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Le reliquie – La venerazione della Santa Croce

Dai segni della passione un invito alla conversione del cuore
+ Gianni Danzi

La centralità del Mistero pasquale nella vita della Chiesa e le realtà (luoghi e strumenti) dove e attraverso le quali la morte e resurrezione di Cristo sono avvenute non potevano non muovere l’interesse e il bisogno di fondare, anche attraverso dei segni, le verità alle quali l’annuncio cristiano aveva educato le comunità.

Il bisogno di ritrovare e di venerare i luoghi e i segni della Passione, il bisogno di fondare su una testimonianza certa il contenuto dell’annuncio apostolico, determinano, ben presto, l’insorgere del pellegrinaggio nella Chiesa.

La ricerca dei luoghi e dei segni, nei quali e attraverso i quali i misteri della salvezza sono entrati nella storia e sono divenuti storia dell’umanità, è parte del desiderio che il mistero della incarnazione e della redenzione, testimoniato dalla comunità cristiana, sia visibile e toccabile.

Uscire dalla propria “casa”, anche affrontando il rischio della vita per recarsi a Roma, a Gerusalemme o a Santiago, rappresenta la metafora stessa della esistenza umana.

Questa incontra nel pellegrinaggio, che esige sacrificio e conversione, che indica un “da dove” e “verso dove”, un invito alla libertà perché si converta e ritorni al Padre.

Gerusalemme e Roma sono poi intimamente connesse con il mistero del martirio di Pietro e Paolo sui quali ha fondamento la singolare Chiesa che vive nella Città Eterna.

La Croce di Cristo, secondo una veneranda tradizione portata a Roma, conferma la validità di questo nesso.

La possibilità di venerare i segni del legno sul quale si consumò l’offerta di Cristo al Padre: “fatto obbediente sino alla morte e alla morte di croce”, dice al pellegrino che il compimento della sua libertà sta solo nella imitazione di questa offerta.

Quale significato pastorale assume il nesso tra reliquia, sacramentale e pellegrinaggio nel contesto del Giubileo?

Bisogna per questo sottolineare due dati: il Grande Giubileo è tale perché vuole  segnare come la figura di Cristo si sia legata per comunicare la misericordia del Padre all’uomo, situato qui ed ora nello spazio e nel tempo.

Il fatto che si voglia sottolineare questo preciso momento del tempo, la svolta verso il nuovo millennio, e nella Città Eterna, questa situazione spaziale resa particolarmente significativa dal martirio di due Apostoli e dalla lunga storia di santità che si è sviluppata all’ombra di Pietro e del suo singolare ministero, rappresenta il primo elemento che merita di essere considerato.

Venire a Roma è quindi affidare il mistero della propria libertà, sempre esposta al rischio dell’autoannullamento, nell’abbraccio misericordioso di Colui che ha dato suo Figlio per noi e per la nostra salvezza.

Come non vedere in questo contesto la decisività della croce, il palo ignominioso sul quale il Figlio di Dio si è lasciato inchiodare, per permettere alla libertà dell’uomo di ogni tempo di compiere atti veramente liberi? A questo primo elemento se ne aggiunge un altro che, pur necessario in tutte le purificazioni che ormai la nuova dottrina delle indulgenze e la riflessione teologica vi hanno apportato, mantiene nella logica sacramentale che abbiamo evocato la sua forza: cioè il tema della indulgenza, che consente ad ogni fedele che si muove verso Roma in questa grande occasione, o che adempia alle condizioni per acquisire il Giubileo così come sono state predisposte sia dalla Tertio Millennio Adveniente che dalla Bolla di Indizione del Giubileo stesso, di fare quell’esperienza oggettiva e concreta di appartenenza al popolo cristiano di Dio, nella quale soltanto la salvezza libera e personale trova efficacemente la possibilità di compiersi.

Infatti la dimensione comunitaria della salvezza cristiana è messa in particolare luce dall’indulgenza che si può acquisire in modo del tutto singolare vivendo e celebrando il Giubileo.

Questa esperienza infatti fa perno sul misterioso scambio, incominciato proprio dall’offerta che Dio fa di sé nel Crocifisso all’uomo, che apre all’uomo nella sua umiltà l’accesso a Dio; essa, dicevamo, inaugura questo reciproco scambio: i grandi meriti di Cristo e, in Cristo, i meriti della Madonna Santissima e di tutti i Santi diventano così una occasione e una possibilità di scambio tra i cristiani, che vi possono pertanto accedere e possono in questo senso ottenere una liberazione da quella pena non eterna che è connessa al nostro peccato. In questo senso, se il pellegrino vive nella fede e nella disposizione umile del cuore, secondo tutte le indicazioni suggerite da Santa Romana Chiesa, il gesto che gli consente di lucrare l’indulgenza, egli non può non fare nello stesso tempo l’esperienza di quanto sia bisognoso della conversione del cuore e di quanto sia misericordioso il Padre, che, attraverso la nuova parentela cristiana, attraverso la comunione dei credenti, consente alla sua libertà di reggersi e di correggersi.

Quale strada più efficace per percepire questi santi misteri, che porsi in adorazione di fronte al Crocifisso risorto? Quale possibilità per l’uomo, che è sempre corpore et anima unus e, quindi, ha bisogno di concretezza e ha bisogno del segno più grande, che venerare le reliquie della Santa Croce di Cristo?

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