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Dal debito allo sviluppo: l’impegno della CEI

Laura Galimberti

Ha raggiunto la misura di 2300 miliardi di dollari, pari ad oltre 4 milioni di miliardi di lire : è l’ammontare del debito che i paesi in via di sviluppo hanno contratto con i paesi più ricchi, nel corso di circa trent’anni. Le cause vanno ricercate a metà degli anni settanta, quando la crisi del petrolio arricchisce i paesi produttori che riversano i guadagni sul mercato internazionale, facendo crollare i tassi di interesse. Per molti paesi in via di sviluppo indebitarsi diviene conveniente. Nel ’79, con la crisi petrolifera, i Paesi del Nord rispondono con politiche neoliberiste : rialzano i tassi di interesse per contenere l’inflazione. Il passaggio da tassi del 5% a tassi anche superiori al 25% rende inevitabilmente più difficile il pagamento del debito e moltiplica infinitamente i relativi interessi. I paesi debitori hanno in questi anni destinato al pagamento del debito  la parte più consistente delle loro risorse, sottraendola al benessere della popolazione. Le conseguenze si riscontrano nelle larghissime fasce di analfabetismo, nei servizi sanitari pubblici inesistenti, nei tassi di mortalità infantile (entro il quinto anno di età) dal 10% a oltre il 30% (in Italia lo 0,6%). Per dare concretezza alla remissione del debito, la Conferenza Episcopale Italiana propone di acquistare in parte o per intero il debito che i Paesi debitori, (per l’Italia - Guinea e Zambia), hanno contratto con le nazioni, al suo prezzo reale. L’acquisto, che comporta la cancellazione immediata da parte del creditore, viene vincolato al versamento di un fondo di contropartita, da parte dei governi debitori, di una somma pari a quella pagata al creditore attraverso i fondi raccolti. Il denaro viene amministrao dal Comitato Italiano in collaborazione con la Chiesa locale e la società civile dei paesi, per finanziare progetti di sviluppo nel campo della formazione professionale, della sanità e dell’agricoltura. Ognuno può acquistare per tutto l’anno 2000 dei “ buoni riscatto ” o versare un contributo al “ Comitato ecclesiale italiano per la riduzione del debito estero dei paesi più poveri ” su: . c/c postale n. 165524019 . c/c bancario n. 22000 della Banca Popolare Etica Piazzetta Forzaté n. 2, 35137 Padova, ABI 5018, CAB 12100. Per essere operatori di giustizia è necessario tuttavia cominciare da se stessi, rivedendo il proprio stile di vita. Non si tratta infatti di portare tutti gli abitanti della terra al tenore dei paesi più ricchi, ma al contrario di rivedere i consumi in modo da lasciare all’altro 80% della popolazione mondiale le risorse, l’energia e gli spazi ambientali necessari per migliorare le proprie condizioni di vita. Si tratta quindi di impegnarsi nel quotidiano, guardando lontano; battersi per i piccoli cambiamenti oggi, in vista di una società nuova domani. I comportamenti delle famiglie hanno un grande rilievo da un punto di vista sia educativo che sociale. La famiglia rimane la prima scuola. E’ in essa che si forma il senso della responsabilità o la noncuranza, la coerenza o l’ipocrisia, l’impegno o l’apatia, la speranza o il pessimismo, il senso critico o la remissività. Il tutto attraverso i normali gesti quotidiani e in modo particolare attraverso il consumo ed il risparmio.

• Zambia

Verso un milione di orfani

Capitale: Lusaka

Popolazione: 8.600.000 abitanti

Superficie: 752.610 kmq.

Indice di sviluppo umano: 0, 431 - 151° posto

su 174 paesi

Prodotto interno lordo: 3.661 milioni di dollari

Reddito pro capite: 370 dollari

Debito estero: 6.758 milioni di dollari (203% del PIL)

Interessi pagati nel 1997: 73 milioni di dollari

Debito verso l’Italia: 119,250 milioni di dollari

Vita media: 40,1 anni

Mortalità entro il 1°anno: 11,2 %

Mortalità entro il 5° anno: 20,2 %

Pop. in povertà assoluta: 84% (popolazione che vive con meno di 1 dollaro al giorno)

L’economia del paese è stata guidata dai proventi dell’estrazione del rame. I contadini hanno abbandonato l’agricoltura per andare a lavorare nelle miniere. Il crollo del prezzo del rame ha portato gravissime conseguenze sull’economia zambiana. La mancanza di industrie alternative si è accompagnata ad una agricoltura per anni abbandonata e oggi insufficiente a soddisfare il fabbisogno alimentare. Attualmente le risorse agricole alimentari consumate in Zambia sono prodotte in larga parte in Sud Africa e Zimbabwe. A questa situazione corrisponde una elevata urbanizzazione della popolazione, ammassata nella capitale e nelle città del Copperbelt, che aumenta la concentrazione e la diffusione dei problemi sociali generati da una insufficiente erogazione di servizi: la insalubrità dell’acqua trasmette malattie infettive molto più velocemente nel contesto urbano che in quelli rurali, l’insufficienza del sistema scolastico favorisce nelle città il fenomeno dei bambini di strada… Il sistema scolastico è largamente insufficiente. Gli insegnanti ricevono stipendi al limite della sopravvivenza e alle famiglie degli scolari viene chiesto di pagare direttamente alla scuola una integrazione del finanziamento statale, che è insufficiente a coprire le spese. Questo ovviamente esclude dall’istruzione primaria una larga fetta della popolazione. Il governo ha impegnativi programmi per l’istruzione (BESSIP) e per la sanità, che perseguono l’obiettivo di coordinare in una strategia comune gli interventi pubblici, privati e delle Organizzazioni non governative in campo sociale. La società civile è molto vivace, e la Chiesa cattolica è pienamente inserita nelle attività di controllo sociale. Due esperienze particolarmente significative sono lo sviluppo del progetto SAP monitoring e la campagna zambiana Jubilee 2000 per chiedere la cancellazione del debito. L'emergenza grave di questi anni in Zambia è rappresentata dalla diffusione dell'AIDS. Su una popolazione inferiore ai dieci milioni si prevede di raggiungere la cifra di un milione di orfani nell'anno 2000. Di questi, 700 mila avranno perso almeno un genitore a causa dell'AIDS. Il debito ammonta a 6.758 milioni di dollari, era di 4.576 dollari nel 1985 ed è dovuto pressoché interamente a creditori di natura pubblica: il 55% è dovuto a governi stranieri e il 42% alla Banca Mondiale e al FMI. Il debito estero è due volte più grande del prodotto interno lordo. Per assurdo i cittadini zambiani per riuscire a pagare il debito dovrebbero lavorare due anni senza mangiare e senza consumare alcunché e dare ai creditori ogni reddito ricavato dal loro lavoro.

• Guinea

800mila profughi da sfamare

Capitale: Conakry

Popolazione: 7.300.000 abitanti

Superficie: 245.860 kmq.

Indice di sviluppo umano: 0, 398 - 161°posto su 174 paesi

Prodotto interno lordo: 3.661 milioni di dollari

Reddito pro capite: 550 dollari

Debito estero: 3.520 milioni di dollari (95% del PIL)

Interessi pagati nel 1997: 55 milioni di dollari

Debito verso l’Italia: 57,610 milioni di dollari

Vita media: 46,5 anni

Mortalità entro il 1°anno: 12,6 %

Mortalità entro il 5° anno: 20,1 %

Pop. in povertà assoluta: 26,3 % (popolazione che vive con meno di 1 dollaro al giorno)

La situazione nel paese è tranquilla, anche se non sono mancati in passato momenti di difficoltà con alcuni personaggi dell’opposizione. L’impegno del governo è rivolto soprattutto alle emergenze economico sociali interne del paese, ma deve fare i conti con le situazione di conflitto presenti nella regione. Dei sei paesi confinanti con la Guinea, ben tre negli ultimi anni sono stati attraversati da gravissime guerre interne: Liberia, Guinea-Bissau, Sierra Leone. Questa situazione grava sulla Guinea, che ha accolto sul suo territorio oltre 800 mila profughi, un numero equivalente al 10% della popolazione, offrendo loro spazi, case e terra da coltivare. La produzione agricola è largamente sottosfruttata. La distribuzione commerciale è concentrata in poche mani che sono in grado di decidere i prezzi di acquisto, penalizzando i coltivatori dei villaggi. Programmi promossi dalle ONG e dalla Chiesa stanno sviluppando progetti di assistenza tecnica ai contadini che prevedono tra l’altro una gestione cooperativa o consorziata delle vendite dei prodotti raccolti e lo sviluppo del microcredito come strumento di finanziamento per gli investimenti. L’attività industriale è minima e quasi completamente concentrata nell’estrazione di bauxite usata per la produzione dell’alluminio. La Guinea è il secondo produttore mondiale e ha il 25% dei giacimenti del pianeta. Le due industrie che hanno il monopolio dell’estrazione sono a prevalente capitale straniero e lavorano con accordi di concessione del governo. Il governo è impegnato sia sul fronte sociale, in particolare nell’allargamento delle strutture scolastiche per raggiungere l’ancora lontano obiettivo della scolarizzazione universale (oggi il dato dell’iscrizione scolastica alle elementari è salito al 48%), sia su quello economico.  La gestione del debito estero e il confronto con la Banca Mondiale e il FMI sono sviluppati in modo molto consapevole e con l’obiettivo di non dimenticare le urgenze della fascia più povera della popolazione. Il debito ammonta a 3.520 milioni di dollari ed è dovuto pressoché interamente a creditori di natura pubblica: il 46% è dovuto a governi stranieri e il 52% alla Banca Mondiale e al FMI. Il debito estero equivale all’ammontare del prodotto interno lordo: questo significa che l’intero frutto del lavoro di un anno dei cittadini guineani dovrebbe essere versato, senza trattenere alcuna quota nemmeno per mangiare, per poter pagare il debito.

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