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Il Giubileo invito a un’umanità riconciliata

“Pace in terra agli uomini che Dio ama”: il messaggio del Papa per la XXXIII Giornata Mondiale

Dario Busolini

L’Incarnazione del Figlio di Dio cominciò con un annuncio di pace ed il Grande Giubileo indetto per celebrare il duemillesimo anniversario di questo evento così decisivo per la nostra salvezza fa altrettanto. Infatti Giovanni Paolo II ha scelto proprio il saluto degli angeli ai pastori di Betlemme - “Pace in terra agli uomini, che Dio ama!” - quale titolo e tema del suo Messaggio per la XXXIII Giornata mondiale della pace, celebrata sabato 1 gennaio 2000. “Sono certamente tanti e complessi i problemi che rendono arduo e spesso scoraggiante il cammino verso la pace, – scrive il Santo Padre nel Messaggio – ma essa è un’esigenza profondamente radicata nel cuore di ogni uomo. Non si deve pertanto affievolire la volontà di ricercarla. A fondamento di tale ricerca dev’esserci la consapevolezza che, per quanto segnata dal peccato, dall’odio e dalla violenza, l’umanità è chiamata da Dio a formare un’unica famiglia. Questo disegno divino va riconosciuto e assecondato, promuovendo la ricerca di relazioni armoniose tra le persone e i popoli, in una cultura condivisa di apertura al Trascendente, di promozione dell’uomo, di rispetto della natura. Questo è il messaggio del Natale, questo il messaggio del Giubileo, questo il mio augurio all’inizio di un nuovo Millennio”. Il Messaggio del Papa ricorda che la strada da percorrere per giungere alla vera pace è l’incontro con Cristo, grazie al quale gli uomini possono riconoscersi tutti figli di un unico Dio Padre. Ma si pronuncia pure sulle questioni sociali, politiche ed economiche che possono favorire la pace, auspicando una “globalizzazione” che riconosca i valori della giustizia, dell’equità e della solidarietà, e invocando il pieno rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, possibile solo quando siano superate “le concezioni e le pratiche, spesso condizionate e determinate da forti interessi economici, che subordinano al dato ritenuto assoluto della nazione e dello Stato ogni altro valore”. Giovanni Paolo II sostiene la preminenza del diritto umanitario, del negoziato tra le parti “con opportuni interventi di mediazione e pacificazione posti in atto da organismi internazionali e regionali” e la liceità della cosiddetta “ingerenza umanitaria”. Consistente in un’iniziativa concreta per disarmare l’aggressore, qualora ogni tentativo di soluzione pacifica della controversia in atto sia fallito, precisa negli obiettivi, limitata nel tempo, garantita da un’autorità riconosciuta a livello soprannazionale e rispettosa delle norme del diritto internazionale, che dovrebbe assumere come criterio fondamentale le persone al posto degli Stati. Il Papa ripete poi il suo appello giubilare per la riduzione del debito internazionale e invita tutti ad affrontare con speranza e coraggio, all’inizio di questo nuovo millennio, gli interrogativi del futuro, sulla base della “legge morale universale” scritta nel cuore di ogni persona. Mentre la Chiesa intera, in questo anno giubilare, “intende confermare la propria vocazione e missione ad essere in Cristo “sacramento” ossia segno e strumento di pace nel mondo e per il mondo” perché “per essa, adempiere alla sua missione evangelizzatrice è lavorare per la pace”. Dopo l’apertura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore, Giovanni Paolo II ha parlato di pace e di Giubileo anche alla folla radunata a Piazza San Pietro per l’Angelus, ricordando che Cristo, nostra pace, “ci chiama ad amare ogni essere umano senza discriminazione, convertendo il cuore e la mente a pensieri di pace, ed allontanando la tentazione della violenza e della guerra. Il Giubileo appena iniziato costituisce un invito pressante all’amore nella prospettiva di un’umanità riconciliata. Varchiamo la soglia di un nuovo anno con l’impegno di recare il nostro contributo perché la pace diventi il linguaggio quotidiano dei popoli. Il Vangelo ci insegna che il dialogo, la cooperazione, il rispetto della vita e la solidarietà sono validi strumenti per tessere nuovi rapporti fra popoli e Paesi, fra ricchi e poveri, fra credenti e non credenti”.

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