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Appunti di viaggio

Vittorio Citterich

La mensa

Incontriamo, tra le provocazioni del Grande Giubileo, piccoli eventi che sono grandi segni. A mensa, con Giovanni Paolo II, non c’erano le moltitudini che lo seguono plaudenti e gridando “viva il Papa!”. Nemmeno c’erano personalità illustri, per merito o per ruolo svolto nel secolo che ormai se n’è andato. Per il compleanno di Gesù Cristo, sono stati invitati  i più poveri, i senza dimora, gli uomini e le donne della solitudine e della sofferenza. In apparenza un piccolo evento. In un primo momento abbiamo visto entrare, nella grande sala da pranzo, questi abituali commensali, con qualche incertezza e titubanza. Si capisce. C’erano persino le telecamere piazzate, per dovere di cronaca, e loro non sono gente abituata alle luci della ribalta. La massima aspirazione (e chi non ce l’ha?) era una foto ricordo della lieta occasione. Poi dopo il primo impatto, riacquistata la dimensione privata di questa come di qualsiasi altra mensa, in questa come in qualsiasi altra dimora, il piccolo evento umano si è trasformato in un grande segno cristiano. Con la letizia sincera che accompagna  i gesti semplici e buoni e le parole, semplici e buone, che ne conseguono.

Vorrei…

Mi è venuto più volte il pensiero, girando per il mondo, della fatica che comporta il “mestiere di Papa”. Non penso soltanto alle fatiche più evidenti, i viaggi, le cerimonie, i discorsi pubblici. Quelli che deve ascoltare più ancora di quelli che deve pronunciare. Penso al faticare quotidiano e per così dire minore delle strette di mano e dei colloqui. Ciascuno, appena può, e specialmente se ha qualche responsabilità pesante sulle spalle, riversa su quest’uomo “vestito di bianco” la propria fatica di vivere, i problemi della sua gente, vicina o lontana, le complicazioni della storia che non riesce a risolvere. Ciascuno attende una parola, una risposta altrettanto complicata perché i potenti, quale che sia la diversa misura  del loro potere, sono assai spesso persone complesse, per non dire altro. Non è che i poveri, i senza dimora, gli emarginati, gli abbandonati non abbiano problemi anche più drammatici e quotidiani. Anzi. Ne sono più duramente e personalmente colpiti. Ma, anche per questo, sanno cogliere le cose essenziali della vita ed esprimersi in modo semplice ed altrettanto essenziale. “Vorrei avervi sempre con me”, ha detto il Papa agli  inabituali  commensali: Desiderio cristiano alla  mensa di un giubileo davvero grande.

Alì

Alì Agcà, graziato dal Presidente della Repubblica italiana, ha lasciato il carcere in Italia per una nuova detenzione in Turchia dove viene processato per un delitto precedente l’attentato al Papa. Non ha chiarito tante cose che stanno dietro quei colpi di pistola, in Piazza San Pietro, il 13 maggio 1978. Il rilascio di Alì lascia lo strascico di molte discussioni sul piano giuridico e politico. Noi ricordiamo la voce di Giovanni Paolo II che abbiamo temuto di non riascoltare  più in quel mese di maggio. La voce incrinata che diceva: “Ho perdonato il fratello che mi ha colpito”. Oltre il giuridico e politico e tutte le discussioni che ci sono state, ci sono e ci saranno.
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