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Storia del giubileo, il Giubileo del 1650, il ritorno della pace

A cura di Vittorino Grossi

Il Giubileo del 1650 si colloca, politicamente, dopo la fine della guerra dei Trent'anni, conclusasi nel 1648 con la pace di Westfalia, che sanzionò le modificazioni di territorio e di regime successive alla Riforma. Il Cattolicesimo si sentì molto menomato dai trattati di quella pace. L'<humus> spirituale teologico invece venne modulato dalla crisi giansenista. Il card. Giovanni Battista Panphili venne eletto papa all'età di 70 anni il 16 settembre e si chiamò Innocenzo X in ossequio a Innocenzo VIII, grande benefattore dei Barberini. Alla sua incoronazione venne illuminata, per la prima volta, la cupola di San Pietro, mentre le varie delegazioni nazionali organizzarono a piazza Navona (era lì il palazzo Pamphili) spettacolari luminarie. a sua politica si scontrò con quella filofrancese del card. Mazzarino, succeduto al Richielieu e con i due cardinali Barberini (Francesco e Taddeo) rifugiatisi in Francia. Il raggiungimento di un compromesso con i Barberini e il governo francese fu di obbligo, ma la casa pontificia cadde sotto il dominio di donna Olimpia Maidalchini di Viterbo la quale, sposando il fratello maggire del papa, Pamfilio Pamphili, gli aveva portato in dote ingenti ricchezze. Rimasta vedova convogliò lei e la sua famiglia nell'ambito della famiglia pontificia. Il figlio Camillo, prima nominato capo della flotta e delle forze dell'ordine della Chiesa, venne poi fatto cardinale, ma vi rinunziò perché volle sposare Olimpia Aldobrandini, giovane vedova del principe Borghese, benché venisse avversata dalla madre. Le invidie e le guerriglie tra le due Olimpie divennero il pane del pettegolo quotidiano delle famiglie nobili di Roma. onna Olimpia, donna di non comune talento e di grandi ambizioni, fu l'ago della politica religiosa pontificia di Innocenzo X e del costume della Roma del tempo: sfarzo privato e pubblico, apparenze di grandezza che mescolavano il tutto in una religiosità che apparteneva ormai allo spettacolo più che al genere di vita vissuta secondo il Vangelo. Donna Olimpia, quasi "papessa" al dir della gente, invitava nel suo palazzo dame e cavalieri per ascoltare i sermoni del gesuita padre Oliva. Ha scritto uno storico che "La società romana ed italiana in genere della seconda metà del seicento, si può rappresentare con un corpo schifoso per luride piaghe che è ricoperto da un manto di porpora e di oro" (Carlo Castiglioni, Storia dei papi, Torino 1945, vol.II, p.425).  nobili, dal canto loro, andavano dal papa in udienza, durante il Giubileo del 1650, con un seguito il più grande possibile, come l'ambasciatore di Spagna del re Filippo IV, che si presentò a Roma con 300 carrozze. Rendere ai pellegrini Roma sempre più accogliente fu la politica cittadina del pontificato di Innocenxo X. Vi contribuirono grandi artisti del tempo: l'Algardi per i bassorilievi in S.Pietro, la statua di Leone Magno che ferma Attila, villa Pamphili (ha nove km di circuito); il Borromini che rinnovò S.Giovanni in Laterano e costruì S.Agnese in piazza Navona; il Bernini che raffigurò i quattro più grandi fiumi della terra nella fontana di piazza Navona (Danubio, Gance, Nilo, Plata) e scolpì il gruppo di S.Teresa in estasi. Durante il pontificato di Innocenzo X ebbe fine la guerra dei Trent'anni con il trattato di Münster tra la Francia e l'Impero e quello di Osnabrück tra la Svezia e i protestanti da una parte e i cattolici e l'imperatore dall'altra (24 ottobre 1648). Tale pace è conosciuta come la pace di Westfalia che riorganizzò l'Europa in materia di legislazione religiosa: la libertà di culto concessa alla confessione luterana (Augusta 1555) venne estesa a tutte le confessioni; ogni principe era libero di abbracciare qualsiasi relgione ("cuius regio eius et religio") mentre i sudditi erano tenuti a seguire la religione del principe; i cattolici e i protestanti furono parificati di fronte alla legge, salvaguardando i principii della tolleranza e della libertà religiosa; venne approvata la possibilità di trasformare istituzioni ecclesiastiche in dominii civili, avvalendosi del termine "secolarizzazione". Il Papa non sedette al tavolo della trattative, il nunzio Fabio Chigi presente al Congresso protestò, ma inutilmente, e Innocenzo X scrisse contro le convenzioni della pace di Westfalia la Bolla "Zelus domus Dei" (26 novembre 1648). La pace di Westfalia fu l'inizio ufficiale della laicizzazione degli stati moderni. Sotto il pontificato di Innocenzo X esplose anche la crisi giansenista, movimento teologico che toccava la comprensione della grazia di Dio riguardo alla libertà umana. La grazia era "efficace", nel nome di S.Agostino, come predestinazione da parte di Dio che annulla la libertà. In S.Agostino tuttavia 'predestinazione' significa solo il dono dei benefici divini che aiutano l'uomo a raggiungere il bene della vita eterna. La morale inoltre veniva intesa nel senso più rigoroso possibile. Le date principali di tale crisi furono, in successione: anno 1640, due anni dopo la morte del vescovo d'Ypres, Cornelio Giansenio, venne pubblicato l'"Augustinus" di Giansenio; anno 1642, Urbano VIII con la Bolla "In eminenti" condannava l'opera; anno 1651, 31 maggio, Innocenzo X con la bolla "Cum occasione" condannava cinque proposizioni tratte dall'"Augustinus" di Giansenio da Niccolò Cornet dottore della Sorbona. Tali interventi diffusero il giansenismo a livello popolare. A favore di Giansenio si schierarono Antonio Arnauld della Sorbona, Biagio Pascal, Pietro Gugliemo Nicole, i signori di Port-Royal; contro tale movimento presero posizione i Padri della compagnia di Gesù. Gli agostiniani vennero a trovarsi tra due fuochi: venivano infatti in continuità accusati di collusione con le dottrine di Baio (decano dell'università di Lovanio, considerato precursore di Giansenio nella lettura di S.Agostino) e di Giansenio. Il 4 maggio del 1649 Innocenzo X con la Bolla "Appropinquat" indisse il Giubileo.  Egli provvide, come per i giubilei precedenti, al blocco degli sfratti e degli affitti, e a sospendere tutte le altre indulgenze eccetto quella della Porziuncola. Fatto nuovo del Giubuleo del 1650 fu l'estensione dell'indulgenza giubilare alle province belghe e alle Indie occidentali con la Bolla "Salvator et Dominus" dell'8 e del 12 gennaio del 1654. Donna Olimpia, donna di grandi capacità organizzative, in qualità di priora dell'Opsedale dei Pellegrini, nominò una commissione esecutiva a favore dei pellegrini nei quattordici rioni di Roma. Si raccoglievano soldi, biancheria e cibi. Vennero a Roma circa 700.000 pellegrini, soprattutto dai territori vicino Roma, si convertirono al cattolicesimo anche diversi protestanti. Sono rimasti alla storia popolare del Giubileo del 1650 l'incidente occorso all'apertura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore e la processione del Crocifisso di san Marcello. All'apertura della Porta Santa di S.Maria Maggiore Francesco Maidalchini, nipote di Donna Olimpia, ancora diciassettenne s'incaricò della funzione al posto del card. Arciprete. Nel giubileo precedente una cassetta di oggetti preziosi veniva murata nella Porta Santa. Il giovane la prese e tentò di portarsela via ma ne venne energicamente impedito dai canonici di Santa Maria Maggiore. Il Crocifisso miracoloso di San Marcello venne portato a San Pietro dalla Compagnia del Crocifisso, detta anche la "Compagnia dei disciplinati", la notte del Giovedi Santo. Lungo il percorso, mentre cinque cardinali, l'ambasciatore di Spagna, oltre cento flagellanti, cori musicali e la gente incedevva con lumi accesi, s'imbizzarrirono alcuni cavalli seminando tale panico che tutti fuggirono. In visita alle quattro basiliche spesso si avevano anche scontri tra le varie confraternite venute da fuori Roma, a motivo della precedenza. Il Giubileo del 1650 raggiunse l'acme della sua manifestazione nella messa pasquale celebrata dal Papa in Piazza Navona. Esso è considerato l'ultimo della Controriforma Cattolica. Tra gli illustri pellegrini del Giubileo del 1650 si ricorda la regina Cristina di Svezia. L'animo di Innocenzo X era tuttavia occupato in tanti altri affari e alla sua salute più che ad una riforma religiosa di Roma e della cristianità. Egli morì il 14 gennaio 1655, tra il disinteresse generale, tanto che si fece non poca fatica anche per seppellirlo.
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