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Un varco di salvezza

Corrado Maggioni

Il Grande Giubileo si dispiega nell’arco temporale che va dal Natale del 1999 all’Epifania del 2001: il segno inaugurale e conclusivo di questo tempo “speciale” è dato dall’apertura e chiusura della porta santa nella basilica Vaticana.

Simbolicamente siamo tutti convocati davanti a quella porta che, aprendosi, invita ad entrare in più intesa comunione con Cristo Salvatore, sperimentando la grazia rinnovatrice del suo sacrificio pasquale. Nella notte di Natale, sospingendo i battenti della porta santa Giovanni Paolo II ricorderà a tutti e a ciascuno le insondabili ricchezze dischiuse alle umane generazioni dal mistero del Dio con noi e per noi.

Il gesto rituale che dà inizio all’anno giubilare provoca, infatti, a fare i conti con le parole di Gesù: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10,9). Nell’amore dello Spirito Santo, egli è la porta santa dell’incontro con Dio, con se stessi  e col prossimo. Non è una porta da oltrepassare con la presunzione di impossessarsi di Dio, ma una porta dischiusa dalla misericordia divina per irradiare la luce che disperde la superbia che divide la creatura dal Creatore. Il passaggio per la porta santa, dunque, non è tanto il segno della nostra capacità di entrare nel mondo di Dio quanto il segno della nostra risposta all’invito di Colui che ci è venuto incontro per primo, scardinando le chiusure che impediscono l’abbraccio tra Dio e uomo. Così si esprime il Papa nella bolla di indizione dell’Anno santo: «C’è un solo accesso che spalanca l’ingresso nella vita di comunione con Dio: questo accesso è Gesù, unica e assoluta via di salvezza. Solo a lui si può applicare con piena verità la parola del Salmista: “E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti” (Sal 118, 20)» (IM 8). E quanti varcano “la porta del Signore” sanno di essere giusti non per i loro meriti, ma perché giustificati dal sangue del Redentore. “Santa” è la porta giubilare, poiché chiama alla santità della vita quanti ne oltrepassano la soglia.

L’adozione di una porta santa sembra risalire a Martino V che, per il Giubileo del 1423, l’aprì per accedere alla basilica Lateranense. Se in S. Pietro pare attestata per il Giubileo del 1450, fu Alessandro VI, nel 1500, a dare risalto a questo segno giubilare: stabilì l’apertura rituale della porta santa in tutte le basiliche patriarcali, riservando a sé quella di S. Pietro. Il rito disposto allora è rimasto pressoché invariato nei secoli: cantando i versetti del Salmo 118: «Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti», il Papa batte tre volte col martello sul muro che chiude l’accesso; quindi, dopo la rimozione della muratura, al canto del Te Deum egli varca la soglia con la croce nella mano destra e un cero nella sinistra.

Per il Giubileo del 2000, il rituale è stato rivisto. Omessa la rimozione del muro, l’accento viene ora posto sull’apertura dei battenti della porta e sull’ostensione del Vangelo da parte del Papa che attraversa la soglia. Come annunciato nella bolla, la volontà di Giovanni Paolo II è di inaugurare il Grande Giubileo mostrando «alla Chiesa e al mondo il Santo Vangelo, fonte di vita e di speranza per il terzo millennio che viene» (IM 8).

Il segno del Santo Vangelo, voce della Parola divina fattasi udibile per annunziare l’anno di grazia al mondo intero (cf Lc 4,14-21), risuona eloquente del significato sotteso al passaggio per la porta santa: l’attraversarla esige la risposta positiva all’appello evangelico che rinnova la vita ed infonde speranza ai passi di uomini e donne pellegrini nella fatica del tempo, verso la felicità eterna. Il gesto del Successore dell’apostolo Pietro di «mostrare alla Chiesa e al mondo il Santo Vangelo» richiama con forza la “nuova evangelizzazione”, impegno primario del terzo millennio che non può cristianamente inaugurarsi se non in sintonia col lieto annunzio che fa fare pasqua alla storia, aprendo ad essa la porta della comunione inseparabile con Dio. Il libro del Santo Vangelo, infatti, non rischiara solamente l’esordio del Grande Giubileo nella notte di Natale: la sua luce si riverbera su ogni giorno dell’anno santo che introduce al nuovo millennio.

I pellegrini che giungeranno a Roma troveranno aperta la porta santa: ciò non li esimerà dal sottoporsi al giudizio che rappresenta il varcarla: «L’indicazione della porta richiama la responsabilità di ogni credente ad attraversarne la soglia. Passare per quella porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in lui per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato. E’ una decisione che suppone la libertà di scegliere ed insieme il coraggio di lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina (cf Mt 13,44-46)» (IM 8).

Oltrepassare la porta santa non può dunque confondersi col semplice cambiamento di spazio: ha il valore di un passaggio purificatore attraverso Cristo, in essa significato. La novità della vita è  innanzitutto frutto dell’opera del Redentore in noi, ma insieme anche del nostro impegno concreto a mettere in pratica il suo Vangelo di vita nuova.

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