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I segni dell’apertura giubilare

Corrado Maggioni

Il Natale

Se l’apertura del Giubileo nella festività del Natale è storicamente legata alla consuetudine romana, vigente al tempo di Bonifacio VIII nel 1300, di iniziare l’anno nuovo col 25 dicembre, non deve sfuggire la connotazione teologica di tale scelta: fin dall’antichità, infatti, la liturgia natalizia celebra la nascita di Cristo quale rinascita dell’uomo (cf san Leone Magno). In quest’ottica, che rischiara ancora oggi la celebrazione del Natale del Signore, diventa eloquente inaugurare l’anno giubilare il 25 dicembre: l’ingresso “visibile” di Dio nella condizione mortale dei figli dell’uomo apre ad essi la porta d’accesso alla vita di figli di Dio, secondo l’annuncio del prologo di san Giovanni (cf TMA 3). Così si esprime sant’Agostino in un’omelia natalizia: “Celebriamo con gioia l’avvento della nostra salvezza e della nostra redenzione. Celebriamo il giorno festoso in cui il grande ed eterno giorno venne dal grande ed eterno giorno in questo nostro giorno temporaneo così breve” (Discorso 185, 2: Ufficio delle letture al 24 dicembre).

Mentre annuncia il Dio con e per noi, il linguaggio liturgico del Natale chiama l’uomo a vivere per e con Dio: il giorno dell’ingresso di Dio nel mondo degli uomini risplende quale giorno dell’ingresso dell’uomo nel mondo di Dio. E’ quanto posto in risalto dalla ritualità dell’apertura del Giubileo nella solennità del Natale, attraverso segni, parole, azioni, luoghi: “Il tempo del Natale sarà così il cuore pulsante dell’Anno Santo, che immetterà nella vita della Chiesa l’abbondanza dei doni dello Spirito” (IM 6).

La “statio”

E’ la riunione del popolo di Dio in una chiesa, da cui processionalmente dirigersi verso la cattedrale per la celebrazione dell’Eucaristia. Il convenire in uno stesso luogo, sotto la presidenza del vescovo, è azione che manifesta in modo eccellente il mistero della Chiesa.

Dopo il canto, la celebrazione si apre con la benedizione della Ss.ma Trinità pronunciata dal vescovo e dall’assemblea, in linea con l’indicazione dell’esordio della Bolla papale: “Mai come in questo momento sentiamo di dover far nostro il canto di lode e di ringraziamento dell’Apostolo: Benedetto sia Dio…” (IM 1).             L’orazione rivolta al Padre che, con l’invio del suo Figlio nel mondo, ha segnato l’inizio del tempo nuovo, colmo della gioia dello Spirito, è seguita dalla proclamazione del vangelo di  Lc 4,14-21: le parole pronunziate da Gesù nella sinagoga di Nazaret rischiarano il significato “cristiano” del Giubileo anticotestamentario; non è soltanto l’annuncio di un ristabilimento dell’equilibrio in situazioni terrene (libertà degli schiavi, cancellazione dei debiti, restituzione di beni perduti), bensì del rinnovamento dell’equilibrio interiore e costitutivo della persona di fronte a se stessa, al prossimo, a Dio. Come l’annuncio della buona notizia di Gesù a Nazaret riguarda tutto il suo ministero salvifico, così la proclamazione di questo vangelo oltrepassa il giorno inaugurale del Grande Giubileo, per dilatarsi all’intero Anno Santo. A sottolinearne l’impegno, un lettore legge alcuni paragrafi della Bolla Incarnationis Mysterium (sono suggeriti ad es. i nn. 1.2.6.14).

La processione

Il cammino verso la cattedrale esprime l'itinerario di conversione dell'animo, nel desiderio dell’incontro festoso col Signore nel suo santo tempio.

Chi apre il cammino è Gesù Cristo. Ritualmente ciò è rimarcato dal fatto che la processione è aperta dalla Croce ornata a festa e dal Libro dei Vangeli portato dal diacono, seguito dal vescovo con i presbiteri e i fedeli. Seguire la Croce di Cristo è percorrere la via e attraversare la porta che immette nella salvezza; mettere in pratica il Vangelo di Cristo è la via e la porta per giungere alla comunione con Dio. Alla luce della presenza del vescovo, inoltre, il pensiero va all’immagine del Cristo Buon Pastore, che guida il suo gregge alle sorgenti della vita col vincastro della Croce e la parola suadente del Vangelo (si veda il mosaico del Buon Pastore nel mausoleo di Galla Placidia, a Ravenna, scelto come icona d’apertura del volume Pellegrini in Preghiera, Mondadori, preparato dal Comitato Centrale per aiutare l’esperienza di preghiera dei pellegrini giubilari).

Durante la processione si cantano le litanie dei Santi: il passo dei pellegrini è sostenuto dall'esempio e dalle preghiere di questi amici di Dio e degli uomini, indicatori luminosi del percorso da seguire per giungere alla gioia della comunione con Dio e col prossimo. Sono proposti anche dei Salmi che esprimono la corale acclamazione al Signore, meta dell'itinerario di conversione, traguardo che colma di gioia.

La cattedrale

Il rito esclude che la celebrazione inaugurale avvenga in altre chiese della diocesi (eccetto la concattedrale dove esiste). La cattedrale è, infatti, il luogo significativo di raccolta orante della comunità diocesana attorno al successore degli Apostoli, visibilizzando così il mistero della porzione di Chiesa che vive in un dato territorio.

Si chiede che venga debitamente valorizzata la sosta davanti alla porta principale della cattedrale, aperta e convenientemente ornata con rami frondosi e simboli cristologici (poiché la “porta santa” è propria delle basiliche patriarcali di Roma, “nelle cattedrali non si può procedere a un rito di “apertura della porta santa”, semplicemente perché esso costituirebbe un falso”: Introduzione, n. 12). Prima di varcare la soglia, il vescovo mostra l'Evangeliario, verso l'esterno e poi verso l'interno della cattedrale, mentre si esegue un canto adatto.

L’ingresso processionale in cattedrale è il segno specifico dell’inaugurazione dell’anno giubilare. La sequenza rituale prevede che, al canto dell’antifona natalizia, il vescovo stesso rechi processionalmente l’Evangeliario, attraverso la navata, fino all’altare. A significare l’estensione della grazia salvifica fluente dalla Parola del Signore a ogni giorno dell’anno giubilare, l’Evangeliario viene quindi collocato in luogo adatto, dove resterà esposto per tutto l’Anno Santo.

Quale eco del Vangelo recato agli uomini da Gesù Cristo, viene quindi cantata la Proclamazione del Grande Giubileo, conclusa dall’inno del “Gloria”. Il testo si compone di cinque strofe, intercalate dai versetti del Sal 100, il cui esordio invita a interiorizzare lo spirito del Giubileo: “Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza”. Il testo del Salmo dà voce agli atteggiamenti interiori richiesti dalla celebrazione giubilare: il senso del gioioso presentarsi comune davanti al Signore; il riconoscere che egli è il nostro Dio e noi siamo suoi; il varcare le sue porte con canti di lode e di benedizione; perché eterna è la sua misericordia e la sua fedeltà per tutte le generazioni.  

Conformemente alle indicazioni della Bolla papale (cf IM 6), l’Eucaristia costituisce l’espressione più chiara e pregnante sia dell’apertura che del senso del Grande Giubileo. Già nella Lettera preparatoria all’Anno Santo il Papa aveva richiamato che: “Il Duemila sarà un anno intensamente eucaristico; nel sacramento dell’Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all’umanità come sorgente di vita divina (TMA 55). E di nuovo nella Bolla Incarnationis Mysterium ribadisce il nesso tra il mistero di Betlemme, culminato nella Pasqua di morte e risurrezione, e il mistero dell’Eucaristia: “Da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all’adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli. Che attraverso l’umiltà della Sposa possa risplendere ancora di più la gloria e la forza dell’Eucaristia, che essa celebra e conserva nel suo seno. Nel segno del pane e del Vino consacrati, cristo Gesù risorto e glorificato, luce delle genti (cf Lc 2,32), rivela la continuità della sua Incarnazione. Egli rimane vivo e vero in mezzo a noi per nutrire i credenti con il suo Corpo e il suo Sangue” (IM 11).

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