Quando nei volti si scorge l'onnipotenza del giusto
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QUANDO NEI VOLTI SI SCORGE L'ONNIPOTENZA DEL GIUSTO

Mario Luzi

Il lutto cristiano non è cupo né disperato, ma non attenua il dolore e non stempera l'amaro delle lacrime. Vediamo spesso anche nei luoghi di devozione visi afflitti e macerati dalla sofferenza di una perdita o dal patimento di una privazione acquistare dalla compostezza della fede un di più di intensità e di pena. Non è giusto, non è equo per meglio dire, ma è così: la fede è messa alla prova, chiamata in causa e al paragone proprio dai passi angosciosi della nostra esperienza. Difficilmente e di rado gli eventi lieti, la serenità di giorni tranquilli ci richiamano alla pietà e alla meditazione primaria. Eppure dovrebbero, il cristianesimo conosce anche la gioia e l'estasi. Solo i santi sono in grado di testimoniarle? Non proprio, ma solo le sparute milizie angeliche che si adoprano sulla terra, tra gli uomini, sotto specie varia, casuale e, perché no, disciplinare ne sono lo specchio. Per la maggior parte degli uomini di fede, del Cristo conta su ogni altro l'aspetto sacrificale: la passione, il supplizio, la croce, la morte. Certo, anche la resurrezione - altrimenti che fede sarebbe? Paolo non la riterrebbe sufficiente e nemmeno opportuna - ma lo scoppio di vita che erompe gioiosamente dal sepolcro ha meno durevole rispondenza nel popolo cristiano, dobbiamo riconoscerlo. La morte più che la vittoria sulla morte segna il più alto punto di condivisione. La resurrezione è rappresentata trionfalmente soprattutto dalla potenza di alcuni artisti del Rinascimento, Piero della Francesca, Paolo Uccello per esempio, e questo non è senza significato. Tuttavia nel patrimonio di venerazione interiore del cristiano d'occidente ha uno spicco abbagliante, sì, eppure più concettuale che partecipato.

"Voi chi dite che io sia?" - potrebbe anche per noi risuonare da una di quelle immagini radiose, uscire dalle labbra di una figura confusa dalla sua stessa potenza. Non sarebbe inconveniente ascoltare quelle parole al colmo della gloria. Difficilmente però l'esaltazione e il trionfo lasciano spazio a quelle esitazioni intime o a quel tipo di sollecitudine esterna nel caso che la frase vada intesa come legittima, non certo gratuita, curiosità (Gesù intende forse verificare l'effetto della sua predicazione).

Anche nell'episodio che voglio raccontarvi la parusia e insieme il fulmineo ravvisamento del Maestro avvennero traverso la durata di un attimo e in una condizione di dolore che si sarebbe detto insostenibile, di quelle che sviliscono persino l'inconscia dignità creaturale che ciascuno si porta dentro. L'amico, uomo pensoso e modesto, sotto l'immane peso della sciagura che si era abbattuta su di lui era anche fisicamente sfigurato. Avevo di fronte una persona arresa, annullata, a cui non era più lecito chiedere un contegno, una sia pur malferma agonia. Soggiaceva, il poveretto, a un evento fuori di ogni misura e appariva rotto, deietto.

Il figlio, l'unico, di diciotto anni sul quale aveva insieme con la moglie concentrato ogni ragione di vita, di lavoro, di speranza, il giorno precedente si era schiantato con la sua moto contro il muro di un sottopassaggio urbano. Ne avvengono ogni giorno di queste tragedie. La sciagura aveva colpito, non credo si chiedesse perché, questa volta lui, proprio lui che parve impari alla prova, inadeguato.

Eppure la mitezza che era sempre stata sua persisteva, era l'unico segno di continuità in quella catastrofe umana. E a poco a poco proprio su di essa si fermò la mia ammirazione, la vidi fiorire in una scienza antica della inconoscibilità delle sorti e insieme in una pazienza trascendente. In quel volto umile e annerito c'era e cominciò a sprigionarsi una forza soprannaturale. L'identificazione con Cristo fu improvvisa ma non sorprendente. Cristo aveva fatto suo quell'aspetto. "Non sono lontano, sono qui, sono tra voi, in voi, simile a voi".

Pensai a quante volte nei ricordi e nei sogni erano riemersi dalla dimenticanza volti di compagni che il presente e la rissa insolente della vita ordinaria avevano quasi escluso e relegato nella loro insignificanza; e ritornavano invece umili ma forti come segni ammonitori della onnipresenza del giusto.

(CENNI BIOGRAFICI - Mario Luzi, nato a Firenze nel 1914, è uno dei maggiori poeti italiani del Novecento. Dagli anni Trenta ad oggi, ha pubblicato liriche, racconti e drammaturgie di grande rilievo. Di particolare importanza le riflessioni sulla poesia in forma saggistica.)

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