Come il Cristianesimo ha cambiato la politica economica - Michael Novak
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Commissione Sociale

COME IL CRISTIANESIMO HA CAMBIATO LA POLITICA ECONOMICA

Michael Novak

Cosa ha apportato Gesù Cristo ad Atene e Roma che ha alterato il concetto della politica economica? La domanda suona alquanto strana. È una domanda insolita. Tuttavia, proprio per la sua novità, suggerisce un modo diverso per guardare la storia politica. Consentitemi di proporre alla vostra considerazione la seguente tesi: almeno sette contributi apportati dai pensatori cristiani, meditando sulle parole ed opere di Gesù Cristo, hanno modificato la visione della buona società proposta dagli scrittori classici della Grecia e Roma, ed hanno reso possibili alcune moderne aspettative. Affronterò l'argomento in modo soddisfacente per gli onesti pensatori laici. Non occorre credere in Gesù Cristo per condividere le mie affermazioni.

1. Il primo contributo di Gesù fu quello di avvicinare il Giudaismo ai Gentili; e in almeno tre aspetti chiave, il Giudaismo ha modificato i concetti allora in vigore nell'area del Mediterraneo circa la politica economica. In primo luogo, da Gerusalemme, crocevia fra tre continenti verso l'Oriente e l'Occidente, il Nord ed il Sud, Gesù affermò il riconoscimento dell'unico Dio, il Creatore. In secondo luogo, il termine "Creatore" implica una persona libera; suggerisce che la creazione fu un atto libero, non un atto scaturito da una necessità. Fu un atto dell'intelligenza; il Creatore sapeva cosa stava facendo, ed Egli lo volle; «Egli vide che era cosa buona». Da questa nozione del Dio Unico-Creatore scaturiscono alcuni corollari dell'azione umana.

  • Fatti a immagini di Dio, noi dovremmo essere attenti e intelligenti. In ricerca senza sosta.
  • Siccome Dio ci ama, noi dobbiamo ricambiarlo con il nostro amore. Fin dal momento in cui ci ha creati Egli sapeva ciò che stava facendo, e lo volle fare, perciò abbiamo tutti i motivi per confidare nella Sua comprensione e nella Sua volontà. Dato che Egli ci ha fatti a Sua immagine, potremmo ben dire con Jefferson: «Il Dio che ci ha dato la vita ci ha dato la libertà». Confidate nella libertà.
  • Ad un certo momento, il tempo fu creato da Dio, il quale dette una direttiva da seguire: «Costruite il Regno di Dio... nella terra e nel cielo». Comprendete che la storia ha uninizio, e una fine nella quale la nostra vocazione si sviluppa, nel nostro pellegrinaggio sia personale che sociale.

In terzo luogo, proseguendo quest'ultimo punto, come molti studiosi hanno notato, l'idea di "progresso", così come quella di "creazione", non è una idea greca e neppure romana. I greci preferivano il concetto di una necessaria processione del mondo dal Primo Inizio. Concepivano la storia come un ciclo con un ritorno senza fine. Il concetto di storia come una categoria diversa da quella della natura è ebraico piuttosto che greco.

Quali sono le implicazioni per l'economia politica che scaturiscono dal fatto che la storia comincia con un atto libero del Creatore, che ha fatto gli esseri umani a Sua immagine, e che ha dato loro fin dal primo respiro sia l'esistenza che l'impulso verso la libertà e la comunione?

2. La rivelazione che Dio è Trino: Padre, Figlio e Spinto Santo. Quando Gesù parlava di Dio, Egli parlava della comunione di tre persone in una. A differenza dei greci (Parmenide, Platone, Aristotele), che parlavano di Dio o dell'Intelletto come di Uno che vive isolatamente e solitariamente, Gesù ha insegnato ai cristiani che Dio è comunione di tre persone. In altre parole, il mistero, della comunità è un tutt'uno con il mistero dell'essere. Così, l'Occidente contemplò il fatto che siamo parte del lungo processo di una comunità umana nel tempo; e che siamo, per grazia di Dio, uno insieme ad un altro ed a Dio. Esistere è sempre qualcosa che meraviglia; e la comunione universale lo è ancora di più. Questo punto di vista della comunità ha insegnato, all'Occidente che le persone raggiungono il loro vero sviluppo, soltanto in comunità con gli altri.

Per quanto si possa raggiungere un elevato sviluppo, colui che si richiude in se stesso, come persona totalmente isolata, tagliata fuori dagli altri, è visto come una specie di mostro. Cattolici, ebrei e socialisti hanno sottolineato questa mezza verità. Il punto di vista personalistico ha insegnato all'Occidente che una comunità che rifiuta il riconoscimento della personalità degli individui spesso li utilizza come pretesto per "il bene comune", piuttosto che trattare le persone come fini a se stesse. Tali comunità sono coercitive e tiranniche. I protestanti, i cattolici personalisti e i liberali hanno accettato questa mezza verità.

3. L'uguaglianza-unicità (non l'uguaglianza-identicità) dei figli di Dio. Nella Repubblica di Platone i cittadini venivano divisi in questo modo: alcuni erano d'oro, altri un po' più numerosi erano d'argento, e la stragrande maggioranza di piombo. Questi ultimi avevano l'animo degli schiavi, ed erano fatti per essere schiavizzati. Soltanto le persone d'oro erano trattate come fini a se stessi. Per il Giudaismo e il Cristianesimo, invece, Iddio che ha fatto ogni singola creatura l'ha dotata di valore e dignità, per quanto debole e vulnerabile essa sia. «Quello che fate al più piccolo di essi, l'avrete fatto a me». Iddio identifica Se stesso con il più umile e il Più vulnerabile. Il nostro Creatore conosce ognuno di noi per nome, e capisce la nostra individualità con maggiore chiarezza di quanto facciamo noi stessi. Ognuno di noi rispecchia, un piccolo frammento dell'identità di Dio. Se uno di noi si perde, l'immagine di Dio che si doveva riflettere in lui si perde, e la Sua immagine viene distorta in tutta la sua stirpe.

Il Giudaismo e il Cristianesimo asseriscono una fondamentale uguaglianza agli occhi di Dio per tutti gli uomini, qualunque sia il loro talento o condizione, sociale. Questa uguaglianza scaturisce dal fatto che Dio penetra in ogni condizione, onore o situazione sociale che possa differenziare in superficie l'uno dagli altri. Egli vede al di là di queste differenze Egli vede dentro di noi. Egli ci vede nella nostra unicità, ed è proprio quella unicità quella che Egli valuta. Noi possiamo definire questa uguaglianza come unicità. Dinanzi a Dio, noi abbiamo lo stesso valore nella nostra unicità, non perché siamo la stessa cosa, ma perché ognuno di noi è differente. Questo concetto è del tutto diverso da quello del moderno "progressismo" o dal concetto socialista di uguaglianza-identicità. La nozione cristiana non è una nozione di appiattimento. Tanto meno si compiace dell'uniformità.

Lungo la propria storia, il Cristianesimo così come il Giudaismo hanno prodotto società gerarchiche. Pur riconoscendo che tutti gli umani sono uguali in quanto ogni singolo individuo vive e agisce sotto il Giudizio di Dio, il Cristianesimo esalta anche le differenze che vi sono fra noi. Dio non ci ha fatti uguali in talenti, abilità, vocazione, mestiere, ricchezza, o grazia.

Uguaglianza-unicità non è la stessa cosa che uguaglianza-identicità. La prima riconosce il nostro diritto ad avere un'unica identità e dignità. La seconda appiattisce ciò che è unico nell'uniformità. "Così", i movimenti moderni come il Socialismo hanno deturpato l'originale impulso cristiano di uguaglianza. Così come il Cristianesimo, i movimenti socialisti moderni rifiutano la divisione stratificata di Platone dei cittadini in oro, argento e piombo. Ma la loro spinta materialistica li ha condotti ad appiattire le persone verso il basso, per piazzarli tutti allo stesso livello.

4. Compassione. È vero che virtualmente tutti i popoli si preoccupano di coloro che sono nel bisogno. Tuttavia, nella maggior parte delle tradizioni religiose, questi movimenti del cuore sono limitati a qualcuno della propria famiglia, stirpe o nazione. In alcune culture antiche, i giovani venivano addestrati ad essere duri e insensibili alla pietà, per poter essere sufficientemente crudeli con i nemici. Il Terrore era lo strumento utilizzato per tenere gli estranei lontano dal territorio della tribù. In principio (sebbene non sempre nella pratica), il Cristianesimo contrastò queste limitazioni, incoraggiando l'impulso di protendersi verso gli altri, in particolare verso il più vulnerabile, verso il povero, l'affamato, lo sventurato, verso coloro che sono in prigione, disperati, malati, e tutti quelli che soffrono. Insegnò agli uomini ad amare i propri nemici. Questa è la "solidarietà" che Rorty percepisce come necessaria per la modernità. In nome della compassione, il Cristianesimo cerca di umiliare il potente, e di fare che il ricco si preoccupi per il povero. Non si limita a distogliere l'uomo dall'ideale del guerriero, ma gli presenta come modello Cristo, perché divenga un nuovo tipo di uomo: il cavaliere che riconosce un codice di compassione, il gentiluomo. Insegna al guerriero che deve essere mite, umile, pacifico, benevolo e generoso. Introduce una nuova e feconda tensione fra il guerriero e il gentiluomo, fra la magnanimità e l'umiltà, fra la gentilezza e la fiera ambizione. Nietzsche contestava falsamente che il Cristianesimo portava alla femminilizzazione del maschio. Esso invece ha contribuito alla formazione dei gentiluomini.

5. Comunità universale, incarnala nella comunità (locale). Il Cristianesimo ha insegnato alle creature umane che alla base degli imperativi della storia vi sono la giustizia, la pace della comunità, e fra tutte le persone di buona volontà nell'intero pianeta. Questa fu l'impulso che mosse il Sacro Romano Impero, malgrado ingenuamente fosse concepito come Impero. Il Cristianesimo propose un nuovo ideale per la politica economica: l'intera stirpe umana come una famiglia universale, creata dallo stesso unico Dio, esortando ad amare quel Dio.

Inoltre, allo stesso modo, il Cristianesimo (come il Giudaismo prima di esso) è anche la religione di un particolare tipo di Dio. Non quel dio che guarda tutte le cose da una altezza olimpica, bensì il Dio di un popolo eletto e, nel caso del Cristianesimo, un Dio che si è incarnato. Il Dio cristiano fu portato nel grembo di una donna, in mezzo ad un popolo particolare, in una precisa intersezione di tempo e spazio, e allevato in una comunità locale praticamente sconosciuta agli altri popoli del pianeta. Il Cristianesimo è una religione del concreto e dell'universale. Attenta agli uomini, al particolare, al concreto, e ad ogni singola intersezione di spazio e tempo; il suo Dio è il Dio di quella «alba colorata che si prolunga» del poema di Gerard Manley Hopkins, della «prudenza» di San Tommaso d'Aquino, e del rispetto delle nationes dell'Università di Parigi. Il suo Dio è il Dio dei singoli, il Dio che divenne Egli stesso un uomo singolo. E allo stesso modo, il Dio cristiano è il Creatore di tutto.

Con Edmund Burke, il Cristianesimo vede il bisogno di porre la propria attenzione su ogni «piccolo gruppo» della società, su colui che ci è più vicino, sulla famiglia. In pari modo, il Cristianesimo dirige la propria attenzione verso le piccole comunità così come verso quelle più ampie. Il Cristianesimo vieta loro di essere soltanto parrocchiali o xenofobi, ma ammonisce anche contro il divenire indiscriminatamente universalisti, appartenenti a un solo mondo, gnostici che pretendono di essere puri spiriti distaccati da tutti i limiti concreti della carne. Il Cristianesimo ci istruisce circa il precario bilancio fra il concreto e l'universale nella nostra propria natura. Questo è il mistero della cattolicità. In questo senso, il Cristianesimo va oltre le concezioni contemporanee dell'«individualismo» e del «collettivismo».

6. «Io sono la Verità». La difesa dell'intelletto. La Verità è qualcosa di importante. Il Creatore di tutte le cose ha il totale discernimento di ogni cosa. Egli sa cosa Egli ha creato. Questo dà alla debole e modesta mente delle creature umane la vocazione di esercitarsi senza sosta, per poter addentrarsi nelle misteriose pieghe del l'intelligibilità che Iddio ha scritto nella Sua creazione. La meditazione su questo tema nel corso di diversi secoli, secondo Alfred North Whitehead, ha preparato il terreno alla scienza moderna. Ogni cosa nel creato è in principio comprensibile: in effetti, in ogni momento ogni cosa è capita da Lui che è eterno e allo stesso tempo simultaneamente presente in ogni cosa. (In Dio non vi è storia, né passato-presente-futuro. Nel Suo discernimento della realtà, tutte le cose sono come simultanee).

John Adams, il secondo presidente degli Stati Uniti, scrisse che nel darci una nozione di Dio come la Fonte di tutta la verità, e il Giudice di tutto, gli ebrei deposero al cospetto della razza umana la possibilità della civilizzazione. Dinanzi all'inequivocabile Giudizio di Dio, la Luce della Verità non può essere sviata dalle ricchezze, dall'abbondanza o dal potere temporale. Armati di questa convinzione, gli ebrei e i Cristiani sono in grado di impiegare il loro intelletto e di ricercare senza timore le cause delle cose, i loro rapporti, i loro poteri e i loro propositi. Questa comprensione della Verità rende liberi gli uomini. Il Cristianesimo non insegna che la Verità è un'illusione basata sulle opinioni di quelli che detengono il potere, o semplicemente una razionalizzazione degli interessi di potere in questo mondo. Il Cristianesimo non è disfattista, e di certo non è neanche totalitaristico. Il suo impegno per la Verità al di là dei propositi umani è, in effetti, una contestazione di tutti gli schemi totalitaristici e di tutti i cinismi nichilistici.

Per di più, nel porre la Verità (con la V maiuscola) in Dio, totalmente al di là dei nostri poveri poteri di comprensione, il Cristianesimo conferisce potere alla ragione umana. Lo fa invitandoci a usare le nostre teste nel miglior modo possibile, per discernere le evidenze che ci danno l'opportunità di avvicinarci alla Verità nel modo in cui le creature umane la possono raggiungere. Consente alle creature umane di avere coscienza della propria finitudine allo stesso tempo della propria partecipazione all'infinito.

La nozione di Verità è cruciale per la civiltà. Come Tommaso d'Aquino riteneva, la civiltà è costituita dal dialogo. Le persone civilizzate persuadono gli altri mediante argomenti. I barbari usavano la violenza per assoggettare gli altri. La civiltà richiede dei cittadini che riconoscano di non possedere la verità, ma di essere posseduti da essa, fin dove è possibile per loro. La Verità è molto importante, è più grande di ognuno di noi. Perciò, gli uomini devono imparare determinate condotte civilizzatrici come essere rispettosi e aperti verso gli altri, ascoltatori attenti, cercando di capire gli aspetti della Verità che ancora non hanno percepito. Perché la ricerca della Verità è vitale per ognuno di noi, gli uomini devono ragionare con gli altri, esortare gli altri ad andare avanti, rilevare le deficienze degli argomenti altrui, e aprire la strada verso una maggior partecipazione alla Verità per ognuno di noi. In questo contesto, la ricerca della Verità ci fa non soltanto umili ma anche civili. Ci insegna perché riteniamo che ogni persona ha una dignità inviolabile: perché ognuno è fatto a immagine del Creatore per attuare il nobile gesto della comprensione: riflettendo, scegliendo, amando. Queste nobili attività delle creature umane non possono essere represse senza reprimere con loro l'immagine di Dio. Ogni repressione è doppiamente peccaminosa. Essa viola l'altra persona, ed è un'offesa contro Dio.

Una delle ironie del nostro tempo è che la grande corrente filosofica dell'Illuminismo non crede più nella ragione. Gli illuministi hanno rinunciato alla loro fiducia nella vocazione della Ragione dei cinici, dei postmoderni e dei filosofi destrutturalisti (Socrate li definiva sofisti), ritengono che non vi sia Verità, che tutte le cose siano relative, e che le grandi realtà della vita sono il potere e l'interesse. Così arriviamo a un passaggio ironico. I figli dell'Illuminismo hanno abbandonato la Ragione, mentre quelli che loro consideravano non illuminati e viventi nel buio, i popoli di fede ebrea e cristiana, rimangono ancora come i migliori difensori della Ragione. I credenti ebrei e cristiani fondano la loro fiducia nella ragione nel Creatore di ogni ragione, e la loro fiducia nella comprensione in Uno che comprende ogni cosa Egli abbia fatto - e in più -, la ama. Non vi può essere civiltà della ragione (o dell'amore) senza fede nella vocazione della ragione.

7. Giudizio-Risurrezione. Il Cristianesimo insegna realisticamente non solo le glorie delle creature umane - se siano stati creati a immagine di Dio - ma anche i loro peccati, debolezze, e le loro tendenze al male. Il Giudaismo e il Cristianesimo non sono utopistici; cercano di capire gli uomini così come sono fatti, come Dio li vede con i loro peccati e con le virtù che Egli ha donato loro. Questa elevata consapevolezza del peccato è stata molto importante per i Padri fondatori americani. Il Cristianesimo insegna che in ogni momento il Dio che ci ha fatti giudica come agiamo nell'esercizio della nostra libertà. E la prima parola del Cristianesimo in questo contesto è: «Non temere. Non aver paura». Il Cristianesimo insegna che la Verità è ordinata alla misericordia. La Verità non è, grazie a Dio, ordinata prima di tutto alla giustizia. Se la Verità fosse ordinata alla giustizia in senso stretto, nessuno di noi sarebbe salvo. Dio è giusto, sì, ma il miglior nome per Lui non è giustizia, ma misericordia. (La radice latina di questa parola fornisce l'idea con maggior chiarezza: Misericordia deriva da miseriscor dare il proprio cuore ai miserabili, agli infelici). Questo nome di Dio, Misericordia, secondo San Tommaso d'Aquino è il nome che più si addice a Dio. Dinanzi alla nostra miseria, Egli apre il Suo cuore. Charles Pèguy scrisse: «Nel cuore del Cristianesimo c'è il peccatore».

Il giorno del Giudizio è la Verità sulla quale è fondata la civiltà. A prescindere dalle correnti di opinione del nostro tempo o di ogni tempo; o da cosa possano fare o dire i potenti e i governanti; dalle forti pressioni che riceviamo dalle nostre famiglie, dagli amici e dalla cultura; così come a prescindere da qualunque condizionamento, noi saremo sottoposti al Giudizio di Uno che è infallibile, che conosce ciò che c'è in noi, e conosce i moti delle nostre anime con molta più chiarezza di quanto possiamo conoscere noi stessi. Nella Sua Luce, siamo chiamati a osservare l'onestà nelle nostre vite, e il nostro rispetto verso la Luce che Dio ha impresso in ogni vita umana. Su queste basi le creature umane possono asserire di avere diritti inalienabili, dignità, e valore infinito. Questi sette contributi sono alla radice della civiltà Giudeo-Cristiana, quella che oggi viene chiamata genericamente "civiltà occidentale".

Da essi sono derivate le nostre più profonde nozioni di verità, libertà, compassione, progresso e giustizia. Queste sono le energie più potenti che fermentano la nostra cultura, come il lievito fermenta l'impasto, come un seme che cade sulla terra e morendo diventa poi un rigoglioso albero che distende i suoi rami.

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