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Il cammino ecumenico passa dalla Porta Santa di San Paolo

Eleuterio F. Fortino

La Porta Santa in S. Paolo fuori le mura si aprirà il 18 gennaio in coincidenza dell’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. A questo rito sono stati invitati e vi parteciperanno i rappresentanti delle Comunità Cristiane Mondiali. Tale celebrazione, quindi, assume la forma di una professione di fede in Gesù Cristo Signore e Salvatore, professione che si trova alla base della Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese ed anche nel proemio del decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo. All’alba del nuovo millennio, così, i cristiani proclamano insieme la fede in Gesù Cristo. Per il Giubileo che commemora l’Incarnationis mysterium è un momento espressivo. La celebrazione ha insita anche la preghiera per la piena unità, per superare le divergenze  tuttora  esistenti  alla luce dell’insegnamento di Gesù Cristo. La Settimana per l’unità a Roma si è sempre celebrata in vario modo e con diverse intensità: nelle parrocchie, nei movimenti, nelle associazioni, nei gruppi di promozione. La Commissione Ecumenica Diocesana assieme ai responsabili d’altre Comunità cristiane organizza un incontro di preghiera interconfessionale, una volta in una Chiesa cattolica e l’anno successivo in una Chiesa di un’altra Comunità. Per la settimana di preghiera del gennaio 2000 si è voluto dare un carattere più espressivo e partecipato. Saranno i rappresentanti delle altre Chiese che presiederanno quotidianamente la preghiera per l’unità in diverse chiese di Roma, cattoliche e non cattoliche, in modo che si abbia ogni giorno un incontro di preghiera ecumenica. Nelle riflessione degli otto giorni emerge più volte la contraddizione fra la vocazione comune dei cristiani e la loro Storica divisione che “è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura” (U.R. 1). Ciononostante si può costatare con verità che la ricerca dell’unità nell’ultimo secolo è stata feconda. Il Giubileo può richiamare quindi i cristiani a fare insieme una dossologia pure per i progressi del movimento ecumenico. Nell’enciclica sull’impegno ecumenico “Ut unum sint” (nn. 41-76) il Santo Padre ha messo in rilievo i frutti del movimento ecumenico. La sintesi del giudizio del Santo Padre potrebbe essere questa trasparente affermazione: “Frutto prezioso delle relazioni tra i cristiani e del dialogo teologico che essi intrattengono è la “crescita di comunione”. Lo stesso concetto viene esposto con un’altra più concreta precisazione: “Il Signore ha concesso ai cristiani del nostro tempo di poter ridurre il contenzioso tradizionale” (UUS, 49). Se questa crescita di comunione giustifica la gioia nei cristiani per poter elevare un sincero ringraziamento a Dio, la concretezza delle divisioni permanenti - emerse anche nella stessa preparazione del Giubileo - ricordano alla coscienza cristiana il compito di essere fedeli alla propria vocazione e di tendere a quella unità visibile che il Signore vuole per i suoi discepoli. Questi infatti “anche se in modo diverso, aspirano alla Chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo perché il mondo si converta al Vangelo e cosi si salvi per la gloria di Dio” (U.R. 1).
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