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                        L’esigenza di solidarietà più forte della legge di mercato

Massimo Aquili

Senso di responsabilità, solidarietà e cittadinanza mondiale. Questi i valori-chiave da rinnovare per coniugare insieme “etica e finanza”, pubblica o privata che sia, nell’attuale scenario di globalizzazione e finanziarizzazione secondo Michel Camdessus. L’ex direttore del Fondo monetario internazionale ha tenuto la relazione fondamentale al Convegno promosso il 30 aprile dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice alla vigilia della celebrazione unitaria e solidale del Giubileo dei lavoratori. I partecipanti si sono infatti uniti alle altre categorie di lavoratori la sera per la Veglia a San Giovanni, poi per la Celebrazione eucaristica a Tor Vergata presieduta dal Papa il primo maggio. Un’occasione del tutto particolare, come ha rilevato l’Arcivescovo Agostino Cacciavillan, presidente dell’Apsa, proprio perché si colloca nel bimillenario dell’incarnazione e perché i risultati dei lavori saranno presentati al Santo Padre. Camdessus ha passato in rassegna luci e ombre della “rivoluzione finanziaria” in atto a partire dalla pubblicazione della “Centesimus Annus” e, in pieno spirito giubilare, ha fatto un “esame di coscienza” del mondo della finanza, ancora preso in quelle “strutture di peccato”, come le ha chiamate il Papa, che hanno costi umani insopportabili: “Nessuna crisi finanziaria - ha ricordato Camdessus - degli ultimi 15 anni è costata meno di 20 punti di prodotto interno lordo ai Paesi in via di sviluppo coinvolti”. Come evitare allora queste catastrofi che si traducono in povertà, meno ospedali e meno scuole? E come evitare “che un solo piccolo Paese faccia crollare il mondo? Purtroppo la finanziarizzazione porta con sé dei fenomeni perversi “contro i quali non c’è stata reazione” - sottolinea Camdessus che ne dà un elenco “incompleto”: “il cambiamento nella ripartizione del potere economico  dà al capitale una libertà che rischia di esercitarsi a discapito dell’equilibrio mondiale e della società”; l’evoluzione legata alla mobilità del capitale e alla sofisticazione dei mezzi di gestione attualmente “sta disarmando i tentavi di ridurre le diseguaglianze”; le reticenze dei pubblici poteri; le società off shore, “veri e propri buchi neri del sistema finanziario”. “La globalizzazione può diventare soltanto marginalizzazione” è questo il problema principe per la Chiesa, come sinteticamente riportato da Mons. Diarmuid Martin, Segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, alla tavola rotonda che ha fatto seguito alla relazione di Camdessus. Convinto assertore di un liberismo in sé solidale e umano, l’economista Michael Novak ha ricordato a sua volta che la sfida più grande dei prossimi 30 anni è come aiutare un miliardo di poveri. “Serve una cultura imprenditoriale per la quale essere un uomo d’affari non sia una vergogna ma il riflesso dell’opera di Dio”. Sia Per Novak che per Mons. Martin il contributo più grande e fattibile è trasferire le conoscenze tecniche e scientifiche ai Paesi poveri. Michel Albert della Banca di Francia ha invece sottolineato, ancora una volta, che l’economia globale ha bisogno di un “quadro giuridico e istituzionale globale”, attualmente latitante, perché i mercati “sono incomparabili creatori di ricchezza ma pessimi distributori”. Così Jesus Estanislao, ex Ministro delle finanze delle Filippine, ha ricordato l’urgenza della riduzione del debito anche per il suo Paese, coinvolto come tutto il Sud-Est asiatico, nella crisi che ha sconquassato il mondo finanziario negli ultimi tre anni. Tuttavia il Sud Est asiatico “ha portato fuori dalla povertà milioni di persone non con il nazionalismo ma facendo parte dell’economia internazionale”, ha detto l’ex Ministro, che lega la speranza di sviluppo per il Sud Est asiatico alla possibilità di diventare una macroregione economica e finanziaria. L’altra faccia della globalizzazione.
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