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VERSO L'INCONTRO DI RIO DE JANEIRO

LA FAMIGLIA: DONO E IMPEGNO, SPERANZA DELL'UMANITÀ

Alfonso López Trujillo

1. La famiglia

Il tema "La famiglia: dono e impegno, speranza dell'umanitá" che mi accingo ad illustrare e che sará argomento del II Incontro Mondiale del Santo Padre con le Famiglie, che avrá luogo in Rio de Janeiro il 4 e 5 ottobre 1997 - esprime e compendia elementi fondamentali della famiglia e apre il cuore e la mente ad ampie prospettive che partono della sicurezza della presenza del Signore nella chiesa domestica. Questa presenza, che arricchisce le famiglie di eminente energia, dá consistenza alla speranza in forza della quale si cammina verso l'avvenire, che è nelle mani di Dio e che ci introduce dinamicamente nel terzo millenio.

Il primo punto della riflessione è "La famiglia", insistendo sull'uso del singolare poichè nell'attuale contesto storico diventa sempre piu' frequente l'uso del plurale "Le Famiglie", negando così il modello della famiglia, fondata sul matrimonio, come comunitá di amore e di vita, di un uomo e una donna, aperta alla trasmissione della vita.

Mantenendo senza confusioni e senza concessioni indebite il modello della famiglia, voluto da Dio, ci teniamo lontani da una visione superficiale e affrettata che concepisce il matrimonio e la famiglia come frutto della volontá umana, prodotto di consensi mutevoli. Consensi, accordi, che non offrono la stabilitá e l'identitá come una ricchezza, ma piuttosto la precarietá, per cui l'unitá matrimoniale è esposta al deterioramento per successive erosioni che debilitano la famiglia.

Per il matrimonio c'è un ordine stabilito da Dio fin dalla creazione (Mt. 19,4): «Li creó maschio e femmina. Per questo l'uomo lascerá suo padre e sua madre e si unirá a sua moglie e i due saranno una sola carne. Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi». Il dono, quindi, che i futuri sposi si offrono mutuamente con la corrispondente libera ed esplicita accoglienza, che è il consenso, configura l'elemento indispensabile «che costituisce il matrimonio(CCC n. 1626).

È dono ricevuto nella Chiesa ("dono di Chiesa") e per essa mediante la Chiesa domestica e questo «esprime visibilmente che il matrimonio è una realtá ecclesiale» (CCC n. 1631), un impegno pubblico con il vincolo stabilito da Dio, vincolo irrevocabile che esige fedeltá tra gli sposi e al Dio fedele per quanto dispone nella sua divina sapienza. La donazione fino a diventare "una sola carne", che si realizza nel matrimonio, è un'offerta personale e come tale non mette in gioco, nel suo progetto originale, la logica del possesso e del dominio dell'altro ma quella della sua piena realizzazione, progetto nel quale l'esercizio della sessualitá è al servizio d'un linguaggio che esprime la donazione (cf. Familiaris Consortio n. 11).

Per gli sposi, il momento dell'unione coniugale costituisce un'esperienza particolarissima e un momento di speciale responsabilitá, anche a motivo della potenzialitá procreativa connessa con l'atto coniugale. Questo restituisce alla sessualitá la sua grandezza e la riscatta dallo svuotamento e dall'uso strumentale molto in voga nella mentalitá consumistica odierna. Con il linguaggio sessuale, l'uomo esprime se stesso e, in certa maniera, disegna e modella il suo destino e fa risplendere nell'amore il dono e il mistero di una carne sola.

In virtù della donazione totale, si comprende meglio l'esigenza dell'indissolubilità che libera e protegge l'amore, che non è una prigione o un impoverimento. È falso dire che il matrimonio priva l'amore della sua spontaneità e del suo dinamismo. Certamente c'è bisogno di vivificare continuamente la donazione personale, anche attraverso il dovere della fedeltà, essenziale per la qualità del dono.

Il vincolo matrimoniale deve realizzare la stessa unione amorosa di Cristo con la sua Chiesa: per questo è amore indissolubile e fedele e Cristo va incontro agli sposi cristiani, offrendo la sua grazia e la sua forza perchè siano capaci di vivere nella dimensione del Regno.

2. I figli, dono e impegno

Il «compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l'immagine divina da uomo a uomo» (Familiaris Consortio n. 28).

Per i coniugi, il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore, ma sboccia dal cuore stesso del loro mutuo dono per cui è frutto e compimento . «Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità»(HV, 12). La donazione reciproca e totale presuppone di per sé l'apertura alla vita, mentre invece, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè di non donarsi all'altro in totalità.

Nella Catechesi sull'amore umano, Giovanni Paolo II parla del "linguaggio del corpo", che nell'unione coniugale significa non solo l'amore, ma anche la potenziale fecondità e pertanto non puó essere privato del suo significato pieno e adeguato. Siccome non è lecito separare artificialmente il significato unitivo e procreativo, «l'atto coniugale, privato della sua verità interiore, poiché viene privato della sua capacità procreativa, lascia d'essere anche un atto d'amore» (pag. 468).

Il figlio concepito, che nascerà, non deve apparire come un impegno gravoso; il nuovo essere umano invita alla festa e alla gioia, pur comportando responsabilitá ed anche sacrificio. Questa atmosfera di festa non riduce affatto la forza dell'impegno che il dono del figlio incarna, come una grande, gratificante e ineludibile responsabilitá (cf. Grat. Sane. 12).

Il figlio costituisce il dono della famiglia: questa accentra la sua attenzione su di lui e, presa da tenerezza e senso di riconoscenza, da stupore e sorpresa per la scoperta dei diversi momenti di affermazione d'un nuovo essere, ne segue con amore tutto lo sviluppo, fin dal concepimento, attraverso un'educazione che esige una pedagogia adeguata, come quella di Cristo, che pone un bambino in mezzo ai discepoli e dice: «chi accoglie un bambino come questo nel mio nome accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»(Mc 9,36-37).

Il segno dell'accoglienza giá porta il messaggio del dono offerto e nell'accoglienza rimanda a Dio, datore di ogni bene. I figli sono un messaggio trasmesso nella spontanea tenerezza, portatori di una "Buona Novella", che in essi viene proclamata e risplende. Il figlio, centro delle preoccupazioni, fa sì che i genitori si dispongano a questo bene comune con cui si trovano in personale convergenza, come profonda urgenza vitale, esistenziale, una forma caratteristica di proposito comune, che dalla loro intima comunione si realizza fino al frutto del loro amore, frutto benedetto nel doppio carattere di "servizio" e di "provvisorietá" (cf. CCC n. 2208). Progetto e proposito comune che vanno dal momento della procreazione fino al termine del processo di sviluppo. L'impegno per l'educazione dei figli colloca in tale prospettiva l'autorità, superando la tendenza istintiva a trasferire o modellare nei figli la propria personalità e le proprie attese, e richiede che vi sia un reale impegno di educazione alla fede (cf. GS, 48).

3. La famiglia, dono alla società

«La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. È la società naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita... La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita nella società»(CCC, n. 2207). Non sono facili e trasparenti le relazioni tra la famiglia e la società nella mediazione dello Stato. E ciò per vari aspetti. Lo Stato invade campi che prima erano riservati alla famiglia. E mentre la democrazia sventola la bandiera del rispetto e della partecipazione, la famiglia si vede sempre piu' confinata ad uno spazio ridotto, dove difficilmente respira, anzi si sente più che mai relegata ad un ruolo marginale. Il potere dello Stato diventa onnipotente. In qualche maniera il movimento della privatizzazione, nell'ambito ridotto dell'intimità, può ben rappresentare una forma di fuga e di rifugio, rispetto agli impegni che la famiglia ha verso la societá.

Rifugiarsi nel privato e non opporsi, è una tentazione che facilita l'ambizione di nuovo dominio dello Stato, che finisce non solo per non riconoscere nella famiglia qualcosa di "sovrano", anteriore allo Stato stesso, ma per confinarla all'impotenza di chi non ha più forza.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II sottolinea l'importanza della famiglia, la quale deve essere riconosciuta come "societá primordiale e, in un certo senso, sovrana". Questo concetto, molto interessante, è spiegato dal Papa nella Lettera alle Famiglie, Gratissimam sane, con i suoi contorni precisi e le sue sfumature, trattando della famiglia e della societá (cf. Grat. sane, 17).

La famiglia è una societá sovrana, riconosciuta nella sua identità di soggetto sociale. È una sovranità specifica e spirituale, come realtà solidamente radicata, benché sia condizionata da diversi punti di vista. I diritti della famiglia, strettamente connessi con i diritti dell'uomo, debbono esserle riconosciuti, nella sua qualitá di soggetto, che realizza il disegno di Dio ed esige diritti propri e specifici, contenuti nella Carta dei Diritti della Famiglia. Lo Stato non deve occupare il posto e il compito che ha la famiglia, violandone l'autonomia. È categorica la posizione della Chiesa, fondata su un'esperienza che nessuno può negarle: «Una eccessiva invadenza dello Stato risulterebbe dannosa, oltre che irrispettosa. L'intervento si giustifica, entro i limiti del principio di sussidiarietá, quando la famiglia non è in grado di adempiere ciò che le compete» (cf. Grat. sane, 17).

4. Famiglia, speranza dell'umanità

Come elevare i nostri cuori alla speranza, mentre un complesso di segni fa sorgere piuttosto dei dubbi, per alcuni fondati, sulla sopravvivenza della famiglia, almeno secondo gli schemi attuali? Vi sono sintomi evidenti di erosione, specialmente in alcuni paesi, e si annunciano crepe preoccupanti nelle strutture familiari in spazi sempre più allargati.

Nonostante questo, non possiamo lasciarci prendere da una specie di "determinismo" di sapore fatalistico, in modo da arrenderci senza combattere di fronte alla tendenza di eclissi della famiglia. Per riportare al centro dell'attenzione del mondo la famiglia, anche attraverso il II Incontro Mondiale, è utile ripresentarla come spazio privilegiato dell'umanità, centro di mediazione sociale, istituzione voluta dal Creatore, per il bene dei popoli e a servizio dell'identitá della persona umana. E' qui che dobbiamo sicuramente radicare le piú ricche possibilitá della famiglia a privilegiare la dimensione del figlio, come cammino concreto per il riscatto dell'istituzione familiare e per il suo rafforzamento. Tutto questo alla presenza operosa di Cristo nella vita degli sposi e della famiglia: è Lui che rinnova l'amore e comunica la speranza, perchè è Lui la speranza.

(Sintesi tratta dal volume "La Famiglia: dono e impegno, speranza dell'umanitá", che sarà pubblicato in occasione del II Incontro Mondiale del Santo Padre con le Famiglie a Rio de Janeiro il 4 -5 ottobre 1997).

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