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Dario Busolini

I Papi del Giubileo

Innocenzo X (1644 - 1655)

Nato a Roma il 7 maggio 1574, ottenuto il dottorato in giurisprudenza presso il Collegio Romano, inizia la sua carriera giuridica nella curia. Giudice della Sacra Rota tra il 1604 e il 1621, nunzio a Napoli e successivamente in Spagna, viene nominato cardinale nel 1629. È eletto pontefice all’età di settant’anni, dopo un conclave durato trentasette giorni; la corte francese tenta di opporsi alla sua elezione, ma il veto del cardinale Mazzarino arriva troppo tardi. Dopo la firma della pace di Westfalia, che mette fine alla Guerra dei Trent’Anni, Innocenzo X condanna, con il breve Zelus Domus Dei, le disposizioni in base alle quali l’imperatore Ferdinando III e l’elettore Massimiliano I di Baviera concedevano ai protestanti il pieno diritto di professare la loro fede; tali clausole avevano come immediata conseguenza per la Chiesa cattolica la perdita definitiva di tutti i vescovadi della Germania settentrionale e centrale, nonché di numerosi conventi e monasteri. La protesta della Santa Sede, seppure fondata, viene completamente ignorata dalle potenze e non ha effetto. Nel 1650 Innocenzo X celebra il quattordicesimo Giubileo della storia della Chiesa e per l’occasione fa restaurare in maniera radicale la Basilica di San Giovanni in Laterano, affidando questa grande impresa al Borromini. Il Papa deve inoltre intervenire nella grave questione del Giansenismo e, a tal fine, istituisce una commissione con il compito di esaminare cinque proposizioni tratte dal libro di Giansenio, l’Augustinus; egli stesso partecipa ad alcune sessioni. Il 31 maggio 1653, con la bolla Cum occasione, le tesi di Giansenio sono condannate come eretiche, ma questo non basta a porre fine alla questione. Proprio in quegli anni, infatti, il Giansenismo trova un valido difensore nell’insigne matematico e filosofo Blaise Pascal.

Aneddoti del Giubileo

Il Giubileo degli spagnoli

Questo Giubileo fu l’ultimo Anno Santo dominato dalla presenza, protettiva ma molto scomoda, della Spagna. Per darsi arie di grandezza, il re Filippo IV mandò nel mese di gennaio due ambasciatori in Vaticano, uno in rappresentanza di sé, l’altro della moglie. Il primo si presentò accompagnato da un seguito di 300 carrozze, mentre l’altro si accontentò di sole 160. In più, non badò a spese perché le cerimonie organizzate nelle chiese e dalle confraternite spagnole superassero tutte le altre per magnificenza e splendore. “Gli Spagnoli superarono sé stessi all’alba del giorno di Pasqua, quando organizzarono una grandiosa processione in Piazza Navona, guidata dalla loro Confraternita Nazionale, quella della Resurrezione. La Piazza fu trasformata dall’architetto Carlo Rainaldi in un peristilio adornato da colonne intrecciate di verde e illuminato a giorno con 1600 lampade. Nel mezzo avevano preso posto dei cori musicali mentre alle due estremità torreggiavano i due grandi padiglioni dei Castigliani e degli Aragonesi, uno con la statua del Cristo Risorto, l’altro con quella di Sua Madre. Chi prese parte alla processione disse che questa festa sola valeva il pellegrinaggio dalla Spagna fino a Roma. Ma potremo aggiungere anche il cosiddetto “Sepolcro” allestito, sempre dagli Spagnoli, stavolta nella loro chiesa di S. Giacomo il Giovedì Santo: esso superava tutti gli altri in fasto e splendore, per le centinaia di lampade e di candele che lo adornavano, e al suo confronto perfino quello della Basilica Vaticana fece una misera figura”. Ma i romani si accorsero presto del rovescio della medaglia di queste esibizioni spagnole. Rappresentato dalla presenza a Roma di un numero sempre maggiore di arruolatori, incaricati di trovare gente disposta a rimpinguare le file dei sempre più esausti reggimenti spagnoli. Questa gente, notoriamente di pochi scrupoli, ad un certo punto cominciò a dimostrare un eccessivo interesse pure nei confronti dei pellegrini. Che non esitarono a difendersi dalle richieste di arruolamento menando colpi con i loro bastoni da viaggio. Aiutati dai romani che non ne potevano più già da parecchio. Andò a finire che gli Spagnoli non poterono più farsi vedere per le strade, senza rischiare di essere presi a botte dai passanti. Mentre sulla statua di Pasquino qualcuno appese un significativo ammonimento: “Anche in Roma nascono dei Masanielli”. Con allusione alla famosa rivolta antispagnola di Napoli, scoppiata pochi anni prima, nel 1647.