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Ecumenismo e Giubileo

Card. Roger Etchegaray

L’esigenza ecumenica è una delle più pressanti di questo Giubileo, come del resto di tutto il pontificato di Giovanni Paolo II. Basta ricordare il n. 34 della Tertio Millennio adveniente in cui il Papa scrive: Â“È questo un problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo”. Tutto l’Anno Giubilare si presterà a diverse celebrazioni ecumeniche a Roma, in Terra Santa, e nelle diocesi del mondo intero. Non si immagina tutto quello che si ricerca, tutto quello che si vive un po’ ovunque nelle piccole parrocchie, nel cuore dei “focolari misti” e fino nei chiostri. Le iniziative meno mediatizzate non sono sempre le meno significative per rispondere all’auspicio di Giovanni Paolo II: “che ci si possa presentare, se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio.”(TMA n. 34). Può darsi che si sia, talvolta, troppo attenti nel valutare i segni esteriori dell’unità della Chiesa, solo secondo il livello di rappresentazione delle diverse confessioni cristiane nei nostri incontri, o secondo il numero degli accordi teologici firmati, parametri certamente molto importanti ma non esclusivi del movimento ecumenico. La Settimana che va dal 18 al 25 gennaio ce ne indica in ogni caso la vera molla: la preghiera. Poiché si tratta innanzi tutto di una Settimana di preghiera. A Roma, come altrove, è l’evento ecumenico più significativo dell’Anno Santo. Il cardinale Congar ha detto che “la porta dell’ecumenismo non può essere varcata che in ginocchio”. È sottolineare, così, che solo la preghiera può aprire e sostenere il cammino verso l’unità visibile della Chiesa.

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