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Unità dal cuore del Papa una voce

Nel segno della storia, Giovanni Paolo II ha aperto la Porta Santa di San Paolo fuori le mura

Massimo Aquili

"L’umile simbolo di una porta che si apre reca in sé una straordinaria ricchezza di significato. Proclama a tutti che Gesù Cristo è Via, Verità e Vita. Lo è per ogni essere umano."

Per la prima volta nella storia il Santo Padre ha aperto una Porta Santa insieme ad altri due fratelli cristiani, il Metropolita Athanasios del Patriarcato ecumenico e il Primate Anglicano George Carey. Insieme hanno spinto l’ultima Porta Santa di questo Giubileo, per tre volte, e l’hanno spalancata. Poi uno accanto all’altro si sono inginocchiati sulla soglia. In ginocchio accanto al Santo Padre il Metropolita Athanasios del Patriarcato ecumenico e il Primate anglicano George Carey - Presenti 22 delegazioni

Nella Basilica di San Paolo fuori le mura, il 18 gennaio del Grande Giubileo, all’appuntamento con la storia c’erano quasi tutte le altre Chiese  e comunità ecclesiali. Insieme  al Santo Padre hanno aperto Porta Santa della Basilica ecumenica dedicata all’Apostolo delle genti e dato il via alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Sono venuti da ogni parte del mondo, rappresentanti della Chiesa ortodossa e, tra i protestanti, i luterani e gli anglicani, la Chiesa metodista e quella dei discepoli di Cristo. In tutto, 22 esponenti di Chiese cristiane, quante  non si erano  mai viste insieme dai tempi del Concilio Vaticano II, proclamato proprio qui, in questa Basilica, da Giovanni XXIII.  Per la prima volta nella storia, il Santo Padre ha aperto una Porta Santa “a sei mani”, insieme  ad altri due fratelli cristiani, il Metropolita Athanasios del Patriarcato ecumenico e il Primate anglicano George Carey. Insieme  hanno spinto con forza l’ultima Porta Santa di questo Giubileo per tre volte e l’hanno spalancata. Poi uno accanto all’altro si sono inginocchiati sulla soglia. Mostrato il Libro dei Vangeli ai quatto punti cardinali, la processione ecumenica ha fatto ingresso in Basilica attraversando la Navata Centrale tra gli applausi dei fedeli. Le 22 delegazioni si sono disposte nell’emiciclo davanti all’altare della Confessione, chiuso alle estremità dalle statue monumentali di Pietro e Paolo. Il Papa, con il piviale dorato, è seduto al centro, sopra la tomba dell’apostolo evangelizzatore. L’Evangelio,. centro della cristianità,  è posto su un tronetto davanti all’emiciclo, tra fumi di incenso, fiori e lampade. Comincia qui il momento centrale della preghiera comune. La regia è attentissima. Ogni delegato partecipa al rito e pronuncia le orazioni in risposta al salmo nella propria lingua: inglese, greco, francese, tedesco. Parole inedite risuonano nella basilica. Una lettura è tratta da un brano del pastore protestante tedesco Dietrich Bonhoeffer, giustiziato da Hitler per la sua resistenza. Ha richiamato il tema della identificazione tra la Chiesa e il Corpo di Cristo. E’ questo un passaggio centrale, ripreso e ampliato dal Santo Padre nella sua Omelia, in modo coerente con la filosofia che ha ispirato la lunghissima preparazione a questo evento: partire dalle tante cose in comune. Così il Santo Padre ha ricordato  che Cristo, è l’unica “Porta della nostra salvezza”. Non per ragioni tecniche, dunque,  il rito di apertura è incentrato sulla Porta. Tolto il muro, anche un mattone alla volta, resta Cristo. Pure unico è lo Spirito nel quale siamo stai battezzati “per formare un solo corpo”, come afferma l’apostolo Paolo ai Corinti. “Può - ha gridato il Santo Padre - la Chiesa, Corpo di Cristo, essere divisa? ... Chiediamo perdono a Cristo  - ha aggiunto - di tutto ciò che nella storia ha pregiudicato il suo disegno di unità”. E incoraggiato dai fedeli, alzando lo sguardo limpido dal foglio, ha rievocato il grido “unità, unità” che risuonò a Bucarest un anno fa. “Forse anche noi -  ha affermato - possiamo uscire da questa basilica gridando come loro: “Unità, unità, Unité, Unity”. La scambio del segno di pace tra il Santo Padre  e i rappresentanti delle altre Chiese e comunità ecclesiali intervallato dagli applausi dei fedeli, la recita comune del “Padre Nostro” e del “Credo” hanno testimoniato che  la dimensione ecumenica del Grande Giubileo è sulla buona strada .

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