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Una festa e un impegno

a cura di Guido Bossa

Sarà una grande festa degli uomini e delle donne del lavoro, ma anche un’occasione di riflessione e di approfondimento sulle tematiche più urgenti che riguardano lo sviluppo delle società moderne; e sarà, al contempo, la sede più opportuna per manifestare pubblicamente la dimensione sociale del Giubileo, che si richiama alla tradizione del Giubileo biblico interpretata e vissuta alla luce della Redenzione. Il Giubileo dei lavoratori, il primo dei grandi eventi previsto nel calendario dell’Anno Santo, che viene celebrato il 1° maggio nell’area di Tor Vergata, è destinato a richiamare l’attenzione di tutti per una serie di circostanze non occasionali, delle quali l’alto numero di partecipanti previsto è solo la più evidente ma non la più significativa. Al centro di questa giornata, così come delle altre dedicate al mondo del lavoro (quella, già celebrata il 19 marzo, degli artigiani; e quella del 12 novembre per il mondo agricolo), vi è un concetto centrale della dottrina sociale cristiana: quello per cui “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro”, e quindi non è l’uomo che riceve dignità dal lavoro, ma è il lavoro che ha una sua dignità in quanto realizzato dall’uomo nell’ambito del disegno creativo di Dio. Attraverso il lavoro, l’uomo è chiamato a cooperare con Dio stesso nella custodia e nel governo del creato, seguendo l’esempio di Gesù stesso, che trascorse lavorando buona parte della sua vita terrena e che scelse i suoi discepoli chiamandoli a sé dai luoghi del loro lavoro. Se ancor oggi il lavoro, che sia attività manuale, intellettuale o di servizio, occupa tanta parte della giornata e della vita umana, si comprenderà come la Chiesa non possa esimersi dal prestare ad esso tanta attenzione. La giornata giubilare sarà dunque un’occasione privilegiata per un esame attento delle problematiche legate al lavoro, con l’obiettivo di celebrare le realizzazioni e le fatiche degli uomini per rendere più autenticamente umana la loro esistenza e più rispondente al disegno di Dio la loro attività. Il tema della Giornata – Lavoro per tutti: cammino di solidarietà e di giustizia – richiama tre esigenze di fondo, di grande attualità per l’uomo d’oggi. La mancanza di lavoro è un tarlo che mina alla base le società contemporanee, soprattutto in Europa e nei grandi Continenti della povertà: Africa, Asia e America latina. Solidarietà e giustizia sociale, insieme collegate e declinate, sono la chiave per risolvere un problema che riguarda tutti, perché il riscatto di intere popolazioni dallo stato di intollerabile povertà nel quale si trovano non solo disinnescherà una mina sociale che potrebbe esplodere da un momento all’altro, ma contribuirà al benessere comune accrescendo la ricchezza prodotta sul pianeta. Si capisce dunque la portata innovativa e carica di futuro dell’appello di Giovanni Paolo II per una consistente riduzione del debito accumulato nel tempo dai Paesi più poveri. Anche di questo si parlerà nel corso della Giornata giubilare, dove non mancherà il contributo di idee fornito da rappresentanti delle istituzioni finanziarie internazionali e del mondo degli affari. Ma il primo maggio sarà anche l’occasione per studiare concrete forme di collaborazione fra le diverse categorie di lavoratori. Alla giornata giubilare parteciperanno infatti, provenienti da tutto il mondo, rappresentanti di imprenditori e dirigenti, dei lavoratori dipendenti, dei cooperatori, degli operatori della finanza e di quelli del commercio. L’intenzione, come è stato chiarito da Mons. Fernando Charrier nel corso della presentazione alla stampa della Giornata, è di giungere a formulare indicazioni di impegno personale e sociale per ricercare nuove modalità di lavoro comune tra le cinque categorie rappresentate, per aiutare ogni uomo ad avere il proprio “banco di lavoro” e da esso poter guardare con fiducia al futuro, trovando nel magistero della Chiesa l’incoraggiamento necessario per superare le difficoltà e le incertezze del momento. Globalizzazione, ristrutturazione delle istituzioni internazionali, riforma del commercio mondiale, finanziarizzazione dell’economia sono solo alcuni dei termini che mutano il quadro nel quale si iscrive, nell’epoca moderna, il lavoro dell’uomo. Alla luce del messaggio giubilare – il lavoro è per l’uomo, non l’uomo per il lavoro – proviamo ad orientarci affidandoci alla guida di alcune parole-chiave.

 

Un utile correttivo alla legge del più forte

Il principio di giustizia applicato alle realtà del mondo del lavoro deve determinare uno sforzo congiunto di tute le componenti della società per tendere a riequilibrare i rapporti fra gli individui e le categorie più deboli e meno garantite e coloro che sono socialmente, economicamente, culturalmente avvantaggiati. Egualmente, a livello internazionale, si deve avere come obiettivo un riequilibrio dei rapporti tra i vari Paesi, promuovendo quelli attualmente più poveri e bisognosi dell’aiuto internazionale, nel rispetto delle specificità culturali, delle tradizioni, delle risorse di cui ognuno dispone. Ad ogni livello, nazionale e internazionale, per promuovere e salvaguardare la giustizia non bastano proclami di principio o la semplice buona volontà: occorrono leggi, una diversa dislocazione dei poteri, un bilanciamento dei rapporti di forza a favore della crescita della società civile sul potere delle multinazionali, spesso anonime, e sulla volontà degli Stati più ricchi. Occorre anche una riforma democratica delle istituzioni internazionali. Per tutto ciò, la Chiesa non ha una sua specifica dottrina né una ricetta sociale da proporre, anche se “apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” (Centesimus annus, 46). Tuttavia, “un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana” (ibid.).

Perché non sia il profitto il solo criterio economico

Tra i valori fondamentali del lavoro, che la Giornata del 1° Maggio intende ricordare ed esaltare, quello della solidarietà assume certamente un ruolo centrale non solo per la sua importanza intrinseca, ma anche per il valore che può assumere per un ordinato sviluppo della società, per la promozione umana dei singoli lavoratori, per il riequilibrio delle opportunità a livello internazionale. Non a caso, la solidarietà é richiamata, insieme alla giustizia, nel tema stesso della Giornata giubilare, quasi ad indicare una carenza, un deficit da colmare rapidamente. Nelle società moderne, e spesso all’interno di ogni società, il profitto corre più in fretta della solidarietà, e ciò produce un’ingiusta allocazione di risorse e un aggravio del dislivello di sviluppo a sfavore dei Paesi poveri. In tal modo, a livello internazionale il processo di globalizzazione che per alcuni Paesi è fonte di ricchezza e di crescita economica, per altri diventa un limite, un vincolo con cui confrontarsi in condizioni diseguali. All’interno dei singoli Paesi, poi, se non prevale un sano principio di solidarietà sociale, si aggrava senza rimedio la condizione dei lavoratori disoccupati e di quanti devono riqualificare la loro professionalità per cercare nuove opportunità di lavoro in una società che si trasforma. L’esercizio della solidarietà all’interno della società, avverte Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis (n. 39) “è valido, quando i suoi componenti si riconoscono tra di loro come persone”; in quel caso infatti, coloro che contano di più o che dispongono in maggior misura di beni e di ricchezze, si sentono in qualche modo responsabili dei più deboli. Nelle relazioni fra Stati, poi, si deve creare “una nuova cultura di solidarietà e di cooperazione internazionali, in cui tutti  - specialmente i Paesi  ricchi e il settore privato – assumano la loro responsabilità per un modello di economia al servizio di ogni persona.

Nuove forme di partecipazione dei lavoratori

La dottrina sociale della Chiesa è molto attenta al valore dell’imprenditorialità, al quale ha dedicato molta attenzione, in particolare, Giovanni Paolo II. “La moderna economia d’impresa, scrive il Papa nella Centesimus annus (n. 32), comporta aspetti positivi, la cui radice è la libertà della persona, che si esprime in campo economico come in tanti altri campi. L’economia, infatti, è un settore della multiforme attività umana, ed in essa, come in ogni altro campo, vale il diritto alla libertà, come il dovere di fare un uso responsabile di essa”. Tuttavia, aggiunge Giovanni Paolo II, al concreto esercizio di tale libertà si oppone il fatto che oggi “molti uomini, forse la grande maggioranza, non dispongono di strumenti che consentono di entrare in modo effettivo ed umanamente degno all’interno di un sistema di impresa, nel quale il lavoro occupa una posizione davvero centrale”. Se centrale è il valore dell’imprenditorialità ma numerosi sono gli ostacoli che si frappongono all’accesso dei lavoratori a tale livello di attività economica, ecco che la giornata del 1° Maggio si propone, tra l’altro, di stimolare la riflessione su un punto specifico: come favorire, nelle imprese, l’estendersi della democrazia economica, cioè l’ampliamento della partecipazione dei lavoratori. Le forme esaminate dalla dottrina sociale della Chiesa sono numerose, e l’enciclica Laborem exercens ne elenca alcune al punto 14: “La comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delle imprese, il cosiddetto azionariato del lavoro”. Si tratta in ogni caso di dare il giusto riconoscimento alla centralità della persona umana e del fattore lavoro nell’ambito dell’attività economica e imprenditoriale. Concretamente, nella giornata del Giubileo dei lavoratori verranno esaminate anche nuove modalità di iniziativa comune fra le varie categorie interpellate e che parteciperanno al Giubileo: imprenditori, dipendenti, cooperatori, uomini della finanza, commercianti. Occorrerà uno sforzo comune di fantasia per ricercare nuove forme di attività nelle quali ogni componente del multiforme mondo del lavoro possa esprimere al meglio se stesso, le proprie esigenze, la propria creatività.

Una scelta preferenziale per la Chiesa

L’“opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati” (TMA, n.51) è richiamata da Giovanni Paolo II fin dal primo annuncio dell’Anno Santo, nella convinzione che “l’impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione del Giubileo”. Con tali premesse, il tema della povertà non poteva certamente restare al di fuori della giornata del Giubileo dei lavoratori, né per quanto riguarda la questione tuttora aperta del debito internazionale dei Paesi più svantaggiati, né per l’aspetto della povertà individuale di tanti lavoratori e delle loro famiglie, particolarmente acuta, oltre che nei già noti Continenti della fame, in tante società soprattutto europee, recentemente affrancate dal dominio del totalitarismo ma non per questo automaticamente avviate verso la migliore soluzione dei problemi sociali aperti. Quello della partecipazione al godimento dei beni materiali della Creazione è, secondo Giovanni Paolo II (Centesimus annus, n. 28) un “diritto” la cui soddisfazione darà luogo ad “un mondo più giusto e per tutti più prospero”. Dunque, “l’elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell’intera umanità”; un dovere che discende dal principio della destinazione universale dei beni della terra e dell’equa distribuzione delle risorse.
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