Nel nuovo millennio sulla strada tracciata dal Concilio
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NEL NUOVO MILLENNIO SULLA STRADA TRACCIATA DAL CONCILIO

Gian Franco Svidercoschi

«...il Concilio Vaticano II costituisce un evento provvidenziale, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo millennio».

Bisogna rileggere il terzo capitolo della lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, per comprendere come non sia semplicemente formale e neppure soltanto simbolico il legame - uno strettissimo legame - che Giovanni Paolo II stabilisce tra il Vaticano II e il Grande Giubileo. Questo Papa ha vissuto in prima persona l'intera esperienza conciliare. E l'ha vissuta come una grande irripetibile "scuola" di approfondimento dottrinale, di maturazione ecclesiale e di rinnovamento pastorale. Lui stesso si definisce "figlio" del Concilio. E fin dall'inizio, appena salito al soglio di Pietro, ha assunto l'insegnamento del Vaticano II come punto di riferimento essenziale del suo magistero, del suo ministero apostolico.

Per Giovanni Paolo II, il Concilio, preparando la Chiesa al passaggio dal secondo al terzo millennio, ha come tracciato un itinerario che sembra avere tutte le caratteristiche di un cambiamento profondo, anzi, di una vera e propria svolta nella storia del cristianesimo. Un "nuovo avvento", come il papa ha intuito, scrivendolo già nella sua prima enciclica, la Redemptor Hominis.

E' cominciata infatti da lì, dal Concilio, la grande opera di aggiornamento. E' uscita da lì una "nuova" immagine di Chiesa, concentratasi sul mistero di Cristo, e con una più chiara coscienza della propria natura e missione. Una Chiesa "comunione", "Popolo di Dio", segnata dalla fondamentale uguaglianza di tutti i battezzati. Una Chiesa rinnovata nella preghiera, nei metodi e nelle strutture pastorali, nelle relazioni con le altre Chiese cristiane e le altre religioni.

E, questo soprattutto, una Chiesa che si è aperta al dialogo con il mondo: non più visto aprioristicamente come un nemico, ma riconoscendo la legittima autonomia delle realtà terresti, riscoprendo la naturale solidarietà che la lega al genere umano. E questa apertura, ha ricordato il Papa nella Tertio Millennio Adveniente, è stata «la risposta evangelica all'evoluzione recente del mondo con le sconvolgenti esperienze del XX secolo, travagliato da una prima e da una seconda guerra mondiale, dall'esperienza dei campi di concentramento e da orrendi eccidi. Quanto è successo mostra più che mai che il mondo ha bisogno di purificazione; ha bisogno di conversione».

E la Chiesa, per prima, ne ha dato l'esempio. Attraverso il Concilio ha preso nuovamente consapevolezza di quell'elemento fondamentale della propria natura - "santa insieme e sempre bisognosa di purificazione", "Ecclesia semper reformanda, Ecclesia semper purificanda" - che dal tempo della Controriforma, dal Concilio Tridentino, le circostanze storiche avevano finito troppe volte per sacrificare a un atteggiamento apologetico.

E' stato così l'inizio di una profonda trasformazione di vita e, insieme, di una revisione autocritica delle vicende del passato. Viene cancellata, dopo duemila anni, l'accusa di deicidio degli ebrei, e deplorate tutte le manifestazioni di antisemitismo. C'è la richiesta di perdono ai fratelli cristiani, e la soppressione reciproca delle scomuniche del 1054 con il Patriarcato ortodosso di Costantinopoli. E poi, il riconoscimento del diritto alla libertà in materia religiosa, affinché "nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza": con un radicale mutamento, perciò, rispetto a un modo di pensare ispirato al contrasto, alla condanna, all'intolleranza.

E, questo cammino, è proseguito anche dopo il Vaticano II: Ciò che il cattolicesimo ha oggi di vivo e di vitale - sul piano della spiritualità, della testimonianza e dell'impegno sociale - è frutto in gran parte del Concilio. Così come i cambiamenti introdotti nella celebrazione della liturgia eucaristica, e che hanno raggiunto la grande maggioranza dei fedeli. E la riscoperta della Bibbia. I progressi ecumenici. La riconciliazione con l'ebraismo. E, specialmente con Giovanni Paolo II, l'azione in difesa dei diritti umani, per la promozione della giustizia, della pace, sganciando in tal modo la Chiesa da ogni collusione con il potere temporale. E poi, continuando nella rilettura autocritica, i tanti "nodi" del passato che il Papa ha definitivamente tagliato su vari fronti storici.

Ma quell'opera non s'è del tutto realizzata. Resistenze, lentezze e carenze hanno impedito che l'insegnamento del Vaticano II incidesse in profondità nella vita di larga parte del popolo cristiano. Molti cattolici, oltretutto, hanno dimenticato il Concilio, o non lo conoscono affatto - come le nuove generazioni di giovani - nei suoi documenti, nel suo spirito autentico, nelle stesse novità che ha portato. Così, con il tempo, il Concilio è diventato abitudine, routine, se non addirittura considerato, in una certa misura, ormai superato.

Per non parlare poi delle Chiese dell'ex-Urss e dei Paesi dell'emisfero Sud dove, o per la mancanza di libertà, o per la prioritaria importanza dei problemi di prima evangelizzazione, il Concilio è stato vissuto da lontano e, quindi, senza i necessari approfondimenti.

Ed ecco che il Giubileo del Duemila, dopo essere stato "preparato" dal Vaticano II, arriva provvidenzialmente a rappresentare l'occasione, una straordinaria occasione, per ricapitolare quanto di quella "rivoluzione" - perché, sotto certi aspetti, di vera e propria "rivoluzione" s'è trattato - quanto è stato fatto e quanto invece resta ancora da fare. C'è insomma come una continua interazione tra i due eventi. Il Grande Giubileo punta a una "renovatio" della Chiesa. E il Concilio, del Grande Giubileo, diventa ora come la "porta d'ingresso", che introdurrà a una più profonda comprensione del mistero di Cristo.

Anche qui, a far meglio comprendere il significato di questa nuova fase, c'è la riflessione del Papa nella Tertio Millennio Adveniente.

«La miglior preparazione alla scadenza bimillenaria, pertanto, non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno di noi e di tutta la Chiesa...».

Il rinnovamento che la Chiesa vuole realizzare passa quindi attraverso il recupero del senso autentico del Vaticano II, e la sua progressiva introduzione nella pastorale ordinaria, ossia nella quotidianità delle comunità cristiane. Per far questo, però, non basta la conoscenza dei documenti conciliari; ma è necessario, da parte di tutti i credenti, un atteggiamento di conversione permanente, di pentimento, di purificazione. In altre parole, è necessaria una continua verifica della conformità della propria vita - la vita tanto dei singoli quanto della Chiesa - allo spirito evangelico.

E appunto qui nascono non poche perplessità nel constatare come si sia registrata, almeno finora, una scarsa attenzione al riconoscimento degli errori, dei "peccati", che il Papa ha auspicato, non solo per il passato, ma anche per l'oggi. O, più precisamente, c'è un grande interesse per i "mea culpa" che la Chiesa sta facendo - o comunque sta facendo questo Papa a nome della Chiesa - per le non poche forme di antitestimonianza e di scandalo di cui si sono resi responsabili i cattolici nell'arco della storia. E invece si dice poco o niente dell' "esame di coscienza" che viene chiesto - in riferimento ai "mali del nostro tempo" - anche a proposito della ricezione del Vaticano II.

Nella Tertio Millennio Adveniente c'è un passo che rivela chiaramente l'importanza decisiva che Giovanni Paolo II annette a questo impegno.

«In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum? E' vissuta la liturgia come "fonte e culmine" della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium? Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari l'ecclesiologia di comunione della Lumen Gentium, dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l'autentico spirito del Vaticano II? Una domanda vitale deve riguardare anche lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. Le direttive conciliari - offerte nella Gaudium et Spes e in altri documenti - di un dialogo aperto, rispettoso e cordiale, accompagnato tuttavia da un attento discernimento e dalla coraggiosa testimonianza della verità, restano valide e ci chiamano a un impegno ulteriore».

Si tratta della quattro costituzioni conciliari, cioè dei documenti che rappresentano l'ossatura fondamentale dell'insegnamento del Vaticano II. E se c'è un esplicito richiamo a far sì che questo insegnamento venga più diffusamente e profondamente recepito dalla comunità cattolica, e sintonizzato con la nuova evangelizzazione; c'è anche, in controluce, il grande disegno del rinnovamento che dovrà mettere la comunità cattolica in grado di affrontare le sfide del futuro. Un rinnovamento imperniato soprattutto sulla realizzazione storica di quel mistero - mistero di fede, di salvezza - che è stata la prima fondamentale acquisizione del concilio circa la nuova immagine della Chiesa.

Nessuno potrà negare che oggi la Chiesa sia più evangelica, più spirituale, più biblica, più consapevole della propria identità, più aperta ad ogni cultura, ad ogni esperienza, e che viva realmente, visibilmente, la propria dimensione universale. Adesso, però, è venuto il momento di completare questa nuova immagine di Chiesa, affinché possa essere espressione trasparente della comunione, e della responsabilità, di tutti i suoi figli. Una Chiesa così - seguendo il cammino di purificazione del Grande Giubileo - promuoverà un radicale cambiamento spirituale e morale. E saprà aiutare l'uomo moderno a trovare la vera libertà in se stesso, nella propria coscienza, e non tagliando i ponti con il suo Creatore. E accompagnerà quest'uomo a varcare la soglia della speranza verso il prossimo millennio.

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