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La liturgia fondamento del cammino interiore verso il Grande Giubileo del 2000

Mario Lessi-Ariosto

La Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium sancita e promulgata il mercoledì 4 dicembre 1963, a conclusione della seconda Sessione del Concilio Vaticano II, venne illustrata dal Sommo Pontefice Paolo VI, con le seguenti parole pronunciate nell'aula conciliare: "Non è stata senza frutto l'ardua e intricata discussione, se uno dei temi, il primo esaminato ed il primo, in un certo senso, nell'eccellenza intrinseca e nell'importanza per la vita della Chiesa, quello su la sacra Liturgia, è stato felicemente concluso ed è oggi da Noi solennemente proclamato". La priorità della Costituzione liturgica, quanto all'eccellenza intrinseca del tema e all'importanza di esso nella vita della Chiesa, proveniva, come continua a dire Paolo VI, dal fatto che in tal modo il Concilio, riunito nello Spirito Santo, aveva rispettato la "scala dei valori e dei doveri: Dio al primo posto; la preghiera prima nostra obbligazione; la liturgia prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano, con noi credente ed orante, e primo invito al mondo, perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l'ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo".

Ho sottolineato volutamente, nelle due contingue citazioni del discorso papale, l'uso dell'aggettivo "primo", che non si limita ad un mero fatto cronologico, ma si estende a tutta la vita della Chiesa: dal rapporto con Dio all'evangelizzazione del mondo, per mostrare in che rapporto viene a trovarsi la Costituzione liturgica a quanto Giovanni Paolo II dice nella sua Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente: "In questa prospettiva si può affermare che il Concilio Vaticano II costituisce un evento provvidenziale, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo Millennio. Si tratta infatti di un Concilio simile ai precedenti, eppure tanto diverso; un Concilio concentrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa ed insieme aperto al mondo" (TMA, n. 18). Chi non riconoscerebbe, in questo modo di esprimersi, una implicita citazione della Sacrosanctum Concilium dove dice: "La Liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino Sacrificio dell'Eucaristia, "si attua l'opera della nostra Redenzione", contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa"? (n.2). E che il pensiero del Santo Padre Giovanni Paolo II vada in questa linea lo si può rileggere ancora, per ciò che riguarda il rapporto tra la Liturgia e la Chiesa, in quanto ebbe a scrivere nell'Epistola Dominicae Cenae: "Esiste, infatti, un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della Liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa. La Chiesa non solo agisce, ma si esprime anche nella Liturgia e dalla Liturgia attinge le forze per la vita" (n. 13).

Nella Lettera Apostolica Vicesimus quintus annus, nel XXV anniversario della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, Giovanni Paolo II la descrive come "il primo frutto del Concilio, voluto da Giovanni XXIII, per l'aggiornamento della Chiesa" e ricorda il richiamo fatto alla Costituzione "per la vita del popolo di Dio: in essa "è già rinvenibile la sostanza di quella dottrina ecclesiologica, che sarà successivamente proposta dall'assemblea conciliare. La Costituzione Sacrosanctum Concilium, che fu il primo documento conciliare in ordine di tempo, anticipa" la Costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Chiesa e si arricchisce, a sua volta, dell'insegnamento di questa Costituzione" (n. 2). E tra i Principi direttivi della Costituzione sulla Liturgia il Santo Padre sottolinea come nella Liturgia si trovino: l'attualizzazione del Mistero pasquale di Cristo (cf. nn. 6 e 7) e la manifestazione della Chiesa a se stessa in quanto è una, santa, cattolica e apostolica in modo che può concludere: "Così è soprattutto nella Liturgia che il Mistero della Chiesa è annunciato, gustato e vissuto" (n. 9).

La Sacrosanctum Concilium, dopo la sua promulgazione, divenne come un fermento già all'interno del Concilio stesso, che nonostante sia stato effettivamente "un'ora di Dio, un "transitus Domini" nella vita della Chiesa e nella storia del mondo" (Paolo VI all'Episcopato italiano, 14 aprile 1964), era sempre un'assise di uomini. E il futuro Cardinal Garrone nel 1967, parlando della Costituzione liturgica, fece notare: "questo testo fu come il cuneo che, penetrando fra le resistenze e le oscurità, aprì la strada al Concilio ... ". Sulla medesima linea si deve leggere quanto il p. Joseph Jungman scrisse, in quegli anni, della Costituzione: "un grande dono di Dio posto nelle mani degli uomini". Anche se, per esprimersi con le parole del Cardinal Lercaro dettate come apertura per uno dei primi Commenti: "La Costituzione nella sua chiarezza meravigliosa è profonda: la dizione, pur nella ricchezza di risonanze bibliche e patristiche e nella studiata proprietà del linguaggio, è asciutta e sintetica; pregnante, si direbbe; e domanda studi e meditazione" non bastarono gli studi scientifici e tante iniziative pastorali dei primi anni per far scorgere i tesori che la Costituzione conteneva e, che al lettore sprovvisto sfuggivano allora e possono sfuggire ancora, e - per continuare con il Card. Lercaro - "gli pongono magari insussistenti problemi o anche resta sconcertato".

Pertanto è da ritenere che non senza la guida dello Spirito Santo i Padri conciliari inclusero nella Costituzione stessa l'affermazione: "Ma poiché non si può sperare la realizzazione di tutto ciò, se gli stessi pastori d'anime non siano penetrati, loro per primi, dello spirito e della forza della Liturgia, e ne diventino maestri, è perciò assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero" (Sacrosanctum Concilium, n. 14). E Giovanni Paolo II nella Dominicae Cenae scriveva: "E' necessario, dunque, e conviene urgentemente intraprendere di nuovo un'educazione intensiva per far scoprire le ricchezze che contiene la Liturgia" (n. 9), ed ancora nella Vicesimus quintus annus, prima di richiamare la sottolineatura della Costituzione liturgica circa la formazione, nonostante che non si fosse più "nella medesima situazione del 1963" (n. 14), ripete: "Il compito più urgente è quello della formazione biblica e liturgica del popolo di Dio, dei pastori e dei fedeli" (n. 15).

Si deve riconoscere che la Sacrosanctum Concilium trovò entusiastica accettazione di non pochi, opposizione di alcuni, ma soprattutto in troppi tanta superficialità nell'applicazione. Sono pertanto più che giustificate le affermazioni di Giovanni Paolo II nella Vicesimus quintus annus circa le difficoltà iniziali, insieme ai risultati positivi, e soprattutto certi errori fatti in relazione alla concreta applicazione della riforma voluta dal Concilio (cf. nn. 11-13). Anche Paolo VI nel momento stesso della promulgazione della Costituzione liturgica aveva messo in guardia: "Se qualche semplificazione noi ora portiamo alle espressioni del nostro culto e se cerchiamo di renderlo più comprensibile dal popolo fedele e più consono al suo presente linguaggio, non vogliamo certamente diminuire l'importanza della preghiera, nè posporla ad altre cure del ministero sacro o dell'attività pastorale, nè impoverirla della sua forza espressiva e del suo fascino artistico; bensì vogliamo renderla più pura, più genuina, più vicina alle sue fonti di verità e di grazia, più idonea a farsi spirituale patrimonio del popolo. Perché ciò sia, desideriamo che nessuno attenti alla regola della preghiera ufficiale della Chiesa con riforme private o riti singolari, nessuno si arroghi di anticipare l'applicazione arbitraria della Costituzione liturgica, che Noi oggi promulghiamo, prima che opportune ed autorevoli istruzioni siano a tale proposito emanate, e che le riforme, alla cui preparazione dovranno attendere appositi organi postconciliari, siano debitamente approvate. Nobiltà della preghiera ecclesiastica è la sua corale armonia nel mondo: nessuno voglia turbarla, nessuno offenderla".

Giovanni Paolo II ha, come noto, a più riprese sviluppato su diversi punti l'insegnamento del Concilio circa la Liturgia e lodato la riforma liturgica "fatta sotto la guida del principio conciliare: fedeltà alla tradizione e apertura al legittimo progresso" (Vicesimus quintus annus, n. 4) poiché in questa azione la Chiesa, "ponendosi in docile ascolto della Parola di Dio ... ha provveduto alla riforma della liturgia, "fonte e culmine" della sua vita" (TMA, n. 19), ha conseguentemente proposto tra i punti per l'esame di coscienza circa la "ricezione del Concilio" - "grande dono dello Spirito alla Chiesa sul finire del secondo millennio" - anche la domanda: "E' vissuta la liturgia come "fonte e culmine" della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium?" (TMA, n. 36).

Ora se "la miglior preparazione alla scadenza bimillenaria, non potrà - ci dice il Papa - che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa" (TMA, n. 20) è dovere di ognuno, fedeli e pastori, il ricercare, riscoprire, e rivivere ancora oggi la profondità insita nell'espressione che il Papa ripete due volte nella Tertio Millennio adveniente e cioè che la Liturgia è "fonte e culmine" della vita della Chiesa.

L'espressione "culmen et fons" viene, come noto, dall'art. 10 della Sacrosanctum Concilium, e la ritroviamo anche nel Codex Iuris Canonici (can. 897). Tale espressione va letta nel suo contesto. La Costituzione, dopo aver dedicato tutto l'art. 9 a dire che la Liturgia "non esuarisce tutta l'azione della Chiesa" mostra negli articoli seguenti quanto si presuppone affinché la Liturgia porti tutti i suoi salvifici effetti nella Chiesa. E dire che la Liturgia non assorbe tutta la vita della Chiesa, non ha impedito affatto ai Padri conciliari di affermare, che tra Liturgia e vita della Chiesa esiste un rapporto in cui la prima è, per un aspetto, l'apice cui tutto tende e, sotto un altro, la fonte da cui tutto deriva. L'affermazione ha il suo sostegno dottrinale nella fede della Chiesa circa la centralità del mistero eucaristico, sacrificio e sacramento, nella Liturgia stessa, in cui "si attua l'opera della nostra Redenzione" (cf. Sacrosanctum Concilium, art. 2). Il Catechismo del Concilio di Trento esprimeva questa idea, nello spiegare la natura e l'efficacia dei sacramenti, dicendo che si doveva paragonare l'"eucaristia alla sorgente e gli altri sacramenti ai ruscelli. Infatti bisogna dire che essa è veramente la fonte di tutte le grazie, poiché contiene in modo mirabile l'autore di tutti i sacramenti" (Catechismus ex decreto Concilii Tridentini, n. 228).

E il Catechismo della Chiesa Cattolica riprende dal Concilio Vaticano II il medesimo insegnamento: "L'Eucaristia è "fonte e apice di tutta la vita cristiana" (Sacrosanctum Concilium, art. 47). "Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua" (Lumen Gentium, art. 11)" (n. 1324) ed ancora dice: "Come l'insieme della vita cristiana, la vita morale trova la propria fonte e il proprio culmine nel sacrificio eucaristico" (n. 2031).

Se qualcuno inizialmente ha avuto l'impressione, ed è stato anche affermato, che l'espressione del Concilio circa la Liturgia come "fonte e culmine" della vita della Chiesa fosse solo il risultato di un'autoincensazione di quelli che, essi chiamavano "liturgisti", strappata ai Padri conciliari, ciò convince ancora della necessità in cui la maggior parte, di pastori e fedeli, si trovava di dover cambiare modi di vedere e pensare per entrare nella verità sottstante e nella visione teologica della Liturgia riaffermata dal Concilio, e sulla quale ancora il Santo Padre richiama l'attenzione per favorire la preparazione ecclesiale ed interiore al Grande Giubileo. La Costituzione liturgica si fonda infatti su una visione teologica tradizionale e la riafferma nel medesimo articolo 10 quando conclude: "Dalla Liturgia, dunque, e particolarmente dall'Eucaristia, deriva in noi come da sorgente, la grazia, e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa". Ora chi non vede che preparazione e celebrazione del Giubileo abbia come fine la santificazione degli uomini e la glorificazione di Dio?

Solo chi vede nella Liturgia l'apice e la sorgente della vita della Chiesa, in una visione teologica esatta e tiene presente la dottrina fondamentale della funzione capitale e sempre attuale, nell'ordine storico della salvezza, del mistero e dell'umanità di Cristo e più particolarmente anche del suo stesso sacratissimo e ormai glorioso corpo e del suo preziosissimo sangue, presenti in Cielo e tra noi nell'Eucaristia, che ci fa Chiesa in quanto sacramento e mistero, può percepire con quanta profondità, e con quanto spirito liturgico, nel più genuino senso, il Santo Padre abbia voluto legare la preparazione del Grande Giubileo alla riscoperta dei sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della Penitenza e la celebrazione a quello dell'Eucaristia, dove "il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all'umanità come sorgente di vita divina" (TMA, n. 50). E' pertanto possibile dire che è stata la Sacrosanctum Concilium ad aprire la via ad una visione più approfondita del Giubileo stesso.

Per concludere è forse utile qui richiamare sinteticamente ancora una volta alcuni punti di riferimento per ripresentare la struttura del documento.

In primo luogo la nuova visione della Liturgia, cui abbiamo accennato, e che fu una sorpresa per non pochi. Non si era abituati a pensare e a studiare la Liturgia, quale presenza sacramentale dell'opera della Redenzione nella Chiesa, come manifestazione del mistero di Cristo ed espressione della genuina natura della Chiesa, in modo che i tre misteri: quello di Cristo, quello della Chiesa e quello della Liturgia, domandassero di essere considerati unitamente per poter essere creduti, celebrati e vissuti.

In secondo luogo la natura dialogica della Liturgia, che faceva superare quella concezione incompleta della stessa che accentuava in essa, in senso limitante, la dimensione della salvezza che proviene da Dio, a discapito della Liturgia in quanto luogo di incontro - dialogo - mirabile commercium fra Dio e l'uomo. Per questo all'opera di Dio, deve rispondere la actuosa participatio dell'uomo, nella fede, nella speranza e nella carità. Per questo in tutta la Liturgia è stata resa più operante la dialettica insita in tutti gli eventi salvifici: "Parola-azione di Dio e risposta dell'uomo".

Infine, come ha ben scritto l'allora Mons. Noè, in occasione del XXV anniversario della Costituzione liturgica che essa ha voluto orientare tutta la riforma liturgica "all'insegna di una duplice fedeltà: la prima fedeltà è quella dovuta alla Liturgia stessa, che, quale dono di Dio alla Chiesa, deve essere trasmesso intatto, senza incrinature; l'altra fedeltà è dovuta all'uomo di oggi, che domanda che il dono possa essere adattato ai suoi bisogni attuali. Principio in se stesso chiarissimo, ma che presenta la difficoltà di distinguere fra elementi essenziali e costanti, e altri elementi che per sé e per le loro origini presentano carattere di transitorietà".

Quando il Papa ci domanda oggi se viviamo la Liturgia come "fonte e culmine" della vita ecclesiale vuole che accogliamo tutto l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium e che entriamo nell'anima della riforma voluta dal Concilio, il cui scopo fondamentale era: "Far crescere, ogni giorno più, la vita cristiana fra i fedeli; meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; favorire tutto ciò che può contribuire all'unione di tutti i credenti in Cristo; rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa" (art. 1). In questo senso molto opportunamente Giovanni Paolo II nella Vicesimus quintus annus parlando dell' "avvenire della Liturgia in modo che la riforma liturgica sia sempre più compresa ed attuata" (n. 14) ha indicato, oltre alla formazione, che: "un altro compito importante per l'avvenire è quello dell'adattamento della Liturgia alle differenti culture" (n. 16). Non avrebbe potuto fare altrimenti chi prese "il formale impegno di dare al Concilio Ecumenico Vaticano II la dovuta esecuzione" (n. 2; cf. Primo messaggio al mondo, 17 ottobre 1978) e la Costituzione liturgica doveva in tal senso essere ancora più concretamente applicata. Così si va attuando ciò che scrisse il Card. Lercaro agli inizi della riforma: "man mano che la sollecitudine dei Pastori illustrerà la dottrina della Costituzione alle anime e saranno poste in atto le riforme prospettate, la fecondità del provvidenziale documento si rivelerà sempre maggiore e sempre più vasta e profonda... Chi può dire che frutti darà, ad esempio, il principio affermato della "aptatio ad indolem populorum"? quali risonanze avrà nella cristianizzazione interiore di tradizioni, di culture, di dottrine, rimaste fino ad oggi estranee alla Chiesa, a rendere quindi la Chiesa stessa quasi straniera pur là dove si diffondeva? Una cattolicità non soltanto geografica ma profonda e dinamica così da assumere e rendere cristiane tutte le realtà buone, poichè "tutto è nostro, ma noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio", è l'approdo evidente di quella norma apparentemente fredda".

Ma non si deve dimenticare mai che nessun documento conciliare e quindi anche la Costituzione liturgica, potrebbe trovare vera applicazione solo nell'ambito delle realtà mutabili e nelle forme esteriori. L'azione dello Spirito e l'impegno della Chiesa non va alle forme, ma tende al cuore dell'uomo, e solo nel momento in cui riforma l'uomo, convincendolo a rispondere alla propria dignità, vocazione e missione per la gloria di Dio, lo Spirito e la Sposa attuano il Mistero di Cristo.

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