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Maria custode del mistero dell’Incarnazione

+Crescenzio Sepe

Pubblichiamo l’omelia della IV Domenica di Avvento che il Segretario Generale del Grande Giubileo dell’Anno 2000, l’Arcivescovo Crescenzio Sepe, ha scritto per l’Osservatore Romano

1) " Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1, 28) Maria, Donna dell'Avvento: "donna di speranza, che seppe accogliere come Abramo la volontà di Dio, sperando contro ogni speranza (Rin 4, 18)" (T.M.A., 48). Si avvicina la Notte di Natale, nella quale verrà aperta la porta Santa ed è quanto mai fruttuoso focalizzare, in modo del tutto particolare, la nostra attenzione su quella Porta Santa vivente, palpitante d'amore, che fece passa-re dall'eternità al tempo il Verbo incarnatosi per la nostra salvezza. Questa porta è la 'Ianua Coeli", è la Vergine di Nazareth. D'altronde non è forse Lei la Madre della Chiesa che ne apre la porta per dare a tutti la possibilità di entrare nel luogo dei tesori ecclesiali costituiti dai meriti sovrabbondanti del Santissimo Salvatore e di tutti i Santi? La beata Vergine ha reso possibile il "mirabile commercio", lo scambio fra il divino e l'umano, ha reso possibile la redenzione, ha reso possibile a Dio di essere l'Emmanuele, il Dio-con-noi. Come la Chiesa, Maria costituisce il luogo splendido dell'incontro tra Dio e l'uomo e così ben si comprende come Ella, lungi dall'essere un orpello della nostra fede, ne sia elemento fondamentale. Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e Maria, Vergine e madre: sono note sinfoniche della partitura della nostra salvezza. Nel cuore dell'Avvento, ad una settimana dall'apertura della Porta Santa, la liturgia ci invita a guardare alla Vergine di Nazareth come alla "Domus aurea", come alla casa che Dio stesso si è costruito per essere con noi. La casa, di cui Davide ha disposto e curato la costruzione per Dio, non era che la figura di questa casa di carne. Così, tramite Maria, l'Altissimo è venuto ad abitare in mezzo a noi. Ella infatti splende della massima dignità, essendo la "Theotòkos", la Santa Madre di Dio e questo sublime onore è fondato su quel sublime servizio che Lei, "serva del Signore", ha accettato piena di carità. Cosa Le sia costato, lo illustrerà il suo "stare" ai piedi della Croce e lo intuiamo se pensiamo che suo Figlio è la salvezza di tutti gli uomini e di tutti i tempi. Maria Santissima è intimamente associata alla missione del Figlio così come, per logica conseguenza, è intimamente associata alla missione pastorale di ogni "altro Cristo", ovvero di ogni sacerdote. . Così all'annunciazione, nella capanna di Betlemme, nella casetta di Nazareth, fra le folle del monte delle beatitudini, alle nozze di Cana, sull'erta del Golgota, ai piedi della Croce, nel cenacolo, fino alla sua Assunzione e, poi, lungo i tornanti della storia del cristianesimo, noi guardiamo la Beata Vergine come la personificazione della carità, come il tipo, il modello della Chiesa e della sua missione nel mondo. Ma, in questa trepida e fervente ora vigilare, nel disporre i nostri animi a varcare, a seguito del Santo Padre, la porta santa, Maria di Nazareth, Vergine della riconciliazione, ci conduce a riconciliarci con Dio, con noi stessi, con i fratelli. 2) Maria, Donna del Giubileo: "L'umile fanciulla di Nazareth, che duemila anni fa offerse al mondo il Verbo incarnato, orienti l'umanità del nuovo millennio verso Colui che è "la luce vera quella che illumina ogni uomo" (Gv. 1,9) (T.M.A., 59). Si sta per aprire il Grande Giubileo che, celebrando duemila anni dall'Incarnazione del Verbo, si propone, fra l'altro, come una profonda opera di conversione e riconciliazione. Maria, in quanto madre della Chiesa, sta all'inizio del cammino di conversione-riconciliazione e sta al suo culmine come meta. Così Lei è come palpitante stella cometa, che solca il cielo giubilare ed indica la strada che porta al Signore. Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38). Questo cammino di conversione richiede tempo, meditazione, applicazione perseverante-, ferma confidenza nell'amore misericordioso di Dio. Esso esige spesso anche un cambiamento di giudizio, di orientamenti, di stile di vita. In questo impegno giubilare, ci precede e ci conduce Lei, custode del mistero dell'Incarnazione. Ella ci insegna a comprendere come nell'Incarnazione si sia realizzata una unione così profonda, così interiore, fra Dio e l'uomo, da costituire una sola Persona: Gesù Cristo!Dal beato momento dell'Incarnazione, avvenuta nel seno della Vergine, è impossibile in Cristo separare l'umanità dalla divinità. Ecco perché Cristo non è estraneo ad alcun uomo, ecco perché non esiste piena realizzazione dell'uomo al di fuori dì un orizzonte cristocentrico, ed ecco perché l'opera missionaria di instaurare ogni cosa in Cristo e per noi impegno urgente del Grande Giubileo. Come potremmo dire di amare tutti i fratelli, di essere operatori di pace, in una parola, come potremmo dire di essere cristiani senza sentire tale urgenza missionaria? L'Incarnazione, arrivata ad ogni generazione per Maria, fonda tutto l'impegno del cristiano nel mondo, un impegno senza sosta che, sostanzialmente, è imitazione di Cristo. Il Verbo incarnato, fattosi uomo, nato nel tempo dalla sempre Vergine, ad ogni uomo, di qualsiasi cultura, di qualsiasi continente, di qualsiasi razza ed idioma, dice:" imparate da me...", "... seguitemi". Si spalancano le vie della sequela della verità, della legge morale. Il modello di vita orinai è una persona, è Gesù Cristo, offerto dalla Chiesa a tutti gli uomini, così come Maria lo offerse alla adorazione dei Santi Magi. Il Giubileo ci offre Gesù Cristo attraverso le armorose mani della Vergine-Chiesa. Ricevendolo, Lo adoriamo e ci impegnamo nelle conseguenze di questa fondamentale adorazione, ovvero nel servire ogni uomo. In tal modo, noi onoriamo la Sua carne, traiamo le conseguenze dalla centralità del mistero dell'Incarnazione: quello che sentiamo di dover fare a Lui, lo facciamo ad ogni fratello sofferente, perseguitato, infermo, scoraggiato, moralmente piagato, tristemente incredulo, confusamente irenico, intellettualmente smarrito. Maria, nella quale la Chiesa ha già raggiunto la perfezione e che costituisce già quel "mondo nuovo" verso cui la Chiesa è in arduo pellegrinaggio, ci dischiuda questi orizzonti di impegno giubilare.

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