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La Grotta che ha inondato di luce il mondo

Angelo Scelzo

“A ogni passo del cammino sono mosso da un vivo senso di Dio”. Viene dal Monte Nebo, dopo il Sinai, e attraverso la Valle del Giordano Giovanni Paolo II mette piede nella terra sulla quale “Dio scelse di piantare la sua tenda”. Il bimillenario della nascita di Cristo ha aperto al Papa la porta santa del pellegrinaggio più atteso e più a lungo desiderato. “Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore. E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”: sono parole del salmo, e altre non riescono, come queste, a raccontare e ad entrare nel vivo di un evento dei nostri giorni, pur seguito dai media di ogni parte del mondo. Come esprimere, coi mezzi correnti, senza lasciar spazio e voce al mistero, che è proprio il senso di Dio a rendersi vivo e concreto lungo i passi del cammino del Papa in Terra Santa? Non resta che il silenzio davanti al silenzio di Giovanni Paolo II in ginocchio, immerso nella preghiera, nella Grotta della Natività, nel luogo dove tutto è preghiera. Ha atteso lunghi anni per questi momenti; ogni altro pellegrinaggio è stato, in qualche modo, preludio di questo. E Betlemme è “al centro del pellegrinaggio”, è la via del cuore di questo straordinario incontro con la Terra Santa. “Ancora oggi e ogni giorno fino alla fine dei tempi, il Signore sarà continuamente concepito a Nazareth e partorito a Betlemme”: le parole di Beda il Venerabile spiegano l’eterno Natale di questa città e il Natale di ogni giorno nel cuore dei cristiani. E’ uno dei momenti più solenni del Pontificato: Giovanni Paolo II abbandonato alla preghiera accanto alla Grotta della Natività. Le folle sono lontane, solo compagno del Papa è lo stupore per l’ineffabile mistero che qui si è compiuto.  Tutto è preghiera, tutto è silenzio. Qui dove tutto è stato già detto, dove è venuta ad abitare la Parola. E dove il Verbo si è fatto carne. Accadeva duemila anni fa e oggi Giovanni Paolo II, ripercorrendo i luoghi della storia della salvezza, viene a indicare a tutta l’umanità l’orizzonte di un nuovo tempo di fede, lo sguardo avanti che proprio dal luogo delle radici è chiamato a proiettarsi in spazi sempre più liberi e aperti. Il bimillenario di Cristo non è una commemorazione di ciò che è stato una volta.  Il nuovo senso del tempo è dato dall’Eterno che è entrato nella storia. “Oggi guardiamo a un momento di duemila anni fa, afferma il Papa dall’altare della Messa nella piazza della Mangiatoia, ma nello spirito abbracciamo tutti i tempi. Siamo riuniti in un sol luogo, ma includiamo il mondo intero. Celebriamo un bambino appena nato, ma ci stringiamo a tutti gli uomini e le donne di ogni luogo”. Allo stesso modo, questo pellegrinaggio non è solo un ritorno alle radici, ma il segno dell’inesausta ricerca di nuovi frutti per l’oggi. E’ una speranza in cammino, e tanto forte da affrontare ogni percorso, da addentrarsi fin dove le barriere sembrano invalicabili. Il Grande Giubileo del 2000 è allora il grande sfondo, la nuova provvidenziale occasione per riprendere, sul versante della fede per la comunità cristiana, e della comprensione tra i popoli per l’intera umanità, il filo di un dialogo a tutto campo che proprio nell’area mediorientale assume un carattere davvero decisivo. È a partire dal silenzio e dalla preghiera nella Grotta, e dalla celebrazione eucaristica del mattino, che va vista anche la seconda parte della giornata, interamente trascorsa nei territori palestinesi e che ha condotto il Papa nel vivo di uno dei grandi nodi irrisolti del medio oriente.  Giovanni Paolo II è andato a far visita a uno dei tanti campi profughi che la violenza, i drammi e le ingiustizie hanno disseminato in tutta l’area. Lanciando un forte appello “per una maggiore solidarietà internazionale” tesa alla soluzione del problema palestinese attraverso la realizzazione degli “accordi già raggiunti”, il Papa ha voluto ribadire anche ai profughi, tanto provati dalla sofferenza, che pure per loro, da Betlemme, arriva una nuova speranza: “non dovete pensare che la vostra situazione attuale vi renda meno importanti agli occhi di Dio! Non dimenticate mai la vostra dignità di suoi figli! Qui a Bethlehem il Figlio divino fu deposto entro una mangiatoia in una stalla; i pastori dei campi vicini furono i primi a ricevere il messaggio celeste di pace e di speranza per il mondo. Il disegno di Dio si è compiuto in mezzo all’umiltà e alla povertà”. E la Chiesa, che da anni per mezzo della Pontificia Missione per la Palestina sostiene i rifugiati palestinesi, “resterà al vostro fianco, per sostenere la vostra causa dinanzi al mondo”.

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