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Rassegna stampa Internazionale

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A cura di Massimo Tarantino

L’OSSERVATORE ROMANO

Venticinque righe sul Giubileo

Riproduciamo per l’incisività dei contenuti e il vasto interesse suscitato, l’articolo del Direttore Mario Agnes, apparso su  “L’Osservatore Romano” di mercoledì 22 dicembre 1999. Al termine di un cammino di preparazione verso l’Anno Santo, durato, tre anni e dieci mesi, ci è venuta da parte di qualcuno la sollecitazione a dare in venticinque righe una risposta  comprensibile a chi, “non addetto ai lavori” si interroga su che cosa sia il Giubileo. Tentiamo di farlo, consapevoli che non saranno gli slogan a far capire il Giubileo. In ogni famiglia si festeggia il giubileo ogni venticinque anni per ricordare  la celebrazione del matrimonio di mamma e papà. La stessa cosa in ogni parrocchia per ricordare l’ordinazione presbiteriale del parroco. Nella chiesa ogni 25 anni si fa festa per la nascita di Cristo nella storia dell’uomo. La festa, quest’anno, è ancora più grande: Cristo è con noi da duemila anni. Da duemila anni ha preso la nostra carne. Il Giubileo è, quindi, gioia: è brindare alla nascita di Cristo. E’ gratitudine: è grazie a Lui che è venuto, che viene, che verrà. E’ martirio: una testimonianza quotidiana, cioè, di pellegrini che camminano sulle orme dei martiri che hanno festeggiato e festeggiano Giubilei di sangue. E’ mettere a nudo il proprio essere cristiani. E’ sobrietà penitenziale, rifuggendo da atteggiamenti mondani.  E’ capovolgimento di mentalità: cambiare totalmente criteri, metodi, ottiche, azioni. E’ decisione definitiva: mettersi sulle orme del Festeggiato. Per sempre. “Ma i non addetti ai lavori non capiscono!” - potrebbe dire qualcuno -. Non è vero! Non capiscono coloro che vogliono mondanizzare il Giubileo. Quando si parla di Cristo anche l’uomo contemporaneo comprende. La cosa importante è non scimmiottarLo, non sdorcinarLo. Egli è Colui che ancora oggi ci presenta lo stesso biglietto da visita di duemila anni fa: “Io sono la Verità”.

Mario Agnes

Questa celebrazione segna la conclusione di duemila anni di cristianesimo e il punto di partenza di un nuovo millennio. Un rito di passaggio di cui Karol Wojtyla ha sempre voluto essere l’artigiano. All’epoca dell’indizione del giubileo straordinario del 1983 l’anno 2000 sembrava una data inaccessibile per un uomo provato e affaticato. Ma via via che la scadenza si è avvicinata, egli ha lottato per fare di questo avvenimento il proprio avvenimento, fino a riuscirci. Per il Papa il Giubileo è il segnale di un ritorno alle sorgenti, l’occasione per fare “penitenza” di tutti gli eccessi commessi dalla Chiesa e ripartire su basi originali. Ecco perché il Vaticano attribuisce una grande importanza a questa celebrazione, punto di partenza di una serie di manifestazioni ampiamente mediatizzate lungo tutto il corso dell’anno.

Da “Le Monde”, 27 dicembre 1999, “Jean Paul II a ouvert la Porte sainte du Jubilé”

Wojtyla non ha voluto iniziare il Giubileo senza richiamare i grandi temi del suo pontificato, dalla denuncia degli orrori della guerra alla difesa della vita. Solo poche ore dopo aver varcato la Porta Santa ha infatti lanciato, nel discorso natalizio, un appello ai legislatori e ai governanti, e a tutti gli uomini e le donne, perché si impegnino a rispettare la vita, respingendo l’aborto, le guerre, i campi di sterminio, il razzismo e le false ideologie

Da “El Pais”, 27 dicembre 1999, “El Papa inaugura el Jubileo del 2000”

Il Papa ha spesso ribadito che la scadenza giubilare è idonea alla remissione dei peccati personali e, per la Chiesa, all’ammissione degli errori compiuti nei secoli. Le sue parole nel messaggio di Natale, a poche ore dall’apertura del Giubileo, risuonano quindi come una chiamata al pentimento per le colpe del passato, una sorta di preludio per quel tipo di ricerca interiore, dell’anima, nella quale intende guidare la Chiesa attraverso il passaggio di millennio.

Da “The Wall Street Journal”, 27 dicembre 1999, “Pope launches Holy Year”

L’icona del passaggio al terzo millennio è il Pontefice inginocchiato per due minuti sulla nuda soglia della porta santa appena aperta. Sono le 23.25 del 24 dicembre 1999. Il 2000 della Chiesa Cattolica è cominciato. Papa Giovanni Paolo II ha aperto una porta ed ha compiuto una missione. Ha pensato a Cristo. E due grandi anime polacche gli hanno fatto compagnia: la beata Faustina Kowalska e il cardinale Stefan Wyszynski con le loro profezie. E’ lui la “scintilla” uscita dalla Polonia per aprire le porte alla venuta di Cristo. Le profondità mistiche di questi momenti non sono contenibili nella cronaca dell’evento.

Da “Il Messaggero”, 27 dicembre 1999, “E il sogno di Karol divenne luce” di Orazio Petrosillo

Che la “festa nuziale” incominci! Era il grido che risuonava nell’anima la notte della vigilia di Natale, all’apertura della Porta Santa…Inaspettata veste nuziale era l’abito di Papa Wojtyla, il piviale sfavillante di riververi di luce e di colori, rimembranza forse di policrome visioni orientali, africane, messicane, i colori di ogni terra proiettati sulla veste nuziale del pontefice. Festa di suoni, di trombe, di canti, di luci, nella basilica…Festa di tutti i continenti, approdati con gli uomini e le donne nei costumi tradizionali a decorare di fiori e di colori la Porta Santa. Festa di tutta la storia cristiana di questo millennio che declina e che sfocia come un fiume nel Giubileo del duemila…Il Papa trascinava tutto verso il perdono e la misericordia di Dio.

Da “Avvenire”, 28 dicembre 1999, “Come uno sposo alla festa nuziale” di Domenico Del Rio

Stupore e incanto ha trasmesso Giovanni Paolo II con i suoi gesti faticosi e lieti, prima che con le parole, a una platea televisiva immensa, forse senza precedenti per una durata così lunga…E’ incredibile la tenacia di quest’uomo, che tocca la meta giubilare attesa con tanta passione, le dedica appena una notte e subito riprende le battaglie di sempre, che avverte più importanti di ogni personale emozione.

Dal "Corriere della Sera", 27 dicembre 1999, "il Papa apre la porta Santa al mondo" di Luigi Accattoli

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