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Il Papa sul monte Sinai: pellegrinaggio giubilare

Guido Bossa

Il pellegrinaggio giubilare di Giovanni Paolo II al monte Sinai, in programma per il 24-26 febbraio, è la prima tappa, carica di significato, di un itinerario da tempo annunciato dal Papa ma non ancora definito in tutti i dettagli, e destinato comunque ad accompagnare l’intera Chiesa, che nell’anno del Grande Giubileo sta meditando sull’Incarnazione del Verbo, alla riscoperta delle proprie radici bibliche ed evangeliche. “Il pellegrinaggio nei Luoghi santi, ha scritto lo stesso Giovanni Paolo II nella ‘Lettera’ indirizzata il 29 giugno 1999 a quanti si dispongono a celebrare nella fede il Grande Giubileo, diventa così un’esperienza straordinariamente significativa, evocata in qualche modo da ogni altro pellegrinaggio giubilare; La Chiesa, infatti, non può dimenticare le sue radici; ad esse anzi deve continuamente ritornare per tenersi totalmente fedele al disegno di Dio”. (n. 10) Il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II avrà alcune delle caratteristiche comuni ad ogni viaggio apostolico del Papa. Non mancheranno gli incontri con le autorità civili, subito dopo l’arrivo all’aeroporto internazionale del Cairo, le tappe ecumeniche e i colloqui con i capi delle grandi religioni non cattoliche (al Cairo si trova la prestigiosa moschea di Al Azhar, il cui Grande Sceicco Mohamed Sayed Tantawi riceverà il Santo Padre nel pomeriggio del 24). Ma il significato biblico del pellegrinaggio sarà indubbiamente prevalente su ogni altro, secondo le intenzioni del Papa stesso, e culminerà con la celebrazione della Parola al monte Sinai, nel Giardino degli Ulivi che si trova all’esterno del Monastero di St. Catherine del Sinai, ai piedi del monte Horeb. Il Sinai, aveva scritto Giovanni Paolo II nella già citata “Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza”, è il “monte dell’Alleanza, che racchiude in qualche modo tutto il mistero dell’Esodo, paradigma perenne del nuovo Esodo che troverà sul Golgotha la sua realizzazione compiuta”. (n. 6) Logico quindi che, pur nella mutata “tabella di marcia” dei pellegrinaggi apostolici di quest’anno giubilare, il viaggio al Sinai sia caduto come prima tappa, sul percorso di quelle che il Papa definisce le “tracce della storia della salvezza nella terra in cui essa si è sviluppata”. (n. 5) Il monte Sinai è infatti, come ricorda Giovanni Paolo II, il luogo in cui “Mosè ebbe la rivelazione del nome di Dio, segno del suo mistero e della sua efficace presenza salvifica: ‘Io sono colui che sono’ (Es. 3, 14) “; ed è anche lo scenario in cui, lungo il cammino nel deserto verso la terra promessa, “venne stipulata l’alleanza tra Jahvè e il suo popolo” (n. 6), con la consegna del Decalogo. Un’alleanza cui la Chiesa intera, nell’anno del Grande Giubleo, intende rinnovare la propria fedeltà.

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