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Testimoni della fede i primi Beati dell’Anno Santo

David Murgia

Cinque arazzi ed un lungo applauso. Sono i primi beati del Giubileo e del nuovo millennio che Giovanni Paolo II ha elevato agli onori degli altari il 5 marzo scorso. Davanti a migliaia di fedeli giunti da ogni parte in Piazza San Pietro, i 44 testimoni della fede sono stati indicati dal Santo Padre come esempio per il popolo di Dio. I servi di Dio hanno tutti subito il martirio ed in alcuni casi, come in Brasile ed in Vietnam, sono i primi ad essere stati perseguitati a causa dell’“odium fidei”, pagando col sangue la loro adesione a Cristo e alla Chiesa e affrontando con coraggio, interminabili anni di prigionia e di privazioni d’ogni genere. Tra i nuovi beati, religiosi e sacerdoti diocesani. Ma anche laici, laiche, catechisti. Nella Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente, (n. 37) Giovanni Paolo II aveva instaurato un parallelismo fra il primo millennio della storia della Chiesa e l’ultimo secolo del secondo millennio, l’epoca in cui viviamo: allora, lo sviluppo delle prime comunità cristiane fu dovuto alla “seminagione di martiri” e al “patrimonio di santità che caratterizzò le prime generazioni cristiane”; oggi “la Chiesa è diventata nuovamente Chiesa di martiri”, e la “testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti”. André de Soveral, Ambrósio Francesco Ferro e 28 compagni, sacerdoti diocesani, laici e laiche, primi martiri del Brasile, sono stati beatificati insieme a Nicolas Bunkerd Kitbamrung, sacerdote diocesano morto nel 1944, martire della Thailandia, che fu arrestato durante la persecuzione religiosa anticattolica negli anni trenta e primi quaranta e morto per tubercolosi durante la prigionia. Tra i nuovi testimoni della fede anche Andrea Phú Yén, laico catechista, martirizzato nel 1644 e proto-martire del Vietnam; Pedro Calungsod, laico catechista martirizzato nel 1672, martire delle Filippine; Maria Stella, (al secolo Adelaide Mardosewicz), e 10 compagne Suore Professe dell’Istituto Sacra Famiglia di Nazaret, martiri nel 1943 (Bielorussia). Per quest’ultime gli anni della II guerra mondiale rappresentarono un periodo di persecuzione dei cattolici in Polonia. Ai confini orientali della Repubblica Polacca, ora Bielorussia, le religiose furono fucilate dai nazisti. Dell’intera comunità si salvò solo suor M. Malgorzata Banas, che poco dopo ritrovò il luogo dove era avvenuta l’esecuzione delle consorelle.
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