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Assemblea Interreligiosa

Messaggio di riconciliazione nello spirito del Giubileo

Massimo Aquili

Cinque bracieri ardenti, quanti sono i continenti, accesi da rappresentanti di ciascun angolo della Terra. Ha preso inizio così la cerimonia conclusiva dell’Assemblea interreligiosa che ha riunito in Vaticano dal 25 al 28 ottobre 230 rappresentanti di circa venti religioni e tradizioni religiose. Il fuoco, simbolo dello spirito che non conosce barriere, esprime la volontà che il messaggio di speranza, di pace e di giustizia, dell’incontro giubilare “Alle soglie del terzo millennio la collaborazione tra le diverse religioni” arrivi ovunque.

Il Papa, nel discorso durante la cerimonia del 28 ottobre, ha ribadito che l‘obiettivo principale oggi è promuovere “la cultura del dialogo”. I punti in comune sono sottolineati dall’Appello finale lanciato dall’Assemblea, letto in piazza San Pietro e firmato da tutti i rappresentanti delle diverse religioni. Ai leader del mondo, capi di stato o religiosi, si chiede di non permettere che la religione sia usata per incitare all’odio e alla violenza oppure per giustificare le discriminazioni; di rispettare il ruolo della religione nella società a livello nazionale ed internazionale; di sradicare la povertà e combattere per una giustizia sociale ed economica.  All’educazione, che nasce dalla famiglia e dalla scuola il compito di formare alla reciproca comprensione, cooperazione e rispetto.  All’appello seguirà nei giorni seguenti una relazione più ampia e corale sui lavori dell’Assemblea.

Fuori del Calendario ufficiale dell’Anno Santo, l’Assemblea interreligiosa di Roma è stata senz’altro la prima tappa del Giubileo. Nasce dallo spirito conciliare che permea tutto l’Anno Santo 2000.  E’ nella Tertio Millennio adveniente che Giovanni Paolo II ha indicato il 1999 come un anno da dedicare, tra l’altro, all’incontro con le religioni non cristiane, un “impegno ineludibile”, che si è concretizzato nell’Assemblea di ottobre, direttamente ispirata alla Giornata di Preghiera per la Pace di Assisi del 1986.

E forse il momento più importante della giornata conclusiva è stato quello che è avvenuto lontano della telecamere, che hanno ripreso in diretta la cerimonia. Quando ognuno dei 230 rappresentanti si è riunito in un luogo vicino a San Pietro per pregare per la pace e la giustizia. Non si è pregato “insieme”, ma allo stesso tempo sì. E davvero vicini. Nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, a due passi dalla Basilica vaticana, mentre i cristiani pregavano nella navata centrale, gli ebrei erano nella sala parrocchiale, e in un’altra stanza i Confuciani. Poco più in là,  verso Castel Sant’Angelo, i Musulmani pregavano nella Sala della Radio Vaticana. Dall’altro lato di via della Conciliazione, a Borgo Santo Spirito gli Indù hanno trovato ospitalità per la preghiera nel salone dei Gesuiti, e i Baha’i nella Sala Congressi della Congregazione.

Nei giorni precedenti, l’Assemblea ha alternato momenti in Aula del Sinodo ad altri in cui i partecipanti si sono divisi in circoli minori ciascuno dei quali presieduto da rappresentanti di diverse religioni. Ha aperto l’Assemblea, il 25 ottobre, l’intervento del cardinale Francis Arinze, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che ha promosso e organizzato l’evento. A fronte delle sfide del terzo millennio, il cardinale ha chiamato all’unità: “Se le diverse religioni non agiscono in modo decisivo e insieme corrono il pericolo di marginalizzarsi nella società, ponendosi obiettivi che interessano lo studio del passato, invece di essere forze rilevanti e dinamiche che agiscono per il presente ed il futuro”.

"Il compito è urgente. Siamo qui – ha detto la giornalista cattolica della Malesia, Theresa Ee-Chooi, nella relazione al centro della discussione dell’Assemblea -, perché siamo interessati a quello che sta avvenendo nel mondo. Il mondo è composto da un'unica umanità, ma l'umanità è divisa dall'odio, dalle guerre, dai conflitti interreligiosi, dalle pulizie etniche, dal razzismo. Un'umanità divisa tra molto ricchi e molto poveri; tra coloro che vivono nell'abbondanza… e coloro che non hanno nulla, che soffrono la fame e non hanno un tetto per ripararsi. Un'umanità divisa tra potenti e deboli". Secondo Theresa Ee-Chooi, "uno dei compiti della religione è quello di sperimentare e suggerire strade alternative", offrire "una visione più profonda della vita" e rivolgere "uno sguardo positivo alla situazione per poter dare speranza, incoraggiamento e forse anche indicare una direzione da seguire". "Facciamo in modo – ha detto la giornalista rivolgendosi ai delegati dell'Assemblea – che le generazioni future non debbano dire che parliamo troppo e agiamo troppo poco; che pensiamo troppo a lungo e troppo tardi. Il compito è urgente. Dobbiamo lavorare insieme contro i mali che minacciano il bene dei nostri popoli… La nostra voce deve essere udita forte e chiara. Bando alle esitazioni e alle ambiguità. Vogliamo il cambiamento. Possiamo cambiare il mondo. Insieme e soltanto insieme, possiamo farlo".

I gruppi di lavoro hanno espresso il loro consenso alla relazione della signora Ee-choi.

"Il mondo vive su un pericoloso arsenale di armi che possono esplodere da un momento all'altro. Solo le religioni possono salvare l'uomo dalla catastrofe". Le ha fatto eco uno dei capi-gruppo,  Kamel Al-Sharif, segretario generale del Consiglio islamico internazionale. Secondo l'esponente musulmano, i diversi credo hanno infatti "molti punti in comune: l'amore per la fede e l'amore per la giustizia. E' – ha proseguito Al-Sharif – un'eredità comune che le religioni devono promuovere insieme. Esse possono svolgere un ruolo molto importante nel mondo attuale perché vivono nel più profondo dello spirito dell'uomo". "Il cammino – ha concluso Al-Sharif – è lungo e pieno di ostacoli. Ma bisogna continuare perché non c'è altra via per l'umanità se non quella della pace". E Mbula Bahemuka, cattolica, docente di sociologia all'università di Nairobi (Kenya) ha sottolineato la necessità di "conoscere l'identità dell'altro per apprezzarlo nella sua ricchezza".  "E' vero – ha concluso Mbula Bahemuka – che abbiamo fatto degli errori. Per questo è necessario riconoscerli e chiedere perdono per continuare il dialogo nella chiarezza".

Lo spirito di Assisi ha caratterizzato l’Assemblea. Lo si è potuto cogliere nel concerto che si è tenuto la sera del 26 nell’Aula Paolo VI, una serata musicale dedicata a ritmi e sonorità sacre dei popoli della terra. Protagonista il gruppo Genrosso, ma anche gruppi musicali espressione delle diverse religioni. Tra il pubblico, donne di religione musulmana avvolte nei coloratissimi abiti tradizionali, uomini con il classico copricapo arabo, o con quello tipico della religione ebraica,  ma anche monaci del buddismo tibetano, del giainismo e delle religioni tradizionali dell’india. Come ha sottolineato Mons. Michael Fitzgerald, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, infatti, il confronto tra le religioni non si sviluppa soltanto attraverso i temi che interessano direttamente le diverse fedi, ma anche attraverso il linguaggio universale, della musica, del canto, dell’arte e della danza.

Il giorno dopo, mercoledì 27, i delegati si sono trasferiti ad Assisi dove sono stati accolti dalla comunità francescana. “San Francesco piace a tutti” ama ripetere il cardinale Arinze ricordando che mercoledì 27 è stato il giorno dell’anniversario della storica iniziativa interreligiosa del Santo Padre: la Giornata della Pace del 1986. Ricordando Assisi, i rappresentanti delle altre religioni hanno voluto sottolineare che in molti altri paesi si tengono assemblee per il dialogo e la collaborazione tra le diverse religioni. A volte avvengono lontane da media. E’ un capitale misconosciuto al servizio della giustizia e della pace.

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