GESÙ «EVANGELIZZATORE»
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GESÙ «EVANGELIZZATORE»

È stata un'intuizione profetica l'aver scelto come motto del prossimo Giubileo l'espressione della Lettera agli Ebrei: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre». Mai come in questi anni di preparazione essa rivestirà la sua nota di piena attualità e provocazione alla fede. Nella mente dell'autore sacro, l'espressione voleva indicare due caratteristiche proprie della fede: la stabilità e il dinamismo. Con la prima, si esprime il fondamento della fede stessa che è Cristo, il quale non cambia e rimane sempre «lo stesso», come nel giorno in cui siamo divenuti credenti; con la seconda, si fissa lo sguardo sul compimento U0quando lo vedremo, finalmente, così come egli è.

Gesù Cristo è il Figlio di Dio che si fa uomo ed entra nella storia. Il messaggio che porta è, per questo, definitivo e resterà per sempre; esso, comunque, è posto all'interno del tempo che per sua natura tende verso la pienezza. Ci si incontra in questo modo con un contenuto che deve perennemente crescere, incontrare tutti in ogni luogo e raggiungere ognuno nel più profondo permettendo che la U4Parola di Dio parli al cuore.

Ribadiva questo scenario il Papa, nella celebrazione dei Primi Vespri di Avvento con cui ha voluto aprire ufficialmente il periodo di preparazione al Giubileo, quando diceva: «Facendosi uomo, il Figlio di Dio, il Verbo consustanziale al Padre, ha preso possesso del nostro tempo, in ogni sua dimensione e lo ha aperto all'eternità. L'eternità, infatti, è la dimensione propria di Dio. Facendosi uomo, il Figlio di Dio ha abbracciato con la sua umanità il tempo umano, per guidare l'uomo attraverso tutte le misure di questo tempo verso l'eternità e per condurlo alla partecipazione della vita divina, vera eredità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

L'ingresso del mistero nel tempo e nella storia era già avvenuto in precedenza; Dio, infatti, sempre per usare l'espressione della Lettera agli Ebrei, «aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri». Lo aveva fatto, tuttavia, facendo udire la sua voce attraverso la mediazione dei profeti. Nel suo Figlio che si fa uomo, tutto cambia nel rapporto tra Dio e l'umanità. Per usare una felice e vera espressione di Gaudium et Spes, «Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con la mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo». È questo mistero che la fede celebra, che annuncia e di cui desidera avere un'intelligenza sempre più profonda.

Fin dai testi neotestamentari, la Chiesa ha fatto la sua professione di fede attribuendo a Gesù dei «titoli» mediante i quali desiderava esplicitare alcune caratteristiche del suo mistero. È per questo che Gesù viene chiamato «Cristo», un'espressione che agli inizi indicava solo l'«unto di Dio», il compimento delle promesse e che, progressivamente, è diventato il nome proprio di Gesù. Alla stessa stregua, ci si incontra con i titoli «Signore», «Figlio di Dio», «Maestro», «Figlio dell'uomo», «Sapienza»... Un'antica tradizione che risale al VII secolo è stata capace di individuare all'interno dei testi sacri ben 187 titoli applicati a Gesù. Ognuno di questi esprime qualcosa del suo mistero, anche se la loro somma non potrà mai esaurirne il mistero. Essi testimoniano la fede che vuole entrare nel mistero, ma preservandolo senza imprigionarlo all'interno degli schemi umani.

È con gioia e soddisfazione che abbiamo trovato al n. 40 della lettera Tertio Millennio adveniente un nuovo titolo applicato a Gesù: «Evangelizzatore». Scrive il Santo Padre: «Tra i contenuti cristologici prospettati nel Concistoro, emergono i seguenti: la riscoperta di Cristo Salvatore ed Evangelizzatore, con particolare riferimento al capitolo quarto del Vangelo di Luca, dove il tema del Cristo mandato ad evangelizzare e quello del Giubileo si intrecciano». Questo titolo di evangelizzatore, in effetti, era già risuonato più volte sulle labbra di molti vescovi, durante il Sinodo del 1974 dedicato all'evangelizzazione. Nella sua esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, scritta proprio a fine dell'Anno Santo del 1975, Paolo VI scriveva: «Molto spesso, nel corso del sinodo, i vescovi hanno ricordato questa verità: Gesù medesimo, vangelo di Dio, è stato assolutamente il primo e il più grande evangelizzatore. Lo è stato fino alla fine: fino alla perfezione e fino al sacrificio della sua vita terrena».

Come si può osservare, c'è una dinamica e un ritorno su questo titolo proprio dinanzi alla celebrazione e al significato di un nuovo Giubileo. Gesù che entra nella sinagoga di Nazareth fornisce da se stesso, senza bisogno di altri commenti, quello che egli pensa di sé e della sua missione: Il Padre lo ha mandato ad annunciare la bella notizia del Regno di Dio. La realizzazione della profezia di Isaia viene esplicitamente affermata da Gesù come compiuta nella sua persona e nella sua predicazione. «Per questo sono stato mandato», sottolinea Gesù, quasi a voler ribadire lo scopo della sua missione e non lasciare ombra alcuna su ciò che egli intende fare. A partire da questo momento, egli passerà di villaggio in villaggio e di paese in paese, si accosterà a quanti sono soli e abbandonati, condividerà la sorte di quanti sono poveri per rendere visibile nella sua esistenza, nelle sue parole e nei suoi gesti, l'amore misericordioso del Padre.

Ecco l'opera di evangelizzazione. Colui che era il Vangelo si fa nello stesso tempo evangelizzatore. Non poteva essere altrimenti. In Gesù, infatti, vengono a coincidere per la prima e unica volta l'essere la rivelazione e il rivelatore del Padre. Il vero evangelizzatore porta per prima cosa l'annuncio del Regno di Dio che si attua nella sua persona: «Se io caccio i demoni con il dito di Dio allora è giunto a voi il Regno di Dio». Questo diventa il primo e vero messaggio di liberazione, perché Gesù annuncia la salvezza autentica. Questa non si ferma alle soglie della povertà esterna all'uomo, ma raggiunge ognuno in quella radice di ogni povertà che è l'egoismo e l'individualismo.

Evangelizzare è stato per Cristo come un imperativo da cui non ha voluto sottrarsi, fino a dover accogliere in sé le conseguenze ultime della sua predicazione: la sofferenza e la morte. Questa è la coerenza del vero evangelizzatore: mostrare che la verità del suo annuncio merita anche la morte perché frutto di una missione ricevuta da Dio. In questa opera, che ha visto Gesù instancabile per i tre anni del suo annuncio pubblico, egli ha unito in maniera indissolubile la sua Chiesa. Fin dagli inizi, racconta sempre il Vangelo di Luca, egli mandò i discepoli «a due a due, davanti a sé» per annunciare la venuta del Regno di Dio, e al gruppo dei Dodici diede lo stesso imperativo che aveva ricevuto dal Padre: «Andate, proclamate la bella notizia del vangelo».

Gesù non ci ha dato un consiglio, ma un comando. L'essere inseriti in Cristo implica il dover assumere quanto gli appartiene. Cristo evangelizzatore rende ogni credente un evangelizzatore. Egli invia ogni cristiano nella grande città di questo mondo per portare un messaggio a cui molti non vogliono più prestare attenzione o ritengono che sia superato. È l"affievolirsi dello spirito evangelizzatore che ha reso arida la nostra azione e pigra la nostra opera.

La catechesi su Gesù Cristo che impegnerà il prossimo anno di preparazione al Giubileo, dovrà provocare il recupero di una coscienza missionaria capace di rendere sempre più forte la nostra fede. La Commissione teologico-storica ha preparato, per questo scopo, uno strumento estremamente agile in grado di favorire la riflessione di quanto vorranno puntare lo sguardo su Gesù Verbo del Padre. Questo volume è, anzitutto, un prezioso segno di unità. Esso, infatti, arriva a tutti i Comitati Nazionali come strumento comune di catechesi, capace di essere facilmente mediato nelle diverse situazioni ecclesiali. E', inoltre, il frutto di una riflessione che ha cercato di poter narrare il mistero di Cristo alla luce di un'intelligenza della fede che si fa forte dell'apporto delle diverse tradizioni ecclesiali ed ecumeniche. Si propone, infine, di essere un sostegno per la lettura personale di quanti vorranno camminare verso il prossimo Giubileo con un passo più spedito.

Gesù evangelizzatore chiama ininterrottamente, fino a oggi, discepoli che camminino con lui per annunciare lui e l'amore di Dio. È la sfida del terzo millennio; anzi, è la sfida che da sempre la fede deve affrontare e che ha trovato sempre fedeli annunciatori.

Rino Fisichella

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