Catechesi 13 maggio 1998 Lo Spirito Santo nell'Antico Testamento
Jubilee 2000 Search
back
riga


Catechesi del 13 maggio 1998 Lo Spirito Santo nell'Antico Testamento

Nella preparazione al Grande Giubileo dell'anno 2000, questo anno in corso è particolarmente dedicato allo Spirito Santo. Procedendo nel cammino avviato per tutta la Chiesa, dopo aver concluso la tematica cristologica, incominciamo oggi una riflessione sistematica su Colui "che è Signore e dà la vita". Della terza persona della Santissima Trinità ho ampiamente parlato in molteplici occasioni. Ricordo in particolare l'Enciclica "Dominum et vivificantem" e la catechesi sul Credo. La prospettiva dell'imminente Giubileo mi offre l'occasione per tornare nuovamente alla contemplazione dello Spirito Santo, per scrutare con animo adorante l'azione che egli svolge nel fluire del tempo e della storia.

Contemplazione, in realtà, non facile, se lo stesso Spirito non venisse in aiuto alla nostra debolezza (cfr Rm 8,26). Come discernere infatti la presenza dello Spirito di Dio nella storia? Possiamo dare una risposta a questa domanda solo ricorrendo alle Sante Scritture, che essendo ispirate dal Paraclito, ci rivelano progressivamente la sua azione e la sua identità. Esse ci manifestano, in certo modo, il "linguaggio" dello Spirito, il suo "stile", la sua "logica". E' possibile leggere anche la realtà in cui egli opera con occhi che penetrano al di là di una semplice osservazione esteriore, cogliendo dietro le cose e gli eventi i tratti della sua presenza. La Scrittura stessa, fin dall'Antico Testamento, ci aiuta a comprendere che nulla, di quanto è buono, vero e santo nel mondo, può spiegarsi indipendentemente dallo Spirito di Dio.

Un primo velato accenno allo Spirito si incontra fin dalle primissime righe della Bibbia, nell'inno a Dio creatore con cui si apre il libro della Genesi: "Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen 1,2). Per dire "spirito" si usa qui la parola ebraica ruach, che significa "soffio" e può designare sia il vento che il respiro. Come è noto, questo testo appartiene alla cosiddetta "fonte sacerdotale" che risale al periodo dell'esilio babilonese (VI sec. a.C.), quando la fede d'Israele era pervenuta esplicitamente alla concezione monoteistica di Dio. Prendendo coscienza, grazie alla luce della rivelazione, del potere creatore dell'unico Dio, Israele è giunto ad intuire che Dio ha creato l'universo con la forza della sua Parola. Unito a questa, emerge il ruolo dello Spirito, la cui percezione è favorita dalla stessa analogia del linguaggio che, per associazione, congiunge la parola al soffio delle labbra: "Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio (ruach) della sua bocca ogni loro schiera" (Sal 33,6). Questo soffio vitale e vivificante di Dio non è limitato all'istante iniziale della creazione, ma sostiene in permanenza e vivifica tutto il creato rinnovandolo continuamente: "Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 104,30).

La novità più caratteristica della rivelazione biblica è l'aver ravvisato nella storia il campo privilegiato dell'azione dello Spirito di Dio. In circa 100 passi dell'Antico Testamento la ruach JHWH indica l'azione dello Spirito del Signore che guida il suo popolo, soprattutto nelle grandi svolte del suo cammino. Così nel periodo dei giudici Dio faceva scendere il suo Spirito su uomini deboli e li trasformava in guide carismatiche, investite di energia divina: è la vicenda di Gedeone, di Jefte e in particolare di Sansone (cfr Gdc 6,34; 11,29; 13,25; 14,6.19).

Con l'avvento della monarchia davidica questa forza divina che fino allora si era manifestata in modo imprevedibile e intermittente, raggiunge una certa stabilità. Lo si constata bene nella consacrazione regale di Davide, a proposito del quale la Scrittura dice: "Lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi" (1 Sam 16,13).

Durante e dopo l'esilio babilonese tutta la storia d'Israele viene riletta come un lungo dialogo scambiato da Dio con il popolo eletto "mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato" (Zc 7,12). Il profeta Ezechiele esplicita il legame tra lo spirito e la profezia, quando ad esempio dice: "Lo spirito del Signore venne su di me e mi disse: 'Parla, dice il Signore...'" (Ez 11,5).

Ma la prospettiva profetica addita soprattutto nel futuro il tempo privilegiato in cui si compiranno le promesse nel segno della ruach divina. Isaia annuncia la nascita di un discendente sul quale "si poserà lo spirito ... di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Is 11,2-3). "Questo testo - come ho scritto nell'enciclica Dominum et vivificantem - è importante per l'intera pneumatologia dell'Antico Testamento, perché costituisce quasi un ponte tra l'antico concetto biblico dello spirito, inteso prima di tutto come 'soffio carismatico', e lo 'Spirito' come persona e come dono, dono per la persona. Il Messia della stirpe di Davide ('dal tronco di Iesse') è proprio quella persona, sulla quale 'si poserà' lo Spirito del Signore" (Dom. et viv., 15).

Già nell'Antico Testamento emergono due tratti della misteriosa identità dello Spirito Santo, poi ampiamente confermati dalla rivelazione del Nuovo Testamento.

Il primo tratto è l'assoluta trascendenza dello Spirito, che perciò è chiamato "santo" (Is 63,10.11; Sal 51,13). Lo Spirito di Dio è "divino" a tutti gli effetti. Non è una realtà che l'uomo possa conquistare con le sue forze, ma un dono che viene dall'alto: si può solo invocare e accogliere. Infinitamente "altro" rispetto all'uomo, lo Spirito viene comunicato con totale gratuità a quanti sono chiamati a collaborare con lui nella storia della salvezza. E quando questa energia divina incontra un'accoglienza umile e disponibile, l'uomo viene strappato dal suo egoismo e liberato dalle sue paure, e nel mondo fioriscono l'amore e la verità, la libertà e la pace.

Un altro tratto dello Spirito di Dio è la potenza dinamica che egli rivela nei suoi interventi nella storia. Talvolta si rischia di proiettare sull'immagine biblica dello Spirito concezioni legate ad altre culture come, ad esempio, la concezione dello "spirito" come di qualcosa di evanescente, di statico e inerte. La concezione biblica della ruach sta invece ad indicare un'energia supremamente attiva, potente, irresistibile: lo Spirito del Signore -leggiamo in Isaia - "è come torrente che straripa" (Is 30,28). Perciò quando il Padre interviene con il suo Spirito, il caos si trasforma in cosmo, nel mondo si accende la vita, e la storia si rimette in cammino.

top