Significato di un simposio - Georges Cottier
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"RADICI DELL'ANTIGIUDAISMO IN AMBIENTE CRISTIANO"

SIGNIFICATO DI UN SIMPOSIO

Georges Cottier

Nella rilettura della sua storia che si appresta a fare alle soglie del terzo millennio, come può la Chiesa di Cristo non rivolgere la sua attenzione ai suoi rapporti con il popolo ebreo? Infatti, Essa sa che questo popolo è amato da Dio, che è stato eletto per annunciare la venuta di Cristo. Sa che i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cf. Rm, 11, 29). Sa che è da lui che il Verbo incarnato ha preso la sua umanità e che la sua santa Madre, la Vergine Maria, era ebrea come lo erano san Giovanni Battista, san Giuseppe, gli Apostoli, e santo Stefano, primo martire. Questo è il primo dato, per niente esterno al disegno salvifico di Dio.

Per la nostra riflessione siamo quindi condotti a rivedere il passato, in modo da operare una purificazione della memoria. Che cosa significa qui memoria? Il luogo in cui sono custoditi le tracce ed i ricordi, felici ed infelici, della storia? Certamente è questo. Ma molto di più, un simile lavoro di memoria ha senso, come l'abbiamo appreso da san Agostino, solo se introduce alla memoria sui, questa a sua volta dovendoci portare alla memoria Dei. Si tratta di un movimento di ascesa spirituale e altrettanto di approfondimento dell'interiorità.

In altri termini, siamo convocati al ricordo della nostra stessa identità con le esigenze che questa pone, alla luce del disegno di Dio. La purificazione della memoria è possibile solo partendo da uno sguardo di fede; è di natura teologica.Sul tema che c'impegnerà, la documentazione abbonda, spesso di eccellente qualità, ma circolano anche molte approssimazioni, amalgami, e spesso anche accuse fuori proposito. Come potrebbe essere diversamente? Il peso delle sofferenze patite porta a delle reazioni passionali che non devono sorprendere.

È importante cogliere che la questione nella sua essenza più profonda è dottrinale. Purificare la memoria vuol dire fare opera di verità: i fatti essendo debitamente stabiliti e riconosciuti, si tratta di comprenderne il senso nel mistero del piano salvifico di Dio. I capitoli IX e XI dell'epistola ai Romani hanno chiarito le maggiori prospettive di questo mistero. In fine la comprensione deve portare ad un atteggiamento di conversione. Solo allora, in verità, si potrà parlare di purificazione della memoria. Queste poche considerazioni che precedono aiuteranno, spero, a cogliere perché il simposium è riservato a dei teologi cristiani, figli e figlie della Chiesa. Il proposito non è affatto politico; è etico nell'esatta misura in cui l'etica cristiana s'intende come coerenza di vita con la fede professata; è innanzitutto teologico. Non esclusione, ma delimitazione di un tema, che dovrebbe consentire di circoscriverne meglio la natura essenziale. Il tema del simposio: "Radici dell'antigiudaismo in ambiente cristiano", si inserisce, in una riflessione più generale, sul senso della richiesta di perdono che i cristiani sono invitati a fare all'occasione del Grande Giubileo. Le questioni che questo solleva non saranno trattate in se medesime, ma saranno all'orizzonte dei nostri lavori.

A questo proposito, Tertio Millennio Adveniente ci dà alcuni punti fermi. Il primo è la coscienza del contrasto che esiste tra la santità della Chiesa di Cristo e il peccato dei suoi figli. Questa coscienza, che è sofferenza per il cuore del credente, è una condizione necessaria della lettura teologica della storia della Chiesa: «La Chiesa, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: essa riconosce sempre come propri, davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli peccatori» (n.33, che cita di seguito Lumen Gentium n.8). La Chiesa è santa, ci comunica la santità di Cristo, incessantemente produce dei germogli di santità. Lo sguardo di fede portato sulla sua santità è primordiale e determinante. Quando pecchiamo, ci sottraiamo a questo influsso di vita, ci mettiamo in contraddizione con le esigenze del nostro battesimo e con il dinamismo di assimilazione integrale al Cristo che esso genera. La Chiesa non si rassegna alle nostre infedeltà e ai nostri tradimenti; va alla ricerca degli smarriti per riportarli sulla via della salvezza: «non si stanca di fare penitenza».

Il secondo punto fermo sul quale insistiamo è enunciato nello stesso n.33: i figli della Chiesa allontanandosi dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, hanno offerto al mondo, «anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo». Di conseguenza, la richiesta di perdono va rivolta innanzitutto a Dio, in quanto ogni peccato è un'offesa a Lui fatta, alla Chiesa che il peccato dei cristiani tradisce, e a quanti avevano diritto ad una testimonianza, cammino all'incontro di Cristo, e che abbiamo scandalizzato.Vi sono diverse forme di antigiudaismo. Alcune sono anteriori al cristianesimo. L'antisemitismo moderno, la cui manifestazione estrema fu la follia razzista del nazionalsocialismo, è di essenza pagana; è, nella sua mira più profonda, un anticristianesimo. L'inimmaginabile crudeltà della quale è responsabile, ha ricordato a delle coscienze cristiane assopite «il legame che collega spiritualmente il popolo del Nuovo Testamento con la stirpe di Abramo»(Nostra Aetate, n.4). In fine, vi sono delle letture teologicamente scorrette o errate del Nuovo Testamento le quali sono servite da pretesto per una ostilità diffusa in larghi strati delle popolazioni cristiane tra le quali il popolo ebreo si è trovato disseminato. Troppi comportamenti ingiustificabili hanno trovato là una loro giustificazione; da lì ugualmente provengono in molti cristiani una passività e un'assenza di reazione quando si è riversata sull'Europa l'onda della violenza hitleriana. Altri cristiani, è vero, hanno fatto molto per salvare gli ebrei perseguitati.

Non si tratta affatto di attenuare la gravità della rottura sopraggiunta con l'Incarnazione del Figlio di Dio. La fede cristiana professa che Egli è il vero Messia atteso, che, morto e risorto, è vivo e presente nella sua Chiesa. La fede degli ebrei che non l'hanno riconosciuto porta ugualmente sulla verità di Cristo, ma in quanto promesso e ancora atteso. Ne va della verità. Due certezze qui ci devono guidare.La prima è che la rottura non ha abolito la continuità. La seconda è che il dramma, essendo di ordine religioso, teologale, richiede da parte nostra una grande nobiltà di sentimenti e una dilezione particolare, ad immagine di quella dell'Apostolo Paolo (cf. Rm, IX, 2). Tertio Millennio Adveniente (n.35) scrive: «Un altro capitolo doloroso, sul quale i figli della Chiesa non possono non tornare con animo aperto al pentimento, è costituito dall'acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio della verità». Avremo presenti queste parole alla memoria durante il simposio.

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