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ATTIVITÀ DELLE COMMISSIONI

Commissione artistico-culturale

L'ARTE PER AIUTARE L'UOMO A VARCARE LA "SOGLIA DELLA SPERANZA"

Carlo Chenis

L'attesa, come conferma la nostra abituale esperienza di vita, è ricca di suggestioni non meno dell'evento stesso. Essa apre l'immaginario personale e collettivo verso mondi ideali dove i ricordi ancestrali costruiscono fantastiche utopie a delizia dei sensi, dell'intelligenza ed anche dello spirito religioso. L'attesa è dunque un periodo carico di emozioni, più o meno definite, che non possono non influire sul demone dell'arte.

Come esprimere queste emozioni che solcano l'oceano della fantasia di molte menti? Come incarnare nel sensibile quelle intuizioni ancora non tematizzate che si stanno accendendo nell'intimo dell'intelligenza di tanti artisti? Come dar forma al proprio "senso di fine millennio" in un'epoca che si è accontentata do porsi "dopo" il proprio passato infarcendo il vocabolario e la cultura di termini dall'annoiato prefisso "post"?

Questo periodo di fine millennio dunque suona di sfida alla coscienza contemporanea. C'è chi vorrebbe descriverlo come il lento e inesorabile tramonto dell'umanità, chi invece come l'aurora, foriera di buoni presagi, della "civiltà dell'amore". Per alcuni vaticina dunque il nefasto "dies irae", per molti è invece il buon avvio verso il "dies Domini". Dunque agli intrighi di una cultura, che dopo aver inventato nuove povertà materiali e spirituali, è ormai satura e decadente, si può contrapporre la ingenuità aurorale - un po' francescana - di una cultura che rivuole la persona al centro della storia. Il tal senso siffatto periodo diventa il "tempo opportuno" dove meglio si applica l'urgenza di vivere la primavera dello Spirito auspicata dal Concilio Ecumenico vaticano II adoperandosi con fantasia pentecostale alla consecratio mundi attraverso l'ardore della carità ed il rispetto del creato. L'arte di ben-essere e di esprimere il desiderio di una vita nuova nelle forme sensibili impone genio e disciplina poiché occorre dar vita ad un'ascesi capace di concretizzare gli ideali di rinnovamento trasmettendoli in opere fruibili.

Inserirsi in questo ambizioso progetto è cosa temeraria, ma il credente cresce nella convinzione che la chiamata alla santità implica la trasformazione di se stessi e conseguentemente la trasformazione del mondo. La propria esperienza interiore deve essere, dunque comunicata a profitto degli altri, il proprio impegno esteriore deve essere evidente nei risultati. Chi più dell'artista può esprimere nel sensibile il proprio itinerario della mente, del cuore e della volontà avviato alla scoperta di Dio? Chi più di lui può imprimere bellezza nel mondo delle forme per farle segno della creazione nuova? Specialmente in questo tempo in cui simbolicamente si chiude un'era cronologica, l'artista è chiamato non tanto ad essere una cassandra che predice catastrofi, quanto il profeta di una nuova avventura dello spirito. Dovrà allora far vedere alle masse cecuzienti il male oscuro dell'individualismo, dovrà far avvertire il disagio di una civiltà secolarizzata, dovrà mettere il dito nella piaga dell'indifferenza, ma ciò nello splendore sublimato dell'arte acciocché i mali del tempo presente stimolino nei popoli e nei giovani - segno evidente, questi ultimi, del futuro - una vigorosa, costruttiva e creativa coscienza critica.

Dunque l'arte si coniuga al sacro poiché è deputata a riaccendere le coscienze aprendole ai valori dello spirito. Parlare di arte sacra quale preambolo alla fede, parlare del ruolo dell'arte sacra contemporanea quale eletto strumento di sensibilizzazione per il cammino giubilare è cosa buona che può sollecitare gli artisti di questa difficile, ma pur sempre esaltante stagione culturale, a cimentarsi sul fatto religioso. Si tratta pertanto di chiarire il significato di arte, di chiedersi quali espressioni artistiche sono aperte al sacro, quale sacro è davvero idoneo a trasmettere i valori del Vangelo, ma soprattutto si tratta di dar voce, di dare spazio culturale agli artisti affinché possano creare. Se da una parte occorre indurre dagli artisti il senso della loro poetica, dall'altra devono essere spronati a rendere comprensibili le loro opere affinché realmente siano un dono alla collettività. L'arte in tal senso esprime il fare liberale dell'uomo e quindi lo emancipa in ciò che è e in ciò che desidera; l'arte si va facendo e quindi si iscrive nell'ambiente, si avvale delle altrui esperienze e ne offre di nuove; l'arte è comunicazione e pertanto non può raggiungere il suo apice nel ripiegato soliloquio. Il sacro poi non si riduce al nostalgico senso dell'arcano, non si esprime in indifferenziate mitologie, bensì evoca l'incontro con l'Assoluto e scopre in tale evocazione l'iniziativa divina. Se l'uomo può solo configurare il suo desiderio di infinito, Dio può incontrare l'uomo in un atto di amore.

Per l'arte e per la fede non esistono zone di provincia, poiché sono entrambe dei trascendentali dell'uomo, la prima per grazia della creazione la seconda per grazia dello Spirito. Del resto le passate epoche hanno dimostrato con copiosi esempi quanto - anche in umili e sperdute contrade - le comunità civili e religiose abbiano investito in favore dell'arte per onorare Dio, per manifestare il proprio amore al territorio natio e talvolta per orgogliose esibizioni di potenza. Dunque ogni collettività è deputata a figurare i propri sentimenti religiosi quasi ad esprimere, nello splendore delle forme, la forza della redenzione.

Questo momento storico di fine millennio vuole perciò una riflessione critica sulla bellezza e sulla spiritualità. L'arte ha espresso il disagio di tante nostre generazioni e ha reso pubblico il dramma dell'uomo contemporaneo. L'arte talvolta si associata al dramma nichilista, rimanendo dramma poiché non ha inteso far varcare ai fruitori le soglie della speranza. Il programma giubilare di Giovanni Paolo II, sollecita invece con più accenti a varcare le soglie della speranza, dopo aver percorso un adeguato iter penitenziale.

L'iter penitenziale vuole un igiene dello spirito e di tutte le sue manifestazioni; vuole una volontà costruttiva in luogo di isteriche o apatiche denuncie; vuole la chiarezza della meta intuita con la forza della propria intelligenza; vuole trasporto emotivo laddove il ribollire dei sentimenti è regolato dall'amore. Questo è il fausto inizio della creazione nuova in cui l'uomo si ritrova fatto ad immagine di Dio e diventa perciò creatore di cose buone e belle.

L'arte è sacra se anzitutto è bella, cioè intrinsecamente splendida, poiché pienamente intellegibile, tanto da far desiderare all'artista prima e al fruitore dopo, di sconfinare nell'infinito. Quest'arte è religiosa se dona la nostalgia del divino, ovvero se porta a trascendere il proprio io al fine di incontrare Dio e con lui il prossimo. Quest'arte è cristiana se racconta, attraverso le avventure dello spirito, ciò che è capitato tra Dio e l'uomo durante la storia della salvezza, se sale a Dio quale preghiera soave e sofferta, se rende visibile, seppure per enigmata, la "gloria di Dio" nella celebrazione dei divini misteri.

L'artista del sacro è chiamato a scommettere sull'arte, sulla religione, su Cristo. Anzitutto sull'arte, che deve essere liberale pur enunciando il dramma non disperato dell'esistenza umana; poi sulla religione, poiché deve legare la dimensione immanente dell'uomo con la trascendenza di Dio; e particolarmente su Cristo, il vero uomo e vero Dio, poiché volendo narrare le gesta dell'esistenza umana trova compendio nel Cristo crocifisso e glorioso, dove la morte è vinta dalla vita. Per il credente le tenebre che rabbuiano Venerdì Santo togliendo al creato i suoi colori, si dissolvono immediatamente, senza poter opporre resistenza, alla luce sfolgorante della Pasqua che riaccende l'arcobaleno della pace tra Dio e gli uomini.

L'artista contemporaneo è chiamato a ridare vita alle ossa inaridite di una società umana intristita dall'indifferenza. Quindi non è un fenomenologo della crisi, è un profeta che soffia lo Spirito che non è suo, ma che ha avuto il sublime incarico di effondere sulla faccia della terra. L'artista nell'esprimere tale divina intuizione deve soggiogarsi alla logica dell'incarnazione. La sua arte allora vuole studio attento e creativo della materia che trasforma anche se inizia laddove trovano compimento le soluzioni tecniche e nel contempo è esemplarmente prima di ogni tentativo. La sua arte vuole costanza e creatività poiché non è improvvisazione scapigliata e neppure virtuosismo accademico.

Ci auguriamo che si rinnovi l'auspicata alleanza tra artisti e Chiesa, così che dopo le arrabbiate opposizioni tra fede e cultura, ed in particolare tra fede e arte, venga il tempo di esprimere nuovamente la propria fede con l'arte. In questo cammino verso il terzo millennio i cultori dell'arte devono aiutare gli uomini del nostro tempo, "affaticati e oppressi" dalla crisi dei valori spirituali, a diventare pellegrini dell'Assoluto facendogli desiderare, attraverso la fruizione della bellezza sensibile, la contemplazione del volto di Cristo. In questo "tempo di grazia" gli artisti sono chiamati ad infondere nelle loro opere la personale e talvolta sofferta esperienza di Dio così che lui stesso possa rivelarsi alle genti, ai pagani cioè del nostro tempo, attraverso la fragile mediazione dell'opera dell'uomo.

Ci auguriamo di "camminare insieme" verso il 2000 sollecitati ai superiori valori dello spirito dalle arti liberali. In questo percorso, occorre lasciare la "volontà di potenza" e la presunzione di purezza angelica, per comprendere che nelle azioni umane saranno sempre frammisti aspetti di trasgressione e di sapienza. Quindi non un'arte falsamente pura e disincarnata ma una che sappia sublimare la scena quotidiana nel divino. Se «per ardorem caritatis datur cognitio veritatis» (Tommaso d'Aquino), per pulchritudinem artis datur contemplatio gloriae Dei. L'arte può dunque favorire l'amicizia dei popoli e l'incontro con Dio instaurando la pace nel profondo dell'animo umano.

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