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Quei gesti che solo la fede rende possibili

Giuseppe Scotti

Un pellegrinaggio che ha toccato molti cuori. Tutti hanno potuto costatare quanto ampi siano stati i servizi televisivi, molti hanno gioito per le dirette dai luoghi più significativi toccati dal Santo Padre, innumerevoli sono state le fotografie scattate e offerte dai giornali. Su tutte hanno colpito i volti rappacificati: quello del giovane re di Giordania che sembrava voler tenere presso di sé, il più a lungo possibile, il Papa; o quello dell’anziano Presidente dello Stato di Israele che esprimeva la gioia e lo stupore per un ospite a lungo atteso e per i gesti neppure sognati; o, ancora, il Primo Ministro Barak che si chinava all’orecchio del Pontefice presso la scaletta dell’aereo per continuare un colloquio iniziato forse in altri luoghi e, all’ora del congedo, ritenuto decisivo. “Leitraot”, arrivederci in Terra Santa, Giovanni Paolo II. Infine, su ogni altra suggestione e immagine ecco quella fotografia che ha fatto il giro del mondo: Giovanni Paolo II, come molti pellegrini in Terra Santa, si è messo a pregare con cuore sincero davanti al Muro Occidentale, infilando tra le pietre del tempio fatto costruire da Erode la sua preghiera. Gesto che, forse, molte volte anche noi pellegrini in quel luogo avremmo voluto fare, ma non abbiamo mai osato per la nostra debole fede. Gesto, quello del Papa, che ha tutta la pienezza di chi è uomo ricco di fede e ricolmo della stessa sapienza che ha fatto pregare il re Salomone nel giorno della dedicazione del primo tempio: «Dio, da questa tua casa, ascolta e perdona». Ed ecco che le tensioni della vigilia e le inevitabili polemiche create da noi uomini abituati a camminare a testa bassa e a fare i conti solo con noi stessi, sembrano altra cosa rispetto a quest’uomo che, con decisione, quasi con testardaggine, cammina verso Gerusalemme fidandosi solo della parola di chi lo ha chiamato e mandato.Un pellegrinaggio giubilare che ha fatto camminare, in modo impensato, anche molti sulle strade del Vangelo portandoli là nei luoghi dove il Verbo si è fatto carne e «ha posto la sua dimora in mezzo a noi». Un pellegrinaggio che – non è esagerato scriverlo - ha dato a molti di vedere la gloria di Dio. E’ stato un ebreo, Paolo Alazraki a ricordarlo proprio domenica 26 marzo sul quotidiano dei cattolici italiani, Avvenire: «Sia lode al Signore, chiunque e dovunque Egli sia. Sia lode a questo Papa». Un pellegrinaggio, quello di Giovanni Paolo II in Terra Santa, che impegna tutti coloro che hanno la grazia e la gioia di abitare nella città di Roma - o di passarvi qualche giorno come pellegrini - a fissare con decisione lo sguardo su Gesù per mettersi alla sua sequela e imparare la parola del perdono, perché «chi perdona non è debole, chi chiede scusa è forte». E’ questo il Giubileo al quale Giovanni Paolo II invita tutta la Chiesa.
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