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Una preghiera comune per ricevere la luce dal Signore

Eleuterio F. Fortino

“II Giubileo celebra l’incarnazione del Verbo di Dio e la sua opera salvifica. Le varie iniziative di preghiera, di riflessione, di pellegrinaggio sono tutte direttamente o indirettamente orientate a favorire una migliore conoscenza del mistero cristiano, per un rinnovamento della vita cristiana. Il calendario del Giubileo della Chiesa cattolica prevede, per la sera del 5 agosto, una “Veglia di preghiera in risposta all’appello del Patriarca di Costantinopoli”. La Chiesa Cattolica ha accolto così l’iniziativa del Patriarca Bartolomeo I, dimostrandosi disposta alla collaborazione e alla azione comune, come del resto ha fatto il Patriarcato Ecumenico che ha regolarmente inviato sue delegazioni alle celebrazioni ecumeniche organizzate dalla Chiesa cattolica, come per l’apertura della Porta Santa in San Paolo fuori le mura e per la commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del secolo XX. L’appello del patriarcato Ecumenico, divulgato già dal giugno del 1996, aveva questo tenore: “ Da questo sacro Centro, noi invitiamo tutti coloro che credono  in Cristo e che combattono la buona battaglia per lui, ovunque si trovino sulla terra, a celebrare le 24 ore del 6 agosto del 2000 con una solenne Vigilia, con servizi liturgici, con altre manifestazioni possibili per dar gloria all’eterno Dio “nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano nati sotto la legge” (Gal 4,5). Il Patriarcato non si è rivolto soltanto agli ortodossi, ma a tutti i cristiani. Ciò esprime la volontà di promuovere uno spirito di dossologia di invocazione comune. Al Fanar la celebrazione comprenderà l’esperìnòs eseguita da una pannychida. Per l’occasione il Patriarca Bartolomeo I ha chiesto all’innografo Athanasios del Monastero atonita di Simonospetra di comporre una “Paraklisis a nostro Signore Gesù Cristo per i 2000 anni della sua nascita secondo la carne”. Sarà cantata durante la veglia. La festa della Trasfigurazione, celebrata lo stesso giorno nella Chiesa cattolica, e nella Chiesa ortodossa, nell’intuizione del Patriarca Bartolomeo I è particolarmente indicata a suggerire alcune dimensioni essenziali della fede cristiana. Nel racconto del Vangelo di Matteo, Gesù si “trasfigurò” davanti ai discepoli, “il suo volto risplendette come il sole, e le sue vesti divennero candide come la luce.” Gesù si mostrò come Figlio di Dio e come tale lo proclamò Figlio il Padre. Dalla nube una voce disse: “Questo è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo” (Mt 17,5). L’episodio rivela Gesù come Figlio di Dio, centro delle celebrazioni giubilari. E nello stesso tempo da una indicazione di vita. La voce del Padre, suggerisce di ubbidire alla Parola fatta carne: “Ascoltatelo”. Uno dei temi centrali della celebrazione della Trasfigurazione di nostro Signore, nella tradizione bizantina, è la vocazione alla deificazione dell’uomo. Come nuova creatura, l’uomo redento, con l’ascolto ubbidiente della Parola di Dio e con l’incorporazione a Cristo, per mezzo dei sacramenti, è trasformato a immagine e somiglianza del Figlio, vera immagine di Dio. Il comunicato del Patriarcato ecumenico, contiene un paragrafo orientativo. “E’ certo che - afferma - ponendo la luce risplendente, non generata, della divina trasfigurazione del monte Tabor al centro delle nostre attese, sproniamo devotamente noi stessi e gli altri verso sacre vette, ben al di sopra del basso e depravato stato in cui si trova il mondo moderno. Potremo così dissipare le tenebre che oscurano l’orizzonte storico del tempo, causate dagli innumerovoli nostri peccati”. Conversione quindi, santificazione, deificazione nella luce risplendente della Rivelazione. Questo è l’orientamento spirituale dell’appello del Patriarca ecumenico a tutti  i cristiani per la celebrazione del Giubileo. E per questo la festa della Trsfigurazione è apparsa l’occasione più propizia. “Forse nessuna festa dell’anno ecclesiastico, afferma il comunicato di Costantinopoli, può essere considerata più adatta della Trasfigurazione del Signore, per esprimere e commemorare risolutamente la gloria futura delle cose ultime che ci sono state rivelate. Una gloria raggiunta, grazie alla perseveranza e alla pazienza, attraverso le molte sofferenze del tempo presente”.
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