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Biblioteca 

La nostra “biblioteca” si arricchisce stavolta di due volumi sulla storia del primo anno santo e dei pellegrinaggi. Seguiti da altri libri sugli aspetti più importanti della teologia e della simbologia giubilari. In particolare, parliamo del ruolo di Maria nell’anno santo, della virtù della carità, della giustizia e del martirio. 

Il saggio “Il giubileo di Bonifacio VIII”, scritto dall’insigne medievalista Arsenio Frugoni, uscì su una rivista specializzata in occasione dell’ormai lontano giubileo del 1950. Accolto con grande favore dagli storici, è considerato tuttora un’opera pressoché definitiva per l’accurato vaglio delle fonti, la profondità dell’analisi e la chiarezza dell’esposizione. Spaziante dalle origini popolari e dall’istituzionalizzazione del primo giubileo, alla cronaca minuta del suo svolgimento, fino alla descrizione delle più intime aspirazioni di quanti vi presero parte. Tanto che gli Editori Laterza lo hanno opportunamente ristampato in un’agile volume (1999, pp. 185, Lit. 26.000), curato da Amedeo De Vincentiis. Cui dobbiamo l’aggiornamento della bibliografia, la revisione delle note, la compilazione di un indice dei nomi e dei luoghi e la redazione di un’appendice biografica sulla figura e gli studi del Frugoni. 

Genoveffa Palumbo, docente all’Istituto universitario orientale di Napoli, ha invece analizzato gli anni santi osservandoli dal punto di vista dei pellegrini e dei pellegrinaggi. Il suo ampio volume “Giubileo giubilei. Pellegrini e pellegrine, riti, santi, immagini per una storia dei sacri itinerari” (Rai-Eri, 1999, pp. 638, Lit. 46.000) ricostruisce lo spazio, sacro e profano, entro il quale si muovevano i pellegrini, uomini e donne, descrive le loro mète principali, le reliquie ed i santi protettori del viaggio. Confrontando il pellegrinaggio giubilare con altri pellegrinaggi, sia cristiani, sia ebraici ed islamici.

Una bella raccolta di illustrazioni completa il discorso dell’autrice. Prezioso per comprendere tanto le analogie e le differenze del “nostro” pellegrinaggio con quello degli altri, quanto gli aspetti più antichi ed originali della religiosità popolare dell’anno santo sopravvisuti fino a noi o perduti nello scorrere dei secoli. 

I “Testi di Meditazione” della collana “I Libri del Giubileo”, pubblicata dalle Edizioni San Paolo, si sono arricchiti di altri tre utili volumi: Mons. Rino Fisichella, vicepresidente della commissione teologico-storica del Grande Giubileo dell’Anno Duemila, ha scritto “I segni del Giubileo. Il pellegrinaggio, la città di Pietro e Paolo, la Porta Santa, la professione di fede, la carità, l’indulgenza” (1999, pp. 135, Lit. 16.000). Una vera e propria guida ai simboli più noti, ma non sempre rettamente compresi, dell’anno santo. Che, in quanto realtà d’ordine religioso e spirituale, non si spiega solo con le parole, ma ha bisogno di una rete di segni dell’invisibile, capaci di rinviare alla dimensione soprannaturale della grazia divina del perdono e della misericordia.

Un aspetto del giubileo cattolico che talora ha dato luogo a qualche fraintendimento, specialmente nel dialogo ecumenico con i cristiani d’altre confessioni, è il ruolo svoltovi dalla Vergine Maria. Apparentemente estranea all’anno santo (e in particolare a questo Giubileo, incentrato sulla Trinità), ma di fatto guida ed esempio sulla via dell’incontro con il Signore, come ha indicato Giovanni Paolo II nella TMA. In “La via mariana alla Porta Santa” (1999, pp.101, Lit. 14.000) il mariologo Corrado Maggioni, a partire da questa definizione del Papa, traccia una pista mariana di meditazione giubilare. Tale itinerario, preceduto da note storiche sull’evoluzione della pietà verso la Madre del Signore, aiuta il lettore ad aprirsi a Dio, alla Chiesa e a Gesù.

Dal Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” (l’organismo vaticano che si occupa della gestione della carità del Papa), Mons. Paul Josef Cordes, ci arriva poi una bella riflessione sulla carità. “Ci ha amati per primo. Le radici dimenticate della carità” (1999, pp. 164, Lit. 20.000) è un libro che spiega bene la differenza tra le tante forme di filantropia praticate nel mondo di oggi e l’autentica carità cristiana. Virtù che non consiste solo nel dare qualcosa a qualcuno, ma in uno spendersi a beneficio dell’altro per amore di Dio. Giacché un cristiano non può testimoniare altrimenti il suo amore per il Signore che attraverso l’amore per l’uomo. E trae la forza di amare l’uomo, se necessario fino alle estreme conseguenze, sapendo, a sua volta, di essere amato da Dio. 

Strettamente connessa alla carità è la testimonianza del martirio, tornata drammaticamente attuale nella Chiesa contemporanea e più volte ricordata dal Papa proprio a proposito del Giubileo. Il teologo italiano Giampiero Bof parla del martirio, collegandolo al concetto di giustizia, nel libro “Il martire oggi. Per una teologia della giustizia” (Paoline, 1999, pp.318, Lit. 28.000).

Il volume esamina teologicamente i progressi e le smentite della giustizia verificatesi lungo la storia. Ed il martirio entra in scena appunto ai nostri giorni. Quando, a causa del dilagare di una giustizia contingente e particolarista, vittima del ristretto orizzonte materialistico dell’umanità preda del relativismo, l’offerta della vita diventa un criterio di verità: l’affermazione che si può parlare di vera giustizia solo quando per essa si sia disposti a morire. Lungi dal cadere vittima di un mondo che lo rifiuta, il martire esprime allora un gesto di radicale contestazione di un’esistente struttura di peccato, testimoniando concretamente come dovrebbe essere, altrimenti, il mondo, per risultare davvero vivibile ed umano. 

Dario Busolini

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