutte le forze esistenti, non che fanno imprese. Sono già 70 i progetti avviati.
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