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Parlare di pellegrinaggi alla vigilia di un anno santo è cosa apparentemente scontata, quasi banale. Tuttavia non semplice, giacché l’ansia di portare a termine l’organizzazione delle strutture materiali di accoglienza può far dimenticare che il pellegrinaggio non consiste solo in uno spostamento di gente verso un santuario coi relativi problemi di mezzi di trasporto e posti letto. Se si muove alla luce della fede in Cristo, il pellegrino dovrà essere consapevole che non lo fa solo per il gusto di viaggiare, ma diretto ad una mèta spirituale - l’incontro con Dio - raggiungibile attraverso un cammino di conversione personale. L’uno in funzione dell’altro.

L’esperienza del pellegrinaggio, dunque, è tutt’altro che un’ evasione o un distacco dalla vita reale. Al contrario, essa ha un profondo valore teologico ed esistenziale. Giacché tutta la nostra permanenza su questa terra si traduce in un pellegrinaggio verso l’incontro finale con il Signore. Capire il pellegrinaggio, perciò, significa comprendere meglio l’uomo, la vita e la Chiesa. A tale scopo, il libro di don Carlo Mazza “Santa è la via. Pellegrinaggio e vita cristiana” (Edizioni Dehoniane di Bologna, 1999, pp. 183, Lit. 22.000) si distingue per la chiarezza del linguaggio e la completezza dell’esposizione.

Nella prima parte, teologica, l’autore (segretario del Comitato nazionale per il Grande Giubileo del 2000 e da dieci anni direttore dell’Ufficio della CEI per la pastorale del tempo libero, turismo, sport e pellegrinaggi) prende in esame i rischi e le prospettive del pellegrinaggio nell’odierna società secolarizzata, portando l’esempio di “Cristo pellegrino del Padre” e del “pellegrinaggio ecclesiale”, che permettono di rendere il pellegrinaggio un’esperienza secondo lo Spirito Santo.

La seconda, invece, presenta un carattere pastorale e “pratico”; chiamando in causa tutte le persone variamente impegnate nell’accoglienza, nell’animazione e nella guida spirituale dei pellegrinaggi, alle quali offre preziose indicazioni per far sì che ogni aspetto del pellegrinaggio vada a beneficio della conversione dei partecipanti. Anziché tradursi, come purtroppo accade quando si dà spazio all’improvvisazione, in dannose controtestimonianze. Interessante pure l’ultimo capitolo del volume, dedicato al “turismo religioso”, un fenomeno pieno di complessità ed ambiguità, però anch’esso espressione, a suo modo, della moderna richiesta di sacro, da non trascurare.

Accanto alle tradizionali reliquie della Passione di Cristo, Roma possiede pure, da almeno milletrecento anni, quelle della Sua Santa Infanzia (cinque assicelle di legno tratte, secondo la tradizione, dalla culla del Bambino gesù), custodite nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Detta appunto “Sancta Maria ad Praesepe”.

Sull’autenticità di tale reliquia, difficilmente dimostrabile, esistono pareri discordi. Mentre è ben documentato il suo culto più che millenario. Descritto, nelle sue vicende storiche, dal dotto Prefetto dell’Archivio Liberiano Mons. Elio Venier nel libro “Santa Maria Maggiore la Betlemme di Roma” (Tip. Istituto Salesiano Pio XI, Roma 1999, pp. 274). Un volume denso di notizie, gradevole alla lettura e scritto con profonda umiltà. L’autore, infatti, volendo sintetizzare secoli di ricerche sulla Sacra Culla, fa parlare uno per uno gli illustri canonici e i famosi teologi e scienziati che se ne sono occupati, limitando il proprio intervento al minimo. Senza pretendere di avere l’ultima parola su una questione tanto complessa e delicata quanto affascinante e, soprattutto, edificante dal punto di vista della testimonianza di fede. Incontriamo così personaggi quali Victor Saxer, Giuseppe Bianchini, Guglielmo Sirleto, Gustavo Hohenloe... e leggiamo pagine di Padri della Chiesa, Papi e antiche cronache riguardanti la Culla. Che - nota Mons. Venier - comunque la si voglia giudicare, resta, come la Sindone per la Passione, un segno e un richiamo dell’infanzia di Gesù: “se non ritornerete come questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli”. Tanto più valido e degno di essere riscoperto oggi, alla vigilia del nuovo millennio.

In quest’ultimo anno di preparazione al Grande Giubileo, che dovrebbe vederci particolarmente attenti alla carità, ci sembra particolarmente valida la forte riproposizione del valore della condivisione, fatta da don Vinicio Albanesi nel suo “il Dio della Compagnia. Per una spiritualità della condivisione” (Ed. San Paolo, 1998, pp. 100, Lit. 14.000).

L’autore, uno dei nostri sacerdoti più attivi nelle comunità di accoglienza, in questo caso non racconta esperienze personali ma interpella direttamente il lettore con un gruppo di efficaci proposte per dare un senso alla vita mettendovi in pratica il Vangelo. Cosa possibile, scrive don Vinicio, se si esce dalla prigione dell’individualismo per aprirsi all’altro attraverso un’esperienza di comunità. Perché da soli non ci si può salvare mai.

Don Giordano Frosini è un teologo molto attento alla scansione trinitaria della preparazione al Grande Giubileo del 2000. Dopo averci già dato due libri su Cristo e sullo Spirito Santo, ci presenta ora questo “Incontro al Padre. Una Teologia per tutti” (Edizioni Dehoniane, 1998, pp. 208, Lit. 23.000) che, in un certo senso, riassume e completa quanto detto nei precedenti.

Secondo l’autore, infatti, ogni discorso su Dio (significato di “teologia”) non può che essere, per un cristiano, un discorso sul Padre. Ed ogni teologia del Padre, a sua volta, diventa per forza di cose una teologia generale, tanta è l’importanza dell’argomento. Perciò, in questo libro di don Frosini non troviamo solo i concetti sul Padre cui, ormai, siamo “abituati”, ma un vero e proprio piccolo compendio di teologia cattolica, adatto ad ogni tipo di lettore.

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