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Anno Santo di perdono e di riconciliazione

Guido Bossa

Con la “giornata del perdono” celebrata solennemente in San Pietro nella prima domenica di Quaresima, il Giubileo ha toccato uno dei punti più alti del suo percorso, diventando “per tutti occasione propizia per una profonda conversione al Vangelo. Dall’accoglienza del perdono divino, ha detto il Santo Padre nell’omelia, scaturisce l’impegno al perdono dei fratelli ed alla riconciliazione reciproca”. Fin dall’inizio della celebrazione è stato chiaro che il peccato di cui la Chiesa chiede il perdono è “contro di Te”, e che Cristo stesso “che ha preso su di sé le nostre infermità e ci riconcilia con il Padre”, è il termine di paragone per quel “profondo esame di coscienza”, per quella “purificazione della memoria” che il Papa ha voluto quale elemento caratteristico del Grande Giubileo. La Chiesa, che si fa carico del peccato dei suoi figli, si rivolge a Dio, che resta fedele “anche quando noi diventiamo infedeli”, e a Lui chiede la grazia del perdono nel momento stesso in cui ripercorre criticamente, davanti al Crocifisso, un millennio di storia travagliata. Come altre celebrazioni giubilari, anche quella del 12 marzo ha avuto aspetti del tutto peculiari, dalla “statio” iniziale davanti alla statua della Pietà, alla confessione delle colpe e relativa richiesta di perdono, al conclusivo impegno per un cambiamento di vita. Anche la costante presenza, accanto all’altare della Confessione, del Crocifisso di san Marcello al Corso, intendeva sottolineare che la confessione dei peccati e la richiesta di perdono si rivolge a Dio che solo può rimettere i peccati. Ma non c’è dubbio che gli elementi più significativi della celebrazione sono stati l’omelia del Santo Padre e la successiva preghiera universale con la quale il Papa unitamente a sette Capi Dicastero della Curia romana ha compiuto l’atto di confessione delle colpe e di richiesta di perdono, quasi traducendo  in termini liturgici i contenuti del documento “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato” elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale pubblicato nei giorni precedenti. Perdono, richiesta di perdono, riconciliazione, si presentano come tappe di un solo cammino di purificazione che la Chiesa, entrando nel terzo millennio, intende percorrere fino in fondo “per andare riconciliati con Dio e i fratelli verso le feste pasquali, sacramento della Pasqua senza tramonto”. L’esame di coscienza e la richiesta di perdono ripercorrono mille anni di storia della Chiesa: l’ultimo millennio, che è stato poi quello della divisione fra i cristiani, dell’uso della violenza fatto nel servizio della verità, degli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità verso i seguaci di altre religioni, delle responsabilità nei rapporti con Israele. Si tratta, insomma, delle storiche “infedeltà al Vangelo” davanti alle quali il Papa ha ripetuto per cinque volte il suo ripudio: “Mai più contraddizioni alla carità nel servizio alla verità, mai più gesti contro la comunione della Chiesa, mai più offese verso qualsiasi popolo, mai più ricorsi alla logica della violenza, mai più discriminazioni, esclusioni, oppressioni, disprezzo dei poveri e degli ultimi”. Alla vigilia di un pellegrinaggio che porterà il Papa in Terra Santa per ritrovare le origini di un Cristianesimo  che non conosceva divisioni, il “mea culpa” di oggi assume il valore di una profezia per il terzo millennio della Chiesa.
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