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Il Giubileo viaggio nella storia

1300 e la storia continua

a cura di Mario Sensi

Il 1300 fu l'anno della proclamazione del primo Giubileo cristiano, “una meteora nel cielo tempestoso dell’Europa cristiana”: dal contrasto di Bonifacio VIII con Filippo il Bello alla lotta ingaggiata, dallo stesso pontefice, contro i Colonna. Fu essenzialmente un fatto dello spirito di cui lo storico può,  grazie a una dovizia di documenti,  ricostruire le circostanze esterne, in particolare  la grande romeria, cioè l’afflusso, il numero e la qualità dei pellegrini. Se però si prescinde dalla Provvidenza ,  che tutto governa,  si corre il rischio di stravolgere il significato di questo importante evento, impossibilitati come si è a percepire le profonde motivazioni  che hanno dato vita  a uno di quei fenomeni di lunga durata che, a sette secoli di distanza,  mantiene ancora tutta la sua freschezza.  Il Giubileo ha conosciuto, nei secoli, momenti di entusiasmo, prodigiosi balzi in avanti,  come anche piccoli regressi, incapaci tuttavia,  quali che siano state le lacerazioni, di bloccare il cammino della Chiesa. La parola Giubileo -come ricorda la Lettera Apostolica ‘Tertio millennio adveniente’  con la quale Giovanni Paolo II ha indetto il Giubileo dell'anno 2000- significa "anno di grazia del Signore" che non si costringe in un arco cronologico: è il "tempo" di Gesù, che egli annuncia con la sua parola, inaugura con le sue opere, celebra nella sua esistenza terrena, conduce a compimento nella sua Pasqua (TMA, 9). E' l'Anno di Dio, l'Anno dell'Uomo, l'Anno della Terra, l'Anno dei Poveri, l'Anno di solidarietà, di comunione, di speranza, di liberazione, di salvezza, di giustizia, di amore, di fiducia, di riconciliazione, di novità, di grazia, di carità, Annus benignitatis. Giubileo è la missione messianica, efficace e salvifica, che Gesù porta a compimento come "consacrato con l'unzione" dello Spirito Santo, come "mandato dal Padre". Tutti i giubilei si riferiscono a questo tempo: che è il tempo messianico di Gesù inaugurato con il suo tempo terreno: e per questo rapporto che hanno con il tempo di Gesù, sono "il compimento dell'intera tradizione dei Giubilei dell'Antico Testamento" (TMA, 12). Il lemma Giubileo viene dall’ebraico jôbêl  (da cui il termine iobelaeum, coniato da san Girolamo, ma che non ebbe fortuna) che significa corno di montone (di ariete),  strumento con il quale i sacerdoti,  alla fine dell'ultimo anno di ogni ciclo di sette anni sabatici, annunciavano l'inizio dell'anno cinquantesimo, giubilare: "dichiarerete santo l'anno cinquantesimo e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo, ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia (...) Il cinquantesimo anno sarà per voi un Giubileo; non farete semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete vendemmia delle vigne non potate, poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro, potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi" (Lv 25, 1.55). Sotto l'aspetto giuridico-morale il Giubileo ebraico era dunque la generale emancipazione di tutti gli abitanti bisognosi di liberazione, l'anno in cui tutte le cose venivano richiamate  (in ebraico, yobil) ricondotte,  riconsegnate ai primitivi proprietari (TMA, 12). Sotto l’aspetto sociale, il Giubileo (dall’ebraico, yobal)  "doveva  restituire l'uguaglianza tra tutti i figli d'Israele, schiudendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale" (TMA, 13). L'anno giubilare intendeva dunque rimediare allo squilibrio sociale determinato sia dalla ripartizione delle terre, sia dalla disparità delle classi. Ci si chiede se, e in quale misura, questa disposizione fu messa in atto e soprattutto se riuscì nell'intento, o rimase invece un'aspirazione utopica; e quale sia stata l'origine del ciclo settenario. Si ha testimonianza dell'osservanza dell'anno sabatico solo in età ellenistica e relativamente al "riposo" della terra: nel 163-162 a. C. i Giudei mancavano di vettovaglie, "la terra era infatti nel riposo dell'anno sabatico" (1Mac 6, 49). Nulla però sappiamo dell'osservanza dell'anno giubilare, di certo una metafora, un modello di giustizia che stringe in solidali rapporti Dio, l'uomo e il mondo: modello protologico dell'Eden  e allo stesso tempo modello escatologico della profezia che spinge verso la liberazione dai mali, la riconquista della dignità calpestata, della libertà oppressa, il raggiungimento dei beni necessari per la vita. Quanto all'origine del ciclo settenario probabilmente va individuata nelle fasi lunari che sono di sette giorni. Da ciò nacque la ripartizione settimanale come parametro del tempo. E sulla settimana, come spazio qualificato del tempo, ma in un significato del tutto eminanete, la Bibbia costruì il modello temporale della creazione, cioé l'Eptamerone (sette giorni) e lo articolò in sei giorni più un settimo. Ancorché nella storia della Chiesa "il vecchio e "il nuovo" sono sempre in profonda connessione (TMA, 18), il Giubileo del Vecchio Testamento nella tradizione cristiana acquista un significato nuovo, prettamente spirituale e religioso: "la tradizione degli anni giubilari è legata alla concessione di indulgenze in modo più largo che in altri periodi" (TMA, 14). In forza del mandato di Gesù Cristo (Mt 16, 18.19; 18, 18; Jo 20, 23) la Chiesa ha il potere di rimettere i peccati, cioè di cancellare le colpe degli uomini e questo potere si esercita attraverso il sacramento della penitenza o confessione. Con l'estinzione del peccato si estin­guono le pene eterne, le quali escludono l'anima dalla visione di Dio, non però quelle temporali che rimangono a carico di chi le ha com­messe; queste, se non vengono condonate in vita, debbono poi espiarsi in Purgatorio. Uno dei mezzi offerti dalla Chiesa per la remissione delle pene è l'indulgenza che rimette la pena in parte (parziale) o integral­mente (plenaria), si lucra a determinate condizioni ed è applicabile an­che ai defunti. Le indulgenze sono pertanto una remissione della pena tempo­rale dovuta a motivo dei peccati già cancellati quanto alla colpa. Come recita la parola stessa, l'indulgenza è una remissione gratuita per cui ciò che conta non è tanto l'opera del fedele -cui si chiedono prati­che di pietà di peso minimo rispetto al condono ottenuto- quanto il contri­buto della Chiesa che attinge al tesoro dei meriti di Cristo e dei santi: loro fondamento teologico è la solidarietà dei giusti per cui se da una parte siamo chiamati -come ammonisce l'apostolo Paolo- a "por­tare gli uni i pesi degli altri" (Gal 6,2), dall'altra la Chiesa si fa carico di som­ministrare il tesoro spirituale, che in tal modo si accumula, pa­gando così i debiti dei peccatori. E' prassi della Chiesa -papa,  per la Chiesa universale e vescovi, per i loro rispettivi fedeli- concedere indulgenze per la consacrazione, o dedicazione delle chiese, per il pellegrinaggio, e appunto per il Giubileo. A partire dal VII secolo, con Isidoro di Siviglia, il termine Giubileo assunse l’accezione di remissione (Iubilaeus interpretatur remissionis munus). Mentre s. Bernardo, predicando l’indulgenza per la seconda crociata,  diceva  che quello era  l’anno del perdono (annus remissionis) e per questo andava  chiamato Giubileo (annus vere iubilaeus),  nozione questa che ritorna nella Cronaca di Alberico delle Tre Fontane, il quale, sotto l’anno 1208, chiama l’indulgenza per la crociata  anno del Giubileo e del perdono. Documenti del sec. XII attestano che, per la dedicazione di una chiesa, era prassi elargire un'indulgenza di quaranta giorni, detta quadragena, carena, carentena, carina nel significato originario di digiuno quaresimale di quaranta giorni. Sulla fine di quello stesso secolo si passò a una indulgenza di un anno, impartita nel giorno della dedicazione di una basilica e di 40 giorni, nell'avversario della dedicazione : si veda l'epigrafe del 1180, apposta in S. Giovanni dinanzi alla Porta Latina. Questa fu anche la norma decretata dalla Costituzione 62 del Concilio Lateranense IV (1215), alla quale però ben presto si de­rogò. Nel frattempo l'indulgenza  era stata estesa anche al giorno della canonizzazione dei santi -da Alessandro III (1159-1181) annoverata  tra le cause maggiori e riservata al giudizio esclusivo della Sede Apostolica- e ci fu un singo­lare crescendo: Onorio III (1216-1227), per la canonizzazione di s. Lorenzo, arcive­scovo di Dublino (1225) concesse 20 giorni di indulgenza; Gregorio IX, per la canonizzazione di Sant'Antonio da Padova (1232), concesse un anno e per quella di s. Elisabetta d'Ungheria (1235) un anno e quaranta giorni. Di lì a poco in ciascuna delle quattro chiese patriarcali di Roma quotidianamente si poteva  lucrare l’indulgenza di un anno e quaranta  giorni (salita, con Nicolò IV, nel 1289,  ancorchè per la sola basilica di s. Pietro e una sola volta  l’anno, a 7 anni e 7 quarantene).  Nel frattempo, fuori Roma, si era cominciato  a predicare un’indulgenza plenaria applicata ad un pellegrinaggio, esclusivamente occidentale, quello alla Porziuncola, perdono che il Poverello d’Assisi, aveva impetrato dallo stesso Cristo e che il pontefice aveva  oralmente confermato. S. Francesco aveva  ordinato ai suoi frati di non divulgare  la notizia che divenne di dominio pubblico solo alla morte di fra Leone (+1271), uno dei primi compagni di s. Francesco e suo confessore. Quindi, nel 1294, s. Celestino V,  con bolla ‘Inter sanctorum’,  rilasciò al santuario di S. Maria di Collemaggio all’Aquila la Perdonanza, un’indulgenza plenaria analoga a quella della Porziuncola. Si giunge così al 22 febbraio 1300, quando Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, già consigliere di s Celestino V), proclamò,  con valore retroattivo - a partire cioè dal 25 dicembre 1299-  il Centenario, appunto l’indulgenza giubilare da lucrarsi con un pellegrinaggio a Roma. Quattro anni dopo, Perugia, città  che più volte  aveva  avuto l’onore di ospitare la curia papale, ricevette da Benedetto XI (1302-1304), ancorché solo vivae vocis oraculo, un’indulgenza ad instar Portiuncule, cioè plenaria come quella della Porziuncola. Non si lamentino severi cronisti, come quello di Paderborn, Gobelinus Person che, in questo largheggiare della Chiesa, accentuatosi  ai tempi di Bonifacio IX (1389-1404), vide uno scadimento dell’istituto dell’indulgenza, né si scadalizzino cristiani assertori di una religione pura e senza cedimenti,  memori della risposta che il Padre di famiglia diede agli operai, chiamati a lavorare nella sua vigna sin dal primo mattino: “non posso io fare quello che voglio delle mie cose? il tuo occhio è maligno perché io sono buono?” (Mt 20, 15).

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