La parola nutre la fede, costruisce la storia
Jubilee 2000 Search
back
riga


Dei verbum

LA PAROLA NUTRE LA FEDE, COSTRUISCE LA STORIA

Rino Fisichella

La Costituzione sulla divina Rivelazione, Dei Verbum, rappresenta uno dei documenti più qualificanti il Concilio Vaticano II e, senza dubbio, può essere considerato anche uno tra i meglio riusciti. Non è un caso che questo testo sia stato presentato subito agli inizi del Concilio e abbia visto la luce solo alla fine. Dei Verbum percorre l'intera stagione conciliare. La sua redazione è stata lunga e, a volte, sofferta; non poteva esser altrimenti. La verità di sempre doveva esser mediata in un linguaggio più accessibile e corrispondente alla modificata situazione della Chiesa nel mondo. La lettura della Sacra Scrittura, che per decenni era stata possesso solo di alcuni privilegiati, veniva di nuovo rimessa nelle mani del popolo di Dio perché ne nutrisse la fede e la testimonianza. Studiando la redazione di quel testo è possibile verificare da vicino lo sviluppo progressivo che si è posto in atto e la ricchezza dei suoi contenuti permette di mantenere inalterata la sua attualità per la vita dell'intera comunità cristiana.

Un rapido sguardo al Proemio, permette di comprendere subito l'intero contenuto di Dei Verbum: «In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il sacrosanto sinodo aderisce alle parole di San Giovanni, il quale dice: "vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi; quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col figlio suo gesù Cristo" (1Gv 1,2-3). Perciò, seguendo le orme dei concili Tridentino e Vaticano I, esso intende proporre la genuina dottrina sulla divina rivelazione e sulla sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami».

La prima nota che colpisce di questo testo è proprio l'inizio: Dei Verbum. I padri conciliari hanno posto in prima istanza la Parola di Dio. Dei Verbum precede il "religiose audiens" e non poteva esser altrimenti. Il primato viene dato alla Parola di Dio che costituisce il contenuto e l'oggetto della Rivelazione. Ciò che viene Rivelato è il mistero nascosto per secoli e ora manifestato pienamente all'umanità: Gesù Cristo. Nella Dei Verbum, rivelazione, Parola di Dio, Gesù Cristo diventano quasi sinonimi e tendono a porre in primo piano il centro della fede.

Il Proemio, aggiunge subito una seconda connotazione: la Parola di Dio viene trasmessa. Diventiamo tutti "ambasciatori di Cristo" (2 Cor 5,20) e siamo inviati fino agli "estremi confini della terra " e fino alla "fine del mondo": nessun confine spaziale né temporale potrà fermare l'ansia dei credenti per annunciare la bella notizia del vangelo. Solo quando si affievolisce questo entusiasmo, purtroppo, è dato verificare il sorgere dei diversi "distinguo" circa il coerente impegno nella missione, sempre e in ogni situazione, senza conoscer il riposo del Sabato! La responsabilità per la trasmissione intatta di tutto il deposito della fede impegna i battezzati alla fedeltà di quanto è stato rivelato, perché sia trasmesso immutato a quanti seguiranno.

L'ultima nota che emerge dal Proemio è l'accenno al fine ultimo della rivelazione. La comunione di vita con il Signore. Solo chi ha familiarità con la Parola di Dio, infatti, può diventare suo annunciatore e solo chi la vive in un impegno concreto di crescita può comprendere quanto scrive Paolo agli Efesini: «voi non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19). Questa comunione non può essere pensata solo sul versante della relazione con Dio; essa infatti, impegna in prima persona la Chiesa a vivere nell'unità e coinvolge ogni credente a vivere la comunione come legge perenne della vita comunitaria (Cf Fil 2,5). In questo contesto si capisce quanto afferma Lumen Gentium : «è piaciuto a Dio di santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame fra di loro, ma ha voluto costituirli in un popolo che lo riconoscesse nella verità e lo servisse nella santità» (LG 9).

Uno dei dati fondamentali che risultano dall'insegnamento di Dei Verbum e che costituisce una sua originalità propria, soprattutto se confrontata con il concilio di Trento e il Vaticano I, è l'aver superato la divisione circa le "fonti" della rivelazione. La teologia precedente si attardava volentieri nella divisione tra Scrittura e Tradizione e poneva un'insanabile frattura nell'orizzonte dell'evento relativo. Dei Verbum compie un passo in avanti e, recuperando la tradizione patristica e medievale, insegna l'unicità della fonte della rivelazione, la quale viene trasmessa mediante la Scrittura e la Tradizione: «La sacra Tradizione e la sacra Scrittura sono dunque strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra Scrittura è Parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo; invece la sacra tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo signore e dallo Spirito Santo agli apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano. In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono esser accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (DV 9).

Il Santo Padre, nella Tertio Millennio Adveniente, chiede esplicitamente di compiere un esame di coscienza circa la recezione del concilio e, pone la domanda diretta anche per il nostro testo: «In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana come chiedeva la Dei Verbum?» (TMA, n.36). Questo interrogativo obbliga a vedere, innanzi tutto, in che modo la comunità credente mantiene "viva" la Parola di Dio e in che misura ha compreso l'inscindibile unità che lega questa Parola alla sacra Scrittura e alla Tradizione.

Certo, in modo particolare i teologi e i biblisti dovrebbero verificare più da vicino quanto la loro ricerca e interpretazione sia guidata da questa inscindibile unità che consente alla rivelazione di aprirsi in tutta la sua ricchezza ed esprimere la pienezza della sua intelligenza. Insieme a loro, comunque, l'intero popolo di Dio è chiamato a farsi carico della responsabilità perché la verità di questa Parola sia offerta e proposta a tutti nella sua pienezza.

E' interessante vedere come per l'intero periodo patristico, fino a raggiungere il medioevo, si possedeva la consapevolezza di un'osmosi perenne tra la Scrittura e la Tradizione; la Chiesa conteneva, consegnava e trasmetteva la Scrittura e questa, a sua volta, raccoglieva la comunità intorno alla mensa della Parola. Tra l'altro, è dato verificare che solo la rivelazione, in questo periodo, è chiamata "fonte" a cui anche la Scrittura attinge; se questa però, viene staccata dalla vita della Chiesa e dal "noi ecclesiale" che la mantiene in vita, allora viene strappata dal suo contesto naturale e perde efficacia.

Il contesto ecclesiale permette alla scrittura di esser compresa come Libro del popolo di Dio e obbliga ad accogliere il suo contenuto come norma e regola per la vita della Chiesa. Ciò comporta la deprivatizzazione della Scrittura da ogni interpretazione soggettiva o esperienziale, o limitata a una sola analisi che non fosse capace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli ha guidato la vita dell'intero popolo di Dio. In questo orizzonte nasce la responsabilità del ministero proprio del Magistero, chiamato a essere interprete autentico della stessa Parola e al suo perenne servizio nell'attualizzazione fedele del suo contenuto alle diverse esigenze della vita ecclesiale (DV 10).

Questo porta a puntare lo sguardo sulla realtà essenziale che costituisce la Parola di Dio: Gesù Cristo. Senza il riferimento al numero 4 di questa costituzione è impossibile entrare nella ricchezza del suo insegnamento e percepire il cambiamento epocale che si è imposto: «Dio, che aveva già parlato a più riprese e in diversi modi per mezzo dei profeti, "ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1,1-2). Mandò infatti il Figlio suo, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cf Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come "uomo agli uomini", "preferisce le parole di Dio" (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cf Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cf Gv 14,9), col fatto stesso della presenza e della manifestazione di sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli e specialmente con la sua morte e la gloriosa risurrezione dai morti e, infine, con l'invio dello Spirito di verità, porta a perfetto compimento la rivelazione e la conferma con la testimonianza divina, cioè manifestando che Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e per risuscitarci alla vita eterna» (DV 4).

In poche righe, il concilio fornisce la chiave di svolta per entrare nel mistero della rivelazione: l'orizzonte storico-salvifico. A prima vista, la cosa potrebbe apparire come un ovvio riferimento; essa al contrario, ha creato il nuovo modello di cristologia e ha permesso il rifiorire di una abbondante letteratura teologica più coerente con le esigenze e gli interrogativi del nostro contemporaneo. Questo testo riprende uno dei dati fondamentali dell'insegnamento biblico: Dio parla e agisce nella storia; la sua rivelazione non è fatta di sole parole, ma di "gesti e parole intimamente connessi" così che nel rimando tra l'uno e l'altro possa emergere la verità piena indirizzata all'uomo e il senso ultimo offerto per una sua esistenza significativa. Il recupero, anche a livello linguistico, del termine "economia" esprime bene l'obiettivo verso cui i padri conciliari si orientavano nella presentazione del mistero dell'incarnazione. La storia, quindi, diventa una categoria portante per l'interpretazione di Cristo. Essa, comunque, non è presentata in maniera neutrale, ma in riferimento alla salvezza come destino ultimo a cui l'uomo è chiamato.

Dei Verbum, come si vede da questi brevi accenni può diventare il più coerente spazio per compiere un esame di coscienza che raggiunga la comunità credente in ciò che ha di più prezioso. Intorno a questa Parola la Chiesa si raccoglie; questa Parola venera e annuncia come fonte di salvezza. Qui non si trovano solo motivi per esaminare quanto sia coerente la nostra testimonianza; viene anche indicato con chiarezza il cammino ulteriore che si deve compiere perché la Parola di Dio sia per tutti sorgente di vita nuova.

top