Un nuovo progetto sociale ed economico - Giancarlo Zizola
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GIUBILEO E INFORMAZIONE

UN NUOVO PROGETTO SOCIALE ED ECONOMICO

Giancarlo Zizola

Giornalista e scrittore

Merita di sottolineare l'importanza dell'opera di Giovanni Paolo II per fare del Giubileo un'occasione storica per risignificare il senso del tempo, anzi per aiutarne il disvelamento in una congiuntura critica della società, in particolare in Occidente, ove l'effimero delle merci del grande mercato del consumo, riprodotto dai media di massa, rischia di trascinare con sé l'effimero della vita e la dissipazione dei suoi valori fondamentali, inclusi quelli simbolici. Il pericolo è concreto, in questa fase della "fine del secolo", che si smarrisca non solo il senso simbolico del tempo, sotto l'effetto della mercificazione del tempo vitale, ma anche la dimensione materiale del tempo. Questo appiattimento sul presente e sul virtuale rende anzi precaria, specie nei giovani, l'esperienza della morte stessa, vissuta tendenzialmente come spettacolo e ripetuta a scialo dalla televisione. Di qui l'interesse di un recupero del tempo lineare, tipico della Chiesa, che lo assume come periodizzazione del mistero celebrato nella liturgia e nell'ufficio divino, a confronto col tempo ciclico delle culture paleocristiane.

Non è che una delle condizioni affinché il Giubileo possa, come nelle sue origini ebraiche, riproporsi come istituzione incisiva politicamente. Se pensiamo che cosa significasse il giubileo come istituzione egualitaria ed emancipatrice, per il condono dei debiti, la liberazione dei servi, il riposo della terra dallo sfruttamento economico ogni cinquant'anni, ne sapremo meglio desumere una lezione analoga non meno trasformatrice per la cultura dell'informazione. Se alle origini il Giubileo era l'istituto che permetteva alla società di ripartire con un progetto di grande innovazione sociale ed economica, una spinta dinamica ed equivalente potrebbe liberarsi grazie al Giubileo del Duemila, purché si faccia in modo che essa non venga snaturata e scialata dalle mitologie nere del millenarismo apocalittico, tra processioni di flagellanti e ansietà per la fine del mondo: tutti materiali cotti tra spiritualismo disincarnato e metafisica destorificante dal sacro mediatico già ora prevalente, e abusivamente spacciato per "misteri" o per "informazione religiosa", mentre è facile coglierne l'intenzionalità di commerciare il religioso come una irrazionalistica evacuazione della ragione del popolo. In un clima di incertezza sociale, parrebbe piuttosto da apprezzare l'invito del Papa alla disciplina morale e alla metodologia del pensiero, ad una sorta di rettitudine della ragione, mediante la quale anche l'informazione , assumendo pienamente il proprio compito critico sull'orizzonte d'un mondo globalizzato, si porti all'altezza dell'ethos cosmopolitico necessario per la salvezza della terra, aiutando e non esasperando la distanza tra l'atrofia dei fini e l'ipertrofia dei mezzi. In quanto innovazione liberatrice, è da lavorare affinché il Giubileo possa ispirare i media a non continuare a censurare, in epoca di onnivisione, l'altra faccia della terra, ove miliardi di uomini e donne hanno bisogno del condono dei debiti, della liberazione dalle catene dello sfruttamento. E poiché mi sembra lamentevole la carenza di visionari, in una società che tutto pretende di visionare (dall'embrione al cosmo alla coscienza), poiché abbondano piuttosto le "visioni" che una visione del futuro, poiché infine si porta tutto alla luce e siamo nelle tenebre, constatiamo almeno in questa fine dei secoli della ragione che una nuova cultura ispirata dalla linfa giudaica-cristiana potrebbe essere messa in campo come fattore di correzione delle distorsioni mercenarie dei media di massa e come strumento di risveglio delle coscienze intorpidite dal culto dell'oro: «Io voglio cantare e inneggiare / svegliati o mia coscienza nel profondo / svegliatevi arpa e chitarra / noi sveglieremo l'aurora» (Salmo 57). Dal risveglio della coscienza insonnolita, e "delle nostre "arpe", dalle manipolazioni mediatiche,dipende ancora una volta, nella nostra storia, il risveglio della creazione.

Non si tratta di riprodurre pedissequamente il modello dell'informazione conciliare, la cui riuscita fu del resto il frutto di una storia di pazienti ma audaci sperimentazioni. Ma di assumere in quel solco la sostanza viva di quel modello di fiducia nei giornalisti, apertura universale, offerta di occasioni di cultura religiosa aperta sulle scenario plurale del dialogo fra le grandi religioni mondiali, rispetto e accoglienza delle differenze, etc. Direi che il segreto della riuscita non sta solo nell'efficienza, ma anzitutto nella cultura. E nell'offerta anche di momenti di silenzi per il respiro dell'anima e per la profondità dello sguardo dei giornalisti "dentro le cose". Uno dei dogmi dei media oggi è: "ciò che non si vede in Tv non esiste". La sfida è di fare in modo, con più cultura e più contemplazione, che i giornalisti possano riscoprire le vie di una visione sottocutanea dei significati delle cose, del valore simbolico della realtà, anche in ciò che non è immediatamente visibile. E poiché il dominio della merce è il problema strutturale decisivo, - una sorta di omologazione tendenzialmente totalitaria - questa potrebbe essere anche la via per assicurare la libertà necessaria agli operatori, affinché siano soggetti e non cortigiani, nel pluralismo necessario. È ovvio che anche al suo interno la Chiesa cattolica è attesa alla prova di quella prudenza, che suppone l'audacia, nello sviluppo del dialogo tra differenti e nel rispetto del pluralismo. In questo modo si imporrà con credibilità maggiore l'evidenza che la religione viene oggi ad appartenere alle condizioni di sopravvivenza della cultura libertaria nel mondo.

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