The Holy See - Vatican web site
Jubilee 2000 Search
back
riga


GIUBILEO: TEMI E PROSPETTIVE

IL GIUBILEO È UN "APPELLO" ALLA QUESTIONE DEL DEBITO

Diarmuid Martin

«Per certi paesi in via di sviluppo, l'ammontare dei debiti contratti, e soprattutto i rimborsi richiesti ogni anno, sono a un livello tale, rispetto alle loro risorse finanziarie disponibili, che essi non possono farvi fronte se non a prezzo di gravi danni per le loro economie e per i livelli di vita delle loro popolazioni, soprattutto quelle più povere. Questa situazione critica è aggravata da circostanze esterne... La solidarietà internazionale conduce a prendere delle misure di urgenza per assicurare la sopravvivenza di questi paesi».

«Il pagamento del debito [internazionale] non può essere ottenuto al prezzo del fallimento dell'economia di un paese e nessun governo può moralmente esigere da un popolo delle privazioni incompatibili con la dignità della persona».

Sono due brani tratti dal documento dell'allora Pontificia Commissione Iustitia et Pax sulla questione del debito internazionale, pubblicato già oltre 10 anni fa, il 27 dicembre 1986. Il documento, che si presentava come «un approccio etico», si caratterizzava per la scelta di due direttrici:

  • la soluzione del problema del debito è questione urgente;
  • la soluzione del problema si trova solamente nel contesto della solidarietà dei paesi ricchi e poveri, e della comunità internazionale per le responsabilità dell'avvenire.

A oltre dieci anni dalla pubblicazione del documento, il problema del debito internazionale permane ancora grave, soprattutto per i paesi più poveri. Costruire poi una rinnovata solidarietà rimane ancora oggi la sfida più urgente della famiglia delle nazioni e delle sue istituzioni. Solo qualche settimana fa, in occasione della riunione dei governatori della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, il Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha lanciato un pressante appello per una rapida soluzione del problema:

«Sulla questione del debito internazionale, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato dieci anni or sono un suo documento. Sempre di più, le Istituzioni finanziarie internazionali riconoscono che il peso del debito sui paesi più poveri costituisce un ostacolo al loro sviluppo economico e provoca conseguenze sociali disastrose. Accogliamo con soddisfazione questa presa di coscienza. Di fronte all'urgenza del problema, si tratta ora di trarne le conseguenze pratiche, in vista di una rapida applicazione dei nuovi termini della riduzione del debito nei confronti di un maggior numero possibile di paesi. Sono i poveri che pagano i costi dell'indecisione e dei ritardi.

Nello spirito dell'appello del Santo Padre contenuto nella Tertio Millennio Adveniente (n. 51), confido nei responsabili delle Istituzioni finanziarie internazionali affinché prendano iniziative rapide e coraggiose. Per ciò fare, queste istituzioni hanno tuttavia bisogno che i paesi più ricchi e le economie più forti manifestino una volontà politica più netta e che forniscano un durevole appoggio a queste iniziative. Non ci può essere una vera globalizzazione senza un rinnovato senso di solidarietà internazionale».

Questo rinnovato appello, come si può notare, fa riferimento diretto a quello del Santo Padre contenuto nell'Esortazione Apostolica Tertio Millennio Adveniente: «Nello spirito del libro del Levitico (25, 8-28), i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni» (n.51).

La richiesta di condono del debito da parte del Papa si inserisce così nel contesto della celebrazione del Grande Giubileo dell'Anno 2000 nello spirito del Giubileo biblico, che viene illustrato nella stessa Lettera del Papa: «L'anno giubilare doveva restituire l'eguaglianza tra tutti i figli d'Israele, schiudendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale. Ai ricchi invece l'anno giubilare ricordava che sarebbe venuto il tempo in cui gli schiavi israeliti, divenuti nuovamente uguali a loro, avrebbero potuto rivendicare i loro diritti. La giustizia, secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella protezione dei deboli» (n.13).

Celebrare il Giubileo cristiano comporta, dunque, una seria riflessione sui principi del bene comune e sulla destinazione universale dei beni. Afferma il Santo Padre Giovanni Paolo II che «nella sua Provvidenza Dio aveva donato la terra agli uomini, ciò stava a significare che l'aveva donata a tutti. Perciò le ricchezze della creazione erano da considerarsi come un bene comune dell'intera umanità. Chi possedeva questi beni come sua proprietà, ne era in verità soltanto un amministratore, cioè un ministro tenuto ad operare in nome di Dio, unico proprietario in senso pieno, essendo volontà di Dio che i beni creati servissero a tutti in modo giusto. L'anno giubilare doveva servire proprio al ripristino anche di questa giustizia sociale» (n.13). Il Papa conclude: «Si deve anzi dire che l'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione del Giubileo»(n.51).

Non si può dunque celebrare il Giubileo senza impegnarsi per la giustizia e per la pace. Non si può celebrare il Giubileo senza essere preoccupati per le grandi disuguaglianze che esistono nel nostro mondo. La questione del debito va infatti collocata in questo contesto di diseguaglianze. Lo spirito del Giubileo ci obbliga a cercare di alleviare o togliere il peso del debito per ristabilire un rapporto di maggior equità tra le nazioni, per permettere ai paesi più poveri di avere equo accesso a tutte le ricchezze materiali e spirituali che appartengono alla «famiglia delle nazioni».

La questione del debito è, indubbiamente, solo un aspetto del più vasto problema di come costruire la solidarietà tra le nazioni. Ma il farsene carico, con opportune e coraggiose iniziative, riveste una valenza simbolica quale espressione della volontà delle nazioni più ricche di voler procedere sulla via della solidarietà.

In questa prospettiva, si riconosce il significato particolare della recente iniziativa della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale di ridurre notevolmente il debito per alcuni tra i paesi più poveri e fortemente indebitati (HIPC). Pur essendo una iniziativa limitata nella sua estensione, essa costituisce un importante passo in avanti, in quanto riconosce il fatto che almeno per i paesi più poveri un condono del debito risulta essere una necessità economica ed un dovere morale. E' un passo in avanti in quanto dimostra che è possibile delineare un programma che affronti globalmente i diversi debiti dei paesi poveri e trovare delle modalità per il finanziamento. Il merito va ai responsabili dell'iniziativa.

Nel suo appello del mese scorso, il Cardinale Etchegaray aveva chiesto una applicazione più tempestiva e estesa dell'iniziativa. Risulta incoraggiante apprendere ora che dalla riunione di Hong Kong giunge la notizia che, entro l'anno in corso, almeno sei paesi entreranno nel processo. La situazione di alcuni altri paesi è allo studio. Ad Hong Kong, inoltre, più di un governo lanciava un appello affinché l'iniziativa sia applicata con maggiore flessibilità con l'assicurazione che tutti i paesi eleggibili possano beneficiarne entro l'anno 2000.

A nome del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della Commissione Sociale del Grande Giubileo dell'Anno 2000 rilancio l'appello ad attivare iniziative più incisive in vista di risolvere il problema del debito dei paesi più poveri. È l'appello del Papa. È l'appello di alcuni governi. Ma è anche un appello popolare che viene da tanti gruppi e movimenti sensibili alla sofferenza dei paesi più poveri. Si chiede che la comunità internazionale guardi, nello spirto del Giubileo biblico, all'anno 2000 come l'anno di incisive iniziative per la risoluzione definitiva della questione del debito.

Questo appello è diretto alle Istituzioni Finanziarie Internazionali. Auguriamoci che la buona volontà espressa con l'iniziativa HIPC e l'esperienza che si acquisirà nella sua applicazione possano servire ad estendere le iniziative necessarie a tutti i paesi dove si riconosce che il debito è insostenibile, soprattutto in termini di sostenibilità sociale. L'appello va ai governi dei paesi più forti del mondo, soprattutto a quelli del G7. Il titolo di «le economie più potenti del mondo» che questi paesi rivendicano porta con sé responsabilità maggiori verso le economie più deboli.

L'appello va ai cittadini dei paesi ricchi affinché non si arrendano alle politiche di isolazionismo e di protezionismo, ma diventino fonte di promozione in ogni società dello spirito di solidarietà. Tali cittadini dovrebbero poi verificare il sostegno che i loro governi offrono ai progetti della comunità internazionale per risolvere il problema del debito. Il fatto che uno solo dei paesi del G7 abbia contribuito al Trust Fund del HIPC non è forse un'indicazione preoccupante del livello di quel sostegno?

L'appello va anche ai paesi poveri. Ai loro governi è affidata la responsabilità del futuro delle loro popolazioni. Su di essi ricade la responsabilità di una diversa gestione dell'economia e della preoccupazione per i più deboli. Nella ricerca di soluzioni sostenibili essi devono far in modo che ogni utile ricavo proveniente dalla riduzione del peso del debito del passato, sia destinato a beneficio dei cittadini, soprattutto che sia investito a favore dei giovani, ragazzi e ragazze, offrendo loro una base più sicura per la loro partecipazione al futuro.

L'appello va al cosiddetto «settore privato», alle banche, all'industria. Si tratta del settore che forse ha le maggiori opportunità di guadagno dal nuovo assetto globale dell'economia. Da parte sua deve trovare la maniera, attraverso l'investimento, e attraverso la condivisione di conoscenze e tecnologie di portare il suo contributo allo sviluppo e alla crescita dei paesi più poveri. Con la solidarietà di tutti si potranno trovare le soluzioni tecniche per risolvere il problema del debito internazionale, e far in modo che tale situazione non si ripeta, ma che i rapporti tra le nazioni diventino può equi ed armoniosi nel rispetto della dignità di ogni persona.

top