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La Quaresima tempo forte del Giubileo

Corrado Maggioni

L’incontro con Dio è da aggiornare ogni giorno. Se Egli è incessantemente attivo nell’irradiare se stesso, da parte nostra c’è bisogno di recepirne meglio la luce, affinché i suoi benefici effetti tonifichino l’animo. Per questo la Quaresima ritorna annualmente col puntuale richiamo ad approfondire il radicamento nei cristiani del mistero che li ha segnati con l’unzione battesimale, conformandoli a Gesù Cristo. Non è l’appello di un giorno: si tratta di quaranta giorni. L’arco quaresimale costituisce, infatti, il periodo sufficiente e necessario a verificare l’autenticità dell’adesione al Vangelo. Non basta dire sì a parole: serve il riscontro nella vita! Il fuoco di paglia svanisce presto, come l’entusiasmo facile si annacqua col compromesso. Lasciare che Dio compia ciò che deve compiere in noi, convertendo il male in bene, richiede tempo, domanda perseveranza… Pensiamo alle figure bibliche di Mosé ed Elia, i quali hanno avuto bisogno di percorrere faticose e consolanti quaresime per conoscere il volto del Dio vivente e, alla sua luce, conoscere se stessi. Anche il popolo della prima alleanza sperimentò quarant’anni di deserto prima di entrare nella terra promessa. Lo stesso Gesù ha iniziato il proprio cammino messianico con quaranta giorni di digiuno nel deserto, alimentato dal cibo della parola divina: fu periodo di prova e di vittoria sull’ostile tentazione del maligno di percorrere strade dettate dalla terra invece che dal cielo. Così Gesù, che non aveva bisogno di purificazione, si è sottoposto alla quaresima per insegnarci il segreto del consenso pasquale ai disegni di Dio. Adottata dalla Chiesa per disporre i catecumeni a ricevere i sacramenti dell’iniziazione nella veglia pasquale, la Quaresima divenne presto anche il segno penitenziale dei peccatori desiderosi di far ritorno a casa. Tale connotazione, battesimale e penitenziale, è evidenziata anche nel Calendario dell’Anno Santo, che ha posto in risalto, nelle domeniche di Quaresima, i riti specifici di chi si prepara al battesimo. La celebrazione della Pasqua non è soltanto la conclusione della Quaresima: è il motivo che suscita e sostiene il passo, scandito da parole usuali nel linguaggio cristiano ma proprie della grammatica quaresimale: preghiera, digiuno e carità. Ecco le armi per superare le ricorrenti tentazioni di vivere lontani dai desideri di Cristo. Pregare significa conoscere e praticare il volere di Dio: ecco perché in Quaresima l’ascolto della Parola del Signore dev’essere più abbondante. L’ascolto si affina col silenzio: tra mille voci, una quaresima seriamente vissuta, aiuta a discernere la Voce. Digiunare non è soltanto astenersi dal cibo, ma innanzitutto dal peccato. Per essere in grado di farlo occorre allenarsi a vivere non solo di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Il digiuno dal cibo materiale dice il primato del nutrimento spirituale.  Infine, la carità fraterna: se la preghiera riconcilia con Dio e il digiuno con se stessi, la pacificazione con gli altri trova espressione nella condivisione dei propri beni con i poveri. Le pratiche quaresimali si sostengono l’un l’altra: la preghiera ha bisogno del digiuno, e la carità verifica la sincerità di entrambe. Non è difficile declinare il Giubileo con la Quaresima: la preghiera è antidoto efficace contro la cultura dell’ateismo; il digiuno contro la cultura del piacere a ogni costo; la carità contro la cultura dell’interesse particolare.

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