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Dal Concilio al Giubileo

Guido Bossa

Lo stretto collegamento fra il Concilio, “primavera della Chiesa” e il Grande Giubileo è testimoniato nel magistero di Giovanni Paolo II ancora prima della decisione formale di indire l’Anno Santo. Ponendo le premesse del nuovo cammino della Chiesa nella società contenporanea, il Concilio, diceva il Santo Padre ai presidenti delle Conferenze Episcopali europee il primo dicembre 1992, “ha preparato la Chiesa al passaggio dal secondo al terzo millennio dopo la nascita di Cristo”. Tale passaggio si compie in questi giorni, ed ha subìto una forte accelerazione durante gli anni di preparazione al Giubileo. In questa ottica, avverte il Papa nella Tertio Millennio Adveniente (n.18), il Vaticano II “costituisce un evento provvidenziale”, in quanto è stato “concentrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa ed insieme aperto al mondo”. Una doppia polarizzazione che è poi la medesima della Chiesa che si avvia a celebrare il bimillenario della nascita di Cristo con l’intenzione di dare “una risposta evangelica all’evoluzione recente del mondo con le sconvolgenti esperienze del XX secolo, travagliato da una prima e da una seconda guerra mondiale, dall’esperienza dei campi di concentramento e da orrendi eccidi”.Ecco dunque che quarant’anni dopo il primo annuncio del Concilio, dato da Giovanni XXIII a tre mesi dall’elezione al Soglio di Pietro, la Chiesa si trova a riflettere di nuovo, coralmente, sulla propria fedeltà al “dono dello Spirito” ricevuto sul finire del secondo millennio. La riflessione della Chiesa, avverte il Papa, deve riguardare anche “la ricezione del Concilio”, rispondendo alle domande di un esigente esame di coscienza che lo stesso Giovanni Paolo II formula nel capitolo 36 della Tertio Millennio Adveniente: “In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l’esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum”? E’ vissuta la liturgia come ‘fonte e culmine’ della vita ecclesiale, secondo l’insegnamento della Sacrosantum Concilium? Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari, l’ecclesiologia di comunione della Lumen gentium, dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l’autentico spirito del Vaticano II?”. L’invito del Papa a riflettere sul Concilio troverà la più solenne e impegnativa attuazione nel corso del Convegno di studio sull’attuazione del Vaticano II programmato nel Calendario giubilare per i giorni 25-27 febbraio. Non sarà solo un’occasione celebrativa o un’esercitazione accademica, ma un vero e proprio fatto di Chiesa, compiuto per “guardare al futuro e cercare di comprendere come sia possibile comunicare a chi ci seguirà quei tesori di grazia e sapienza che hanno segnato questa nostra epoca”, come ha scritto il vicepresidente della Commissione teologico-pastorale del Giubileo il Vescovo Rino Fisichella. L’esame di coscienza della Chiesa sul Concilio, alle soglie del terzo millennio, non può non tener conto delle mutate condizioni storiche e della nuova “geografia” spirituale, culturale ed anche politica che si è venuta a determinare, con un’accelerazione che nel corso degli ultimi anni ha assunto connotati frenetici. Quello che è stato definito il “secolo breve” sta facendo in questi anni i conti con il proprio passato, e a questo bilancio, che non è solo storico ma esistenziale nel senso più pieno del termine, la Chiesa offre il suo contributo nel momento stesso in cui invita l’intera famiglia umana a varcare insieme la soglia di un nuovo millennio “che richiederà l’impegno e la responsabilità di tutti” (IM, 6).

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