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Dio Padre nella Chiesa delle origini

Gesù svela agli uomini il Padre, il Dio d’amore e di misericordia. Nel confronto  con l’Antico Testamento, la riflessione della Chiesa delle origini ha colto con immediatezza  questa  novità dell’Annuncio.  Ne danno testimonianza  gli scritti dei Padri della Chiesa, di cui pubblichiamo alcuni brani qui di seguito come mezzo di coinvolgimento e crescita nel dono della fede in questo anno di vigilia giubilare dedicato alla prima persona della Trinità

L’invocazione al P adre

«Padre Nostro: questo nome suscita in noi, contemporaneamente, l’amore, il fervore nella preghiera e anche la speranza di ottenere ciò che stiamo per chiedere. Che cosa infatti può Dio negare alla preghiera dei suoi figli, dal momento che ha loro concesso, prima di tutto, di essere suoi figli». Agostino d’Ippona

Il lato vulnerabile

“Dio ha un solo debole, una sola passione: amare i suoi figli”. Origene

Amore in tutto  

«Dio è amore e lo è in tutto. Questa verità creduta interamente riesce a trasformare la nostra vita». Agostino d’Ippona

Il nome rivelato

“L’espressione “Dio Padre” non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio”. Tertulliano

Il privilegio dei figli

«Certo nella realtà della sua grandezza e della sua gloria ineffabile nessuno potrà vedere Dio e vivere (cf es 33, 20). Il Padre, infatti, è inaccessibile. Ma nel suo amore, nella sua bontà e nella sua potenza è giunto fino a concedere a coloro che lo amano il privilegio di poterlo vedere. Ed è proprio questo che annunziavano i profeti,  poiché  Â“ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Lc 18,27). L’uomo infatti con le sue sole forze non può vedere Dio. Ma se Dio lo vuole, nell’abisso della sua volontà, si lascia vedere da chi vuole, quando vuole e come vuole». Ireneo di Lione

Finalmente l’adozione

«Nell’Antico Testamento in nessuna preghiera Dio è invocato come Padre secondo l’espressione piena di confidenza che il Signore ci ha tramandato (...) La pienezza dei tempi è giunta con l’Incarnazione di nostro Signor Gesù Cristo, quando gli uomini di buon volere ricevono finalmente l’adozione, così come insegna San Paolo: “Voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nel timore, ma lo spirito di adozione ci fa gridare: Abbà, Padre” (Rm 8,15)». Origene

E’ tempo di misericordia

«Guarda le cose in Dio, per potere anche tu, nei limiti che egli vorrà donarti, imitare il padre celeste. Non è una pretesa superba dire che dobbiamo imitare il nostro Padre. Nostro Signore, Figlio unico di Dio, ci ha rivolto questo invito quando diceva: Siate come il vostro Padre celeste” E quando spronava ad amare i nemici e a pregare per i persecutori, soggiungeva: “Affinché siate figli del vostro Padre celeste, il quale fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia ai giusti e agli ingiusti”(Mt 5, 48.44-45). Ecco la misericordia. Quando vedi i buoni e i cattivi mirare lo stesso sole, godersi la stessa luce, bere alle stesse fonti, ristorarsi per la stessa pioggia, raccogliere in abbondanza gli stessi frutti della terra, respirare la stessa aria e possedere senza distinzione i beni di questo mondo, non accusare Dio d’ingiustizia perché con egual misura egli distribuisce di questi beni ai giusti e ai peccatori. E’ tempo di misericordia non ancora tempo di giudizio. Se infatti Dio non fosse intervenuto una prima volta a perdonare usando misericordia, non avrebbe chi poter coronare nel giudizio. E’ quindi tempo di misericordia finchè la longanimità di Dio continua a sospingere i peccatori al ravvedimento».  Agostino d’Ippona

Un solo Dio, Padre di tutti

Non ci invita a dire: Padre mio che sei nei cieli; ma  “Padre nostro”, facendo così suppliche per il corpo comune della Chiesa e non considerando soltanto il proprio vantaggio particolare ma l’interesse di tutti, dovunque. In questa maniera toglie di mezzo anche l’inimicizia, reprime l’orgoglio, elimina l’invidia, introduce nelle anime la carità, madre di tutti i beni; distrugge, inoltre, tutte le disuguaglianze umane, di stato e di condizione, e dimostra l’eguale dignità del re e del povero, dal momento che noi ci ritroviamo tutti uniti nelle cose più importanti e necessarie, in quelle cioè che concernono la nostra comune salvezza. Quale danno, quindi può derivare a noi dalla nostra nascita terrena, se siamo tutti congiunti dalla comune origine divina, senza che nessuno abbia il minimo vantaggio sull’altro, né il ricco sul povero, né il padrone sul servo, né il principe sul suddito, né il comandante sul soldato, né il filosofo sul barbaro, né il sapiente sull’ignorante? A tutti, infatti, è stata elargita un’identica nobiltà, quando Dio si è degnato di farsi chiamare da tutti, ugualmente “Padre”.  Giovanni Crisostomo

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