La fedeltà a Cristo richiamo all'unità - Marco Gnavi -
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La fedeltà a Cristo richiamo all’unità - Marco Gnavi

Le ricerche contemporanee sul martirio vanno moltiplicandosi, come pure l'attenzione delle Chiese al tema della testimonianza resa sino all’effusione del sangue, lungo il corso del Novecento. Il 7 maggio del Duemila, nel pieno del Giubileo, un momento speciale sarà costituito dalla celebrazione dei "Nuovi Martiri", con uno spiccato accento ecumenico. Questa celebrazione segnerà con tutta probabilità un momento alto, nel quale ricomporre, anche solo simbolicamente, un affresco vivo della sofferenza, ma pure della fedeltà a Cristo lungo i tornanti della storia; fedeltà che nelle sue espressioni cattolica, ortodossa, anglicana, protestante, costituisce il più efficace richiamo all’unità, così come Giovanni Paolo II ha inteso affermare nella Tertio Míllennio adveniente. "L'ecumenismo dei santi, dei martiri, è forse il più convincente. La communio sanctorum parla con voce più alta dei fattori di divisione". Il monito Paolino "ne evacuetur crux", risuonato durante la preghiera del Venerdì Santo del 1994, per bocca del Papa, potrà nuovamente evocare al Colosseo ciò che la croce testimonia: la vittoria sulla morte, in forza della resurrezione e dell'amore del Padre.

Se la forma, i modi, la partecipazione si definiranno nel corso dell'ultimo anno di preparazione al Giubileo, tuttavia sin da ora si può affermare che esso rappresenterà un'opportunità unica per le Chiese e le confessioni cristiane, di convergere insieme, facendo memoria dei loro figli, morti e vissuti per il Vangelo nei plessi più difficili della storia di questo secolo. E tale ricchezza potrà essere espressa dossologicamente, per rendere grazie per ciò che lo Spirito è stato capace di suscitare nella sua Chiesa, rimandando allo stesso tempo alla responsabilità di inverare quest’eredità nel presente.

La recente beatificazione di Suor Restituta Kafka propone all’attenzione dei cattolici la vita e la morte di una donna che per amore del crocefisso non si è sottratta al calvario. Arrestata dalla Gestapo a Modling in Austria, il Mercoledì delle Ceneri del 1942, fu imprigionata sino alla esecuzione, un anno dopo, della condanna a morte eseguita per decapitazione. Il regime nazionalsocialista, come nel caso di Tito Brandsma e numerosi altri, ha incarnato l'espressione totalitaria di un sistema anticristiano nelle sue espressioni e nella sua natura: volto ad annichilire l'anima dell'uomo, a sfigurarlo nella perversione delle teorie razziali, non ha tuttavia ucciso in Suor Restituta l'amore per il Cristo e per l'uomo.

Molti casi potrebbero essere citati: recentemente Mons. Moll, incaricato dalla Conferenza Episcopale Tedesca per l'aggiornamento del martirologio in senso lato, ha voluto in un recente articolo indicare la vicenda emblematica di quattro cristiani di Lubecca, giustiziati il 10 novembre 1943, dopo essere stati arrestati nella primavera precedente dalla Gestapo. Il primo a cadere nelle mani degli aguzzini nazisti fu il pastore evangelico Karl Friederich Stellbrink, sembra a causa di alcune sue prediche. Scoperti successivamente i suoi contatti con preti cattolici, si giunse quindi il 28 maggio 1942 all'arresto del cappellano Johannes Prassek, attivo presso la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù. Il 15 giugno 1942, fu la volta del responsabile dei gruppi giovanili della medesima parrocchia, il vicario Hermann Lange. Una settimana più tardi fu catturato l'aggiunto Eduard Muller. Le sedute del tribunale popolare, che si protrassero dal 23 al 25 giugno ‘43, misero in evidenza l'indecente leggerezza dei giudici, rendendo chiaro a tutti come la condanna a morte fosse già decisa in partenza. Tutti furono giustiziati mediante la ghigliottina. Tutti si avviarono verso il patibolo recitando insieme la losung "Eterna fedeltà a Cristo Nostro Re" (Libro di preghiera dei protestanti luterani). In questo contesto, l’autore cita anche il movimento della Rosa Bianca, che nel 1942/43 auspicava la rinascita di una nuova Germania, a partire da un nuovo spirito cristiano. Hans e Sophie Scholl, pietisti, furono spinti ad intraprendere questa attività da motivi profondamente religiosi, come pure il cattolico Kurt Huber, insegnante all'università di Monaco, Willi Graf, studente di medicina, e lo studente sposato Christian Probst, proveniente da Murnau città dell’Alta Baviera. Quest’ultimo si fece battezzare nella cella della morte da un prete cattolico. Con loro vi era anche Alexander Schmorell, russo ortodosso. Nel 1943, vennero tutti decapitati nella prigione di Stadelheim, a Monaco.

Queste suggestioni si accompagnano, in altri contesti, all'emersione di una "geografia della sofferenza", che evidenzia il tributo di sangue dei cristiani appartenenti a Chiese e confessioni differenti, corroborando le parole di Giovanni Paolo II: "Noi siamo uniti sullo sfondo dei martiri; non possiamo non essere uniti", fra Roma, Costantinopoli, Mosca, le Isole Solovki, i tanti campi di sterminio... L'epilogo tragico del monastero russo ortodosso Spaso-Preobazhenskij, (della Trasfigurazione del Salvatore) può emblematicamente significare il percorso agonico e kenotico di migliaia di cristiani. Fondato nella prima metà del XV secolo dal monaco Sabbazio, sull'isola Solovki nel Mar Baltico, fu requisito dai sovietici nel 1923 e trasformato da Felix Dzerzinskij, fondatore della famigerata Ceka, in luogo di detenzione. Le sue cappelle, le celle monastiche vennero rese prigioni inaccoglienti, e furono spettatrici di degradanti crimini contro l'umanità. Restituire alla memoria ciò che all'interno di questo lager è avvenuto non è facile. Se ne è occupata l'associazione Memorial, che ha indagato a lungo negli archivi dell'Nkvd, della Ceka e della Gpu. A fatica furono reperiti gli elenchi delle vittime, e particolarmente le liste concernenti la deportazione di 1111 prigionieri del campo di concentramento, inghiottiti dalla morte per fucilazione nel corso di tre giorni, probabilmente nei mesi di ottobre-novembre 1937. Il nome e la provenienza delle vittime erano coperte, negli elenchi dell'Nkvd, da sigle formate da lettere e numeri. Solo accanto ad alcune di queste è registrato il luogo d'origine della vittima, il luogo di arresto e la posizione sociale. Le annotazioni a margine rivelano per molte fra le vittime le ragioni profonde della loro persecuzione: decine fra di essi erano sacerdoti cattolici, quattro erano vescovi ortodossi russi, ed una persona indicata come "capo della chiesa battista russa". Se per gli agenti della repressione sovietica, la "cifra" apposta sull'identità personale di ciascun testimone della fede era volta a cancellare l'identità, essa invece rivela ai cristiani un'altra appartenenza, e decrittandone il significato vi si può scorgere il tesoro della fede, della resistenza pacifica, della assimilazione alle sofferenze del Cristo.

In questo senso, totalitarismo nazista e totalitarismo sovietico non sono riusciti a "spegnere" quest'anima che ha bagnato i terreni impervi della persecuzione con il sangue dei figli della Chiesa universale, differenti nella loro appartenenza confessionale, ma uniti nella sequela senza riserve al Cristo, oltre le tensioni che i contesti storici sottolineano o provocano. La memoria comune assume anche il valore di un debito che le generazioni di credenti di questa fine secolo debbono e possono unicamente riconoscere a quanti hanno loro trasmesso la ricchezza della fede, attraverso la prova ultima della persecuzione e della morte. Tale memoria sarebbe anche "dimostrazione dell'onnipotente presenza del Redentore, mediante frutti di fede, di speranza e di carità, in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle forme distinte della vocazione crìstiana". Forse lo spazio della memoria ecumenica dei martiri è più vasto dei criteri e delle sensibilità proprie di ciascuna Chiesa.

Tanti sono i segnali incoraggianti. La Chiesa anglicana d'Inghilterra, rispondendo all'invito di Papa Giovanni Paolo II, a seguito della promulgazione della Lettera Enciclica Ut unum sint, non ha mancato di sottolineare il valore della testimonianza dei martiri del XX secolo, in una prospettiva ecumenica, mentre nella cattedrale di Canterbury verrà allestita una cappella con le statue di 12 fra di essi, appartenenti a Chiese e confessioni differenti. In Romania, un volume è stato edito dalla diocesi ortodossa dí Cluj, contenente brevi notizie biografiche circa 1700 vittime cristiane del regime di Ceaucescu: vi compaiono ortodossi, ma anche cattolici latini, greco cattolici, protestanti. Fra i riformati, il pastore valdese Paolo Ricca, nel novembre 1996, in un intervento dal titolo "L’enciclica di Giovanni Paolo II e le risposte ecumeniche delle Chiese" ebbe a sottolineare la novità della collocazione dell'esigenza ecumenica a partire dalla "testimonianza coraggiosa di tanti martiri del nostro secolo", lì dove essi "costituiscono una specie di comunità ante litteram, anzi l'avanguardia del movimento ecumenico. Dai luoghi del loro martirio, essi sollecitano i cristiani ad accelerare il cammino dell'unità... Sono loro, potremmo dire, i profeti dell'unità... il loro sangue non è soltanto semen christianorum, ma anche semen unitatis". L’interesse poi di molte fra le antiche Chiese Orientali, è stato più volte manifestato... Sono solo alcuni esempi assolutamente non esaustivi, ma indicativi di un clima e di un'attesa crescente, che auspichiamo troverà nella memoria del 7 maggio una felice espressione ecumenica.

L'autore della lettera a Diogneto potrebbe a ragione indirizzare anche ai testimoni della fede del XX secolo, le parole della sua esortazione: "Ogni terra straniera è per loro patria e ogni patria è una terra straniera... Passano la loro vita sulla terra ma sono cittadini del cielo... Li si dimentica, li si condanna, uccide e attraverso ciò guadagnano la vita eterna. Sono poveri e arricchiscono in gran numero. Mancano di tutto e sovrabbondano in tutto. Li si disprezza e in questo disprezzo trovano la loro gloria. Sono calunniati ed al tempo stesso si rende testimonianza della loro giustizia".

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