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Yad Vashem, memoriale dell’Olocausto, monito per la pace

Angelo Scelzo

Ma la giornata dedicata all’Eucaristia ha vissuto un altro momento di grande intensità. Nel pomeriggio, Giovanni Paolo II, accolto dal Primo Ministro di Israele Ehud Barak, si è recato nel Mausoleo di Yad Vashem, eretto in memoria delle vittime di tutti i campi di sterminio nazisti. La visita è stata l’occasione per rinnovare la richiesta di perdono a Dio per “gli atti di persecuzione e le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli Ebrei da cristiani in ogni tempo e in ogni luogo”, ma più ancora è diventata una forte preghiera comune per la pace e la giustizia, unita all’impegno di lottare insieme, cristiani ed Ebrei, affinché tali crimini non si ripetano più. “In questo luogo della memoria, la mente, il cuore e l’anima provano un estremo bisogno di silenzio. Silenzio nel quale ricordare. Silenzio nel quale cercare di dare un senso ai ricordi che ritornano impetuosi. Silenzio perché non vi sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah…  Nessuno può dimenticare o ignorare quanto accadde. Nessuno può sminuirne la sua dimensione. Noi vogliamo ricordare. Vogliamo però ricordare per uno scopo, ossia per assicurare che mai più il male prevarrà, come avvenne per milioni di vittime innocenti del nazismo. Come poté l’uomo provare un tale disprezzo per l’uomo? Perché era arrivato al punto di disprezzare Dio. Solo un’ideologia senza Dio poteva programmare e portare a termine lo sterminio di un intero popolo”. Tuttavia, ha aggiunto il Papa, l’Olocausto non prova la vittoria delle forze del male: “l’onore reso ai “gentili giusti” dallo Stato d’Israele a Yad Vashem per aver agito eroicamente per salvare Ebrei, a volte fino all’offerta della propria vita, è una dimostrazione che neppure nell’ora più buia tutte le luci si sono spente. Per questo i Salmi, e l’intera Bibbia, sebbene consapevoli della capacità umana  di compiere il male, proclamano che non sarà il male ad avere l’ultima parola. Dagli abissi della sofferenza e del dolore, il cuore del credente grida: “Io confido in te, Signore; dico: tu sei il mio Dio””.

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