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Il Papa in Terra Santa

Uno sguardo di speranza sulla Terra promessa

Angelo Scelzo

Non poteva che cominciare con questo respiro largo come un orizzonte, il pellegrinaggio del Papa nella terra dove tutto ha avuto inizio. L’orizzonte è quello della valle del Giordano, colline e larghi pianori che si perdono lontano, con il verde a contendere spazi e colore al deserto che avanza. Il Mar Morto, come un riflesso quieto, tra gli sbalzi ondulati di un paesaggio che tutto sovrasta, perfino i suoi stessi caratteri. Non si è di fronte a un paesaggio da ammirare, ma a una porzione di terra che più di ogni altra si propone come trama di un racconto senza fine. Gerico, il deserto di Giudea, i monti della Samaria, perfino - quando il cielo è limpido - Betlemme e sullo sfondo le cupole dorate di Gerusalemme. La terra promessa, quella che il Signore mostrò a Mosè dopo la prova nel deserto, è raccolta in uno sguardo che l’emozione prolunga all’infinito. Monte Nebo è come una lettura a cielo aperto di tutta la storia del Vecchio e Nuovo testamento. Non solo luoghi, ma anche figure, come Elia, Giovanni il Battista e Cristo stesso che nelle acque del Giordano ricevette il battesimo. Si è incamminato da questi territori dell’anima, Giovanni Paolo II pellegrino in Terra Santa. E’ il viaggio dei viaggi, quello che tutti li riassume, come se ogni altro – ognuno in sé grande e significativo – non fosse che una tappa verso questo approdo. E questi luoghi, a loro volta, hanno certo sentito in molti modi il Papa che si faceva sempre più vicino. E’ arrivato ad evocarli, come nella commovente sosta spirituale per Ur dei Caldei. Ma poi, quasi in un sol balzo, dal Sinai, il monte dell’Alleanza, ecco stagliarsi davanti, ripercorrendo il cammino dell’Esodo, l’altura di Monte Nebo, “da cui Mosè potè guardare la terra promessa, senza la gioia di poterla toccare, ma con la certezza di averla ormai raggiunta.” Lo sguardo di Mosè dal Nebo, scrive il Papa nella Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza, è il simbolo stesso della speranza. Ora è suo lo sguardo su questa terra; sua, di tutta la Chiesa che spiritualmente ha portato con sé in questo pellegrinaggio giubilare, la speranza. Una speranza che ha oggi accenti nuovi, pur senza aver perduto alcune radici antiche. Il paradosso, anzi lo scandalo è sotto gli occhi di tutti: la terra della predicazione e della morte e risurrezione di Cristo è tuttora scossa da gravi problemi di giustizia e il lungo e faticoso processo di pace è tutt’altro che concluso. Nel vastissimo orizzonte di questo viaggio non c’è speranza che non trovi posto, e la Valle del Giordano, preludio della Terra Santa, ha offerto tracce importanti per guardare avanti con rinnovata fiducia e coraggio. Ed è stata allora un’accorata preghiera sulla riva del Mar Morto e tra gli spazi aperti e maestosi di Wadi Al Kharrar, il saluto che Giovanni Paolo II ha lasciato a questa terra e a tutta la Giordania. “Sulle sponde del fiume Giordano hai suscitato Giovanni il Battista, “una voce che grida nel deserto”, inviato a preparare le vie del Signore e ad annunziare la venuta di Cristo”. E allo stadio di Amman, accolto dall’entusiasmo e dai canti della comunità cattolica, il Papa è tornato ad indicare Giovanni Battista come colui che segna la strada, una guida anche per l’oggi affinché “i nostri occhi possano vedere la salvezza di Dio”. Parla il Papa, ma c’è una Parola a guidare i passi di questo pellegrinaggio: la Parola del Vangelo, che qui ha pagine sparse dappertutto e l’eloquenza somma della verità. C’è, accanto agli altri, un tenerissimo ricordo ad accompagnare Giovanni Paolo II in Terra Santa: un ormai lontano pellegrinaggio di 35 anni fa. Le parole, anzi la preghiera di quei giorni, sono le parole, anzi la preghiera dell’oggi: “O luogo, luogo di terra Santa – quale spazio occupi in me! Perciò non posso calpestarti con i miei passi, debbo inginocchiarmi. E così attestare oggi che tu sei stato un luogo d’incontro. Io m’inginocchio – e metto così il mio sigillo. Resterai qui col mio sigillo – resterai, resterai – e io ti porterò con me, ti trasformerò dentro di me in un luogo di nuova testimonianza. Io parto come un testimone che renderà la sua testimonianza attraverso i secoli”. Nell’anno giubilare, il pellegrinaggio in Terra Santa diventa paradigma di tutto il Pontificato.

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