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Volontariato – L’Omelia del card. Roger Etchegaray
alla messa di inaugurazione

Nel cuore del Grande Giubileo al servizio dei pellegrini

Già reclutati volontari per novanta giorni di Giubileo; completi i ranghi dei volontari stranieri, in 3 mila arriveranno da ben 60 Paesi diversi; in chiusura i corsi per formatori e tutor; avviati 300 corsi per oltre 7 mila capi équipe. E’ un sintetico bilancio del Centro del Volontariato per l’accoglienza giubilare, fornito dal direttore Donato Mosella, in occasione dell’inaugurazione della sede del Centro, in largo S. Lucia Filippini n.20.

Qui, secondo le ultime stime, faranno capo i 70mila volontari necessari per il buon funzionamento dell’accoglienza durante l’anno giubilare, di cui circa 40 mila giungeranno dalle diocesi italiane, altri 15 mila da 55 movimenti e associazioni ecclesiali. Qui avrà sede la “Scuola permanente Mani per il Giubileo”, che ogni settimana completerà un ciclo formativo di circa 15 ore rivolto a tutti i volontari di Roma e del Lazio.

Fulcro della cerimonia, la Santa Messa per la inaugurazione del Centro presieduta dal cardinale Roger Etchegaray  e da Mons Crescenzio Sepe, rispettivamente Presidente  e Segretario del Comitato Centrale del Grande Giubileo, alla quale erano presenti anche il sindaco di Roma Francesco Rutelli, il presidente dell'Agenzia romana per il Giubileo Luigi Zanda, il questore Antonio Pagnozzi, il  prefetto Enzo Mosino, l'assessore alle politiche sociali del Comune Amedeo Piva.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Card. Etchegaray. 

Ogni Eucarestia respira la gioia, la gioia dell’azione di grazie proprio secondo la sua etimologia greca. Non vi è per un essere umano gioia più grande che di poter dire grazie, ed è la prima parola che una madre insegna a suo figlio.  Nell’Eucarestia, il grazie è più di una semplice parola, è un’azione. È partecipare all’atto più grande di tutta la storia dell’umanità, all’atto unico che è stato la morte e la resurrezione del nostro Salvatore. È partecipare al solo grazie che possa esistere, in tutta verità, al grazie del Figlio il cui sacrificio è stato esaudito dal Padre nello Spirito Santo.

E noi tutti, chi in un modo, chi in un altro, possiamo rivendicare questa sera il titolo di “volontario,” siamo qui proprio nel cuore di ogni gesto volontario. Poichè Colui che ci riunisce è, in fondo, il vero volontario, il solo che poteva, perchè Dio, dire: “La mia vita nessuno me la toglie, io la dono da me stesso.”Alla sua luce, possa il nostro volontariato trovare la plenitudine del servizio, della disponibilità a Dio e ai nostri fratelli.

Il Vangelo di questa messa ci ricorda che non possiamo separare l’Eucarestia dalla lavanda dei piedi. Quando Gesù ha detto agli Apostoli: “Fate ciò in memoria di me”, ciò non è soltanto commemorare la sua morte ma lavare i piedi ai nostri fratelli, cioè esercitare la carità più prosaica.

Al museo del Prado, a Madrid, una sala è dominata da un immenso quadro del Tintoretto: quell’uomo accovacciato, con le mani in una tinozza, che lava gambe e caviglie sotto lo sguardo sconcertato di due apostoli, è proprio il Maestro che si è fatto servo per aprire così a tutti la via regale della Carità. Volontari del Giubileo, non dimenticate questa scena evangelica quando sarete dediti a mille gesti che tutti, per quanto piccoli e materiali siano, testimonieranno la tenerezza di Dio per i pellegrini in cammino verso la Porta Santa, attraverso i dedali di Roma, “città aperta”.

L’Epistola di questa messa evoca la parola di Isaia: “Come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza!”Questa parola sarebbe degna della più moderna pubblicità  se il Giubileo si confondesse con una  impresa commerciale; ma essa indica proprio il senso di tutta la mobilità cristiana: annunciare la pace, costruire la pace. Il Giubileo ci ricorda che Dio è venuto ad abitare tra noi per dare una nuova partenza alla “pace  sulla terra”, una pace ben più grande e duratura della piccola e fragile pace che gli uomini ed i popoli fanno tra di loro. Occorre camminare molto per arrivare alla pace. Occorre soprattutto camminare molto all’interno di se stessi per raggiungere le radici della pace: che questo cammino interiore vi stanchi e vi appaghi, altrettanto dei vostri passi verso gli altri!

La Parola di Dio questa sera ci rinvia alle nostre mani, ai nostri piedi. Vi aggiungerei ai nostri occhi, riferendomi al vostro logo, a quei due occhi che fanno di ciascun volontario un chiamato dai poveri, un inviato verso i poveri, verso tutti i poveri poichè chi non ha almeno un’anima da povero non potrebbe essere pellegrino dell’Anno Santo. Gesù ha parlato molto con gli occhi, al giovane uomo ricco (Mc 10,21) alla vedova di Naim (Lc 7,13), a Pietro (Lc 22,61). E poi vi è quella parabola del giudizio finale che è come la chiave del Vangelo e che gira attorno ad uno sguardo. “Signore, quando ci è capitato di vederti affamato, assetato, straniero, nudo, malato, prigioniero? ”( Mt 25, 37-39). Il Giubileo, come il Vangelo, entrerà e uscirà dagli occhi; ma occorre per questo che il nostro proprio sguardo si affini, si intersechi, si immischi.

Un’altra parabola di Gesù ci mette in guardia che si può vivere in mezzo ai poveri e non vederli. Strano cerchio: per vedere il povero, bisogna identificarsi con il Cristo e per vedere il Cristo occorre identificarsi con il povero.

Cari volontari, in questa Eucarestia, chiediamo al Signore che ci dia  buone mani, le Sue, buoni piedi, i Suoi, buoni occhi, i Suoi, per questo grande servizio del Grande Giubileo che esigerà soprattutto un grande cuore, il Suo.

« La Carità di Cristo ci forza »   (2 Cr 5,14). In questa parola di san Paolo, vi è come un urlo di sirena d’ambulanza, un’urgenza di conversione e di perdono.

Siamo tutti dei bisognosi. Siamo i volontari gli uni degli altri!

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