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Icone, un Giubileo di arte e fede

La mostra « Sophia la sapienza di Dio », che presenta 147 icone provenienti dai principali musei della Federazione russa, è stata inaugurata nel Braccio di cralo Magno il 29 luglioscorso, e resterà aperta fino al 24 ottobre, per poi proseguire il suo viaggio in altre capitali.

Nel suo discorso d’inaugurazione il Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Comitato Centrale del Grande Giubileo, l’ha presentata come « il più bel portico d’accesso alla vicinissima Porta Santa », mentre la curatrice della mostra, la professoressa Giuseppina Cardillo Azzaro, scrive nel bel catalogo della Electa, che con le icone della santa Russia « non è una tradizione nel senso bassamente culturale che ci viene incontro, ma un popolo, una Chiesa ».

Pubblichiamo di seguito alcuni brani del discorso del Card. Etchegaray.

È quasi un compito religioso inaugurare una mostra di icone. E questa mostra di icone che viene dai grandi musei di Russia assume un significato particolarmente religioso alla vigilia del Giubileo dell’Anno Santo. Il “Braccio di Carlo Magno” che ha accolto tante mostre nel corso degli anni prima di diventare per l’Anno 2000 come un braccio penitenziale, ci offre questa sera il più bel portico d’accesso alla vicinissima Porta Santa.

So quanto è costato alla Professoresa Giuseppina Cardillo Azzarro, l’organizzazione appassionata e ostinata di questa Mostra.  So l’aiuto prezioso che ha trovato sia presso le autorità vaticane, sia presso le autorità della Federazione Russa,  rappresentata questa sera, tra noi, ad altissimo livello. La Mostra è di per sè una sorta di miracolo. Ma il vero miracolo è quello che proviene dalle stesse icone.

Le icone che stiamo per ammirare, o piuttosto contemplare, hanno attraversato i secoli, ma hanno innanzi tutto attraversato l’umanità. Come se  arrivassero dal cielo. Come se si fossero appena schiuse, dopo un periodo infinito di maturazione, di meditazione. Sappiamo bene che una icona è allo stesso tempo, stelo e frutto della preghiera, Bisogna dirlo, un’icona non è veramente viva che nel suo ambiente naturale che è una iconostasi di chiesa o un angolo di focolare domestico. Un’icona, ovunque sia, continua a parlare di Dio. Un’icona, qualunque sia, nella sua umile trasparenza, esprime la costante tensione tra il Dio inaccessibile e il Dio che si dona, questa distanza in cui si cancella ogni idolo e si rischiara ogni volto.Una icona prima di essere oggetto d’arte è oggetto di culto sacro; del tutto diversa dalle pitture delle nostre chiese di Occidente, una icona orientale è un centro materiale dove riposa l’energia divina.

Come non pensare questa sera alle comunità cristiane di Russia questo popolo delle icone, anche e soprattutto quando il regime comunista chiudeva le loro  chiese e disperdeva le loro icone in un traffico venale. Clandestinamente o fin nei musei, questo popolo di credenti continuava ad alimentare la propria fede presso le icone contemplate come la proclamazione di un Dio che salva con mano forte. Le icone, specchio dell’invisibile bellezza di Dio, non hanno mai cessato di parlare al credente più beffato. Poichè esse appartengono al dominio della fede più che a quello dell’arte, alla liturgia più che all’estetica.

Ecco perchè, questa sera, intendiamo con più forza la parola  “Sophia”, la saggezza di Dio che è l’arte di vivere dell’uomo, o persino, come osò dire San Paolo, la follia dell’uomo: Sophia,” la Saggezza di Dio che è l’arte di vivere dell’uomo o addirittura, ha osato dire san Paolo, che è la follia dell’uomo. “Sophia”, questo grido nostalgico  di ogni liturgia orientale, ci accompagna come la frase musicale dei “quadri di una esposizione” di Moussorgski orchestrati da Ravel. Che ogni icona del Signore Pantocratore, della Madre di Dio o dei santi,  sia per noi un invito ad un faccia a faccia silenzioso. Purificando il nostro sguardo, che ogni icona susciti in noi il desiderio pressante della nostra propria trasfigurazioe nella Saggezza di Dio. Allora, ciascuno di noi sarà ben più di un semplice visitatore di una mostra. diventeremo noi stessi una icona vivente della Saggezza di Dio.

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